Berlusconi, Bush e la sinistra più ridicola del mondo

Non è un Paese serio, e per quanto Silvio Berlusconi si sforzi di metterci del suo gran parte del merito di questo va alla sinistra italiana.
1) Scrivono e dicono che «il premier si rimangia le parole "pacifiste" del giorno prima» (L'Unità di oggi in prima pagina); «Ennesima capriola del premier italiano: da "guerra sbagliata, io l'avevo detto" a "siamo orgogliosi di essere suoi alleati"» (Il Manifesto di oggi, prima pagina). Solo che è falso. Perché non c'è un "giorno prima" e un "giorno dopo". Non c'è nessuna retromarcia nelle dichiarazioni del premier, nessuna capriola. Non c'è stata alcuna intervista «pacifista» del presidente del Consiglio. C'è stata solo una lunghissima intervista registrata la scorsa settimana e concessa da Berlusconi a Omnibus, la trasmissione di La7, e anticipata sabato in alcuni punti. Le parole "pacifiste" che hanno fatto tanto discutere (strumentalmente, come spiegato qui) facevano parte del testo dell'intervista anticipato sabato. Le parole che a sinistra vogliono interpretare come una "capriola" facevano parte della stessa intervista, erano state pronunciate nella stessa occasione di quelle diffuse sabato, ma non erano state anticipate. Sono parole come queste: «Abbandonare prima che ci sia una vera democrazia il Paese significherebbe tradire tutti gli iracheni che anche a rischio della loro vita sono andati a votare; tradire tutti coloro che si sono impegnati per questa nuova democrazia compresi coloro che sono caduti, alcuni anche figli nostri; significherebbe consegnare l'Iraq ad una guerra civile cruenta e senza fine; significherebbe destabilizzare l'intera regione». Nella stessa parte dell'intervista Berlusconi dice chiaramente «non staremo in Iraq per tanti anni», dove la parola chiave, ovviamente, è proprio "anni", a indicare la fedeltà all'alleato americano, perché non c'è alcuna presa di distanza. Di queste parole, che certo non sono «pacifiste» nel senso inteso dalla sinistra e che peraltro non aggiungono nulla di nuovo a ciò che Berlusconi dice da sempre, si è saputo solo lunedì, e parlando ai giornalisti alla Casa Bianca il premier non ha fatto che ripetere questi concetti, ripetendo pure il suo «orgoglio» di essere alleato degli Stati Uniti, cosa che dice da quando è entrato in politica. Per avere la prova basta leggere quello che hanno scritto sabato le agenzie di stampa relativamente all'anticipazione dell'intervista e quello che hanno scritto lunedì, dove si parla, esattamente, della stessa intervista. Delle due l'una: o a sinistra sono ignoranti - ma molto - o sono in malafede.
2) A sinistra si incavolano perché Berlusconi ha detto che la Casa Bianca «teme la vittoria della sinistra». Che è una cosa vera, verissima, al punto da essere palesemente banale.
Primo. Perché Prodi vuole ritirare in tempi rapidi il contingente militare italiano in Iraq (lo dice lui, lo ha sempre detto, ad esempio qui). Ma la permanenza dei nostri soldati in Iraq oggi è la cosa alla quale Washington tiene di più.
Secondo. Perché nell'Unione abbondano gli adoratori di Fidel Castro Ruz, cioè il nemico numero uno nella black list degli Stati Uniti.
Terzo. Perché i leader dell'Unione tifavano tutti, giustamente dal loro punto di vista, per carità, per lo sfidante democratico John F. Kerry, e considerano la seconda vittoria di George W. una jattura. Oliviero Diliberto ha definito Bush, più volte, «un criminale di guerra», e queste non sono cose che a Washington passano inosservate, specie se dette da un ex ministro che si candida di nuovo a guidare un dicastero.
Dire che, per questi e tanti altri motivi, Bush faccia il tifo per Berlusconi è così scontato che manco vale la pena di starne a parlare. Poi, Bush ha detto che la Casa Bianca non interferirà e che le elezioni italiane sono affari nostri. E ci mancherebbe. Ma mica è una smentita a Berlusconi. Berlusconi non aveva detto che la Casa Bianca intende spedire i propri scrutatori nei seggi italiani. Aveva semplicemente detto che la Casa Bianca tifa per lui, che è la cosa più banale del mondo.
Anche la sinistra italiana tifava apertamente per Kerry, ma nessuno dei neocon di Washington ha gridato all'ingerenza o ha definito «gravissime» le affermazioni di Piero Fassino e compagni come fa oggi l'Unità con le frasi di Berlusconi. Non è un Paese serio, e questa sinistra è assai più ridicola di questa destra.

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