Greenpeace vs Barriera Corallina, qualcosa non torna

Nella storia più divertente dell'anno qualcosa non torna. Greenpeace in questo comunicato ha ammesso di aver arato, lunedì 31 ottobre, con la sua nave Rainbow Warrior II, un pezzo di barriera corallina al largo delle Filippine. Per l'esattezza, in quel gioiello protetto dall'Unesco che è il Tubbataha Reef National Marine Park. «A regrettable incident», un incidente deprecabile, dicono gli ecologisti d'assalto, è c'è da crederci, vista la figura che hanno rimediato in tutto il mondo. Solo che Greenpeace, nello stesso comunicato, sostiene di aver ricevuto una sanzione di 384.000 peso (la valuta filippina), pari a 6.857 dollari americani. Multa inflitta in seguito al danneggiamento di un'area della barriera pari a «32 metri per tre», cioè, se la matematica non è un'opinione, a 96 metri quadri.
Poi, però, è spuntata fuori l'Agenzia France-Presse. I cui giornalisti, facendo il loro mestiere di controllare le notizie, hanno chiesto come sono andate le cose direttamente al responsabile del parco marino, la signora Angelique Songco. La quale, come si legge qui, ha detto che la sanzione è stata di 640.000 peso, pari a 11.600 dollari americani. Poco meno del doppio di quanto dichiarato da Greenpeace. E che l'area di barriera corallina tagliata («sliced») dallo scafo dal Rainbow Warrior II corrisponde a ben 160 metri quadri. Poco meno del doppio di quanto sostenuto da Greenpeace, anche in questo caso. Chissà chi ha ragione, tra chi ha scritto la sanzione e chi ha tutto l'interesse a minimizzare l'accaduto...

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