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Visualizzazione dei post da gennaio, 2010

Pdl verso la vittoria dimezzata

di Fausto Carioti In gergo borsistico si chiama “profit warning”. È la comunicazione che una società quotata dà al mercato quando si trova costretta a rivedere le stime sugli utili: ci spiace, contavamo di incassare 10, dovremo accontentarci di 4. Inutile dire che è uno di quegli annunci che non rendono felici né chi guida l’azienda né gli azionisti, ma devono essere fatti per evitare shock dell’ultimo minuto. Silvio Berlusconi, che guida il suo partito come se fosse un’azienda, dovrebbe fare qualcosa di simile in vista delle prossime regionali. Di sicuro, anche se la comunicazione al pubblico non è ancora avvenuta, negli ultimi giorni a palazzo Grazioli le aspettative si sono ridimensionate, e di parecchio. Al punto che sta cambiando la definizione stessa di vittoria. Fino a pochi giorni fa, l’obiettivo dichiarato era incassare la grande maggioranza delle tredici regioni in palio. Il ministro Altero Matteoli, ex An, che di certo non è un sprovveduto, nemmeno due settimane or sono dice

Non è un paese per poliziotti

di Fausto Carioti Prima aggrediti, poi processati e quindi condannati. È successo a tredici poliziotti dopo il G8 di Genova (e poteva andare molto peggio, visto che gli agenti imputati erano 29). È accaduto l’altro giorno in Piemonte, con il dirigente della questura di Torino che nel dicembre del 2005 aveva protetto dai manifestanti i lavori per l’Alta velocità: indagato dalla Corte dei Conti «per comportamento lesivo dell’immagine del Corpo e dello Stato», così impara. Si è ripetuto ieri a Napoli, con dieci condanne in primo grado per i vicequestori e gli agenti che, durante il Global Forum del marzo 2001, avevano dovuto tenere a bada picchiatori e squadristi no-global. Ci vogliono coraggio e spalle larghe, di questi tempi, per indossare una divisa in Italia. Il caso di Napoli, a modo suo, è un ottimo esempio di come funziona la giustizia in questo Paese. Erano i giorni di metà marzo di nove anni fa, ed erano anche i tempi di quel “popolo di Seattle” che metteva paura a tutti e che po

Consiglio non richiesto a Renata Polverini

Che tanti elettori berlusconian-liberisti del PdL (massì, qualcuno ce ne è ancora, e magari alla fine sono pure decisivi) non vadano in giro con la sciarpa e la maglietta di Renata Polverini, mi pare accertato. E comunque non per questo la candidatura della Polverini deve scandalizzare. Come si dice a Roma, oggi a me e domani a te: se vogliamo il grande partito, a turno dobbiamo turarci il naso un po' tutti quanti. Però, ecco, se solo la candidata del PdL evitasse di aggiungere a tutto questo i meriti di Emma Bonino, ad esempio ricordando che la candidata radicale del Pd, tra le sue scandalose battaglie, annovera pure quelle del «referendum per l'abrogazione dell'articolo 18, l'abrogazione del servizio patronale e la proposta di legge per cambiare l'articolo 1 della Costituzione e togliere la parola lavoro», diciamo che non farebbe una lira di danno. La prossima volta, prima di parlare, la Polverini pensi che sta chiedendo il voto anche a chi quei referendum e quel

Un aut-aut per Casini

di Fausto Carioti «Io, politicamente, vorrei andare a letto con una persona di cui ho fiducia, che condivide con me un progetto». Metafora inquietante a parte, stavolta c’è molto di azzeccato in quello che dice Tonino Di Pietro nei confronti dell’Udc, «che non si può sposare due volte e deve scegliere se condividere un programma con un solo alleato». È un discorso che nel Pd non fa nessuno e che nel PdL, invece, ormai fanno in tanti, iniziando da Silvio Berlusconi. Tanti, ma non tutti. La voglia di mettere Pier Ferdinando Casini dinanzi al più comprensibile degli aut-aut - o con noi ovunque oppure da nessuna parte, perché mica siamo al mercato delle vacche - si ferma al momento di fare i conti delle regioni su cui piantare la bandierina: meglio andare sul sicuro con l’Udc che correre rischi senza di loro, pensano diversi esponenti del PdL, anche vicini a Berlusconi come Fabrizio Cicchitto. In attesa di vedere il dividendo elettorale di questa operazione - tutto da verificare - il primo

Repubblica e la balla del vaccino inutile

di Fausto Carioti L’ultima arma di una sinistra rimasta con poco o niente cui aggrapparsi si chiama A/H1N1. È la sigla del virus per il quale il governo ha commissionato 24 milioni di dosi, costate 184 milioni di euro e rimaste in gran parte inutilizzate. E meno male che è andata così: la pandemia si è sgonfiata e le nostre vite non hanno avuto bisogno di mascherine protettive e vaccinazioni d’urgenza. Però, se gli allarmi lanciati dall’Organizzazione mondiale per la sanità si fossero rivelati fondati, i vaccini erano pronti. La storia, a questo punto, dovrebbe finire: abbiamo montato l’airbag nella vettura, l’incidente non c’è stato, ma non per questo ci lamentiamo. E invece è proprio questa la polemica che stanno piantando Repubblica e un pezzo di sinistra. La linea del quotidiano diretto da Ezio Mauro è stata, a suo modo, esemplare. Prima ha contribuito a elevare il livello d’allarme per la diffusione del virus A/H1N1, ipotizzando scenari da b-movie fantahorror, e ovviamente accusan

Berlusconi, Fini e la necessaria sopportazione reciproca

di Fausto Carioti È stato un confronto spigoloso, a tratti durissimo. Si è concluso senza rotture, ma con la presa d'atto delle reciproche differenze e con l'impegno di continuare a sopportarsi a vicenda, evitando grossi casini, almeno fino alle elezioni regionali. Sapendo bene che riuscirci sarebbe già un miracolo. Sembra il bilancio di un mezzo fallimento, ma la verità è che - viste le premesse - il pranzo tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini non poteva produrre nulla più di questo fragile accordo. Fini, soprattutto, ha voluto essere crudo. Come quando ha detto a Berlusconi che non ritiene di essergli politicamente debitore. Oppure quando ha rivendicato quello che ritiene un suo diritto, e cioè essere coinvolto nelle decisioni su tutti i temi caldi, come tasse e giustizia. Si può discutere se sia giusto che Fini pretenda di agire, allo stesso tempo, come leader di un partito e come alta carica istituzionale. O se abbia i titoli per imporre una simile «concertazione» all

Dal 13 dicembre al 12 gennaio

di Fausto Carioti Dal 13 dicembre al 12 gennaio. Il tempo delle mele non è durato manco un mese. L’aggressione di Massimo Tartaglia a Silvio Berlusconi aveva portato a galla i grumi d’odio che caratterizzano una vasta parte della sinistra italiana. Tanti, anche nello stesso Partito democratico, erano inorriditi davanti a quella visione. Complici i canti di Natale e il taglio del panettone, da una parte e dall’altra ci si era convinti che fosse giunto il momento di lavorare per un clima nuovo. O almeno di provarci. Il Popolo della Libertà e il Pd avevano accarezzato la possibilità di fare insieme le riforme più importanti. Giorgio Napolitano e il Cavaliere si erano concessi una ricarica di fiducia reciproca, per quanto limitata. E anche tra i due co-fondatori del PdL, sebbene in modo convulso, alla fine le tensioni sembravano essersi stemperate. Di tutto questo, ieri è rimasto ben poco. Perché gli ottimisti di una parte e dell’altra avevano perso di vista il dato fondamentale: e cioè ch

Avatar e i suoi nemici

di Fausto Carioti E poi pretendono di non essere noiosi. È dal 1977, anno di uscita di Guerre Stellari, che ad ogni grande produzione americana che arriva sugli schermi i registi de noantri ripetono le stesse cose. Cioè che questi film sono tutti effetti speciali e niente sostanza, che Hollywood vince al botteghino solo perché può permettersi budget inarrivabili, che il cinema italiano rischia di essere strozzato da questa concorrenza sleale (e quindi, sottinteso, deve essere aiutato da noialtri contribuenti). Eccetera eccetera. L’ultima pietra dello scandalo è Avatar, pellicola visionaria e fantascientifica diretta da James Cameron (quello di Terminator, Alien e Titanic). In Italia inizierà ad essere proiettata il 15 gennaio, ma già adesso bisogna parlarne male. A farlo per prima ci ha pensato ieri Repubblica , per la penna di Roberto Faenza, il regista che ha diretto la trasposizione cinematografica de “I Vicerè” e film come “Il caso dell’infedele Klara”. Il titolo di prima pagina gi

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A proposito dell'"Islam religione di pace" e del famoso versetto contenuto nel Corano, sura della vacca, secondo il quale «Non vi è costrizione nella religione»: dei cinquanta Paesi nei quali i cristiani oggi sono più perseguitati, trentacinque sono Paesi islamici. Trentacinque su cinquanta sono tanti. Otto di questi Paesi islamici stanno nella "top ten" della infamità: 1- Corea del Nord 2- Iran 3- Arabia Saudita 4- Somalia 5- Maldive 6- Afghanistan 7- Yemen 8- Mauritania 9- Laos 10- Uzbechistan Notare che i due Paesi non a maggioranza islamica, e cioè Corea del Nord e Laos, sono regimi comunisti. Sono i risultati più evidenti della " World Watch List 2010 " sulle persecuzioni dei cristiani, appena pubblicata dalla associazione no-profit statunitense Open Doors . La classifica è stata stilata in base alle risposte a una serie di domande: • La Costituzione e/o le leggi nazionali consentono la libertà di religione? • La legge consente agli individui di

Il balletto delle tasse

di Fausto Carioti Nell’appunto quotidiano che i consiglieri di palazzo Grazioli hanno inviato ieri mattina a Silvio Berlusconi si legge: «Passate le feste, la gente si chiederà due cose su tutto. La prima riguarda la ripresa e la piena efficienza del leader del PdL e capo del governo alla sua ricomparsa ufficiale sullo scenario politico. La seconda concerne la concretezza o meno del dialogo o del confronto tra le parti di cui tanto si è parlato in queste settimane». Nel giorno dell’Epifania il premier ha voluto dare una prima risposta a questi due interrogativi. Intervenendo telefonicamente a una riunione di europarlamentari del PdL, ha assicurato che la sua forma fisica sta tornando quella dei giorni migliori («Sono stanco di così tanto riposo») e ha fissato subito i compiti ai quali i ministri e i parlamentari della maggioranza dovranno lavorare nei prossimi mesi. Il 2010, ha detto, dovrà essere «l’anno delle riforme»: giustizia, scuola e «riforma fiscale». Al Pd di Pier Luigi Bersan

Intervista a Frattini: "La Costituzione cambiamola tutta"

di Fausto Carioti Altro che ritocchi. Franco Frattini, ministro degli Esteri, vuole quella che lui stesso chiama «la seconda Costituzione». Mediante un processo condiviso con il Pd, che cambi anche la prima parte della Carta. Inclusi gli articoli sulla libertà di religione, scritti in un’epoca in cui l’immigrazione di massa e il multiculturalismo non si sapeva cosa fossero. «Non limitiamoci», dice Frattini a Libero. «I principi che debbono essere rivisti e rafforzati sono tanti. Non dobbiamo avere la timidezza di dire: possiamo arrivare fino a qui, ma non oltre. Altrimenti cadiamo nell’errore storico della sinistra: appena si parla di riformare la Costituzione la sinistra, o meglio una parte di essa, risponde che “la costituzione è sacra, riformarla equivale a rinnegarla”». E invece? «La Costituzione è stata senza dubbio un pilastro della libertà. Ma è nata in un momento nel quale il Paese era diviso. Il mondo era diviso. Oggi il mondo non è più diviso. E, dopo la caduta del muro di Be

Costituzione e giustizia: l'intervista a Brunetta che ha scandalizzato le anime belle

di Fausto Carioti «Mi faccia dire una cosa che ancora non ho detto: la riforma non dovrà riguardare solo la seconda parte della Costituzione, ma anche la prima. A partire dall’articolo 1: stabilire che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” non significa assolutamente nulla». Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, parla con Libero di riforme a tutto campo. E getta ancora una volta il sasso nello stagno, dicendo a voce alta, sulle riforme da avviare nel 2010, quello che tanti si limitano a pensare. Ministro, cosa ha che non va la prima parte della Costituzione? «Per carità, è solo una mia opinione. Ma la parte valoriale della Costituzione ignora temi e concetti fondamentali come quelli del mercato, della concorrenza, del merito. È figlia del clima del dopoguerra. Adesso siamo in un’altra Italia. Capisco che alcuni costituzionalisti sostengano che non si riesce a cambiare la seconda parte della Costituzione proprio perché non abbiamo aggiornato la