Post

Visualizzazione dei post da 2010

Cosa resta dei festini a base di droga

Avete presente i titoloni sparati in questi giorni per convincere il lettore che nelle feste di Silvio Berlusconi correva droga a fiumi? Quegli articoli al termine dei quali ti immaginavi modelle nude che si tuffano in piscine piene di coca, sotto l'occhio vigile dei carabinieri armati? Tipo questo e questo , insomma. Volete sapere che piega sta prendendo l'inchiesta, vero? Sacrosanto. Per soddisfare la vostra curiosità dovete leggere un paio di righe (niente richiami nei titoli, per carità, mica è una notizia) nell'ottimo articolo odierno di Paolo Colonnello sulla Stampa . Testuale: «Per quello che ho letto mi pare si parli di una canna e non mi pare materia sufficiente per aprire chissà quale indagine». Chi parla è Edmondo Bruti Liberati, procuratore capo di Milano. Una canna, fumata da chissà chi. Sulla quale si vergogna di aprire un fascicolo persino la procura che più indaga su Berlusconi. Ecco quello che resta di tutti quei titoli.

Roger Scruton contro l'Unione europea

Roger Scruton non ha bisogno di grandi presentazioni. Filosofo inglese, classe 1944, è uno dei più tenaci difensori dell'Occidente e di ciò che questo rappresenta. Ovviamente è un conservatore. Chi vuole saperne di più su di lui, può leggere il recentissimo libro-intervista " Il suicidio dell'Occidente ", che Scruton ha fatto con Luigi Iannone e che è stato pubblicato dalle edizioni Le Lettere. Il motivo per cui se ne parla qui è che ieri, venerdì 15 ottobre, Scruton ha partecipato al convegno "Lo stato della democrazia nel mondo", che si è svolto alla Camera dei deputati. Quella che vedete qui sotto, sino ad ora inedita, è la sua relazione integrale. Un'analisi politicamente scorretta, realistica e - a parere del sottoscritto - in grandissima parte condivisibile su ciò che sta accadendo all'Italia (e non solo) per colpa di come è stata pensata e costruita l'Unione europea. Buona lettura. di Roger Scruton Noi europei apprezziamo la Democrazia pe

L'unione innaturale tra i finiani e Berlusconi

di Fausto Carioti Si può pensare quello che si vuole della nuova legge sulle intercettazioni, che come ogni altra cosa di questo mondo è migliorabile. Non ci sono dubbi, invece, sul fatto che quella norma, nella formulazione con la quale sta per sbarcare a Montecitorio, sia stata controfirmata da Gianfranco Fini e dai suoi uomini, i quali adesso la vogliono cambiare, tradendo l’impegno preso con il resto del partito. Se andrà davvero così, saremo a una svolta decisiva nella storia di questo Paese: tra Silvio Berlusconi da una parte e il partito di Repubblica e la sinistra dall’altra, l’ex leader di An e un manipolo dei suoi avranno scelto il secondo schieramento. Scelta che può stupire molti elettori del centrodestra, ma che in realtà è coerente con l’ideologia dei personaggi in questione. Quella che Forza Italia e Alleanza nazionale fossero due partiti perfettamente amalgamabili, infatti, è una favola bella dietro la quale in tanti si nascondono da tempo. Ma le cose sono un po’ diver

La presa in giro del taglio delle province

di Fausto Carioti Basta che adesso non riattacchino con la litania dei soldi che non si trovano, con l’impegno solenne a ridurre i costi della politica, col fatto che governo e maggioranza hanno le mani legate dai poteri più o meno forti. Perché la storia del taglio delle province, finita ieri come era prevedibile, e cioè in barzelletta, insegna proprio il contrario. I soldi si possono trovare: almeno 11 miliardi l’anno. L’abbattimento dei costi della politica, con cui tutti si riempiono la bocca, è uno slogan elettorale che nessuno intende onorare. E stavolta i poteri non elettivi che frenano l’azione dell’esecutivo e del Parlamento non c’entrano nulla: se non sarà soppressa nemmeno una provincia le ragioni sono tutte interne al sistema dei partiti e degli eletti. Colpa della classe politica, insomma, ma soprattutto della maggioranza e del governo, che questo impegno con gli elettori l’avevano preso. Da Montecitorio hanno fatto sapere che il presidente della commissione Affari costitu

Ma quale "eversivo"

di Fausto Carioti Che Silvio Berlusconi abbia un’idea di democrazia diversa da quella prevista dalla Costituzione italiana è fuori di dubbio. Lo si è visto anche ieri. Lui stesso, ormai da tempo, non fa nulla per nascondere il proprio grande progetto: svecchiare le istituzioni per rendere più rapida l’azione del governo, rafforzando il legame diretto tra il premier e gli elettori. Ma si tratta pur sempre di un’idea di democrazia legittima, simile a quella di democrazie ben più solide e datate della nostra. Cosa che la sinistra finge di non sapere, accusando Berlusconi di voler creare «una democrazia plebiscitaria» (Walter Veltroni), di «eversione» (Luigi Zanda), di «fascismo» (Antonio Di Pietro, ovviamente). «Vista da dentro, l’attività del governo e del Parlamento nel fare leggi è un inferno. Abbiamo un’architettura istituzionale che rende difficilissimo trasformare i progetti in leggi compiute, concrete e operanti», ha attaccato ieri il presidente del Consiglio, scatenando il diluvio

I conti di Bersani smontati dall'Eurostat

di Fausto Carioti Adesso lo dice anche l’Eurostat: si scrive Pier Luigi Bersani, si legge ragionier Ugo Fantozzi. Giovedì sera, durante Annozero, ricordandosi il motto degli strateghi di Bill Clinton («It’s the economy, stupid!»), il segretario del Pd ha riversato sul governo la colpa della crisi economica. A dargli man forte, le schede preparate dalla redazione di Michele Santoro, con i numeri montati ad arte in modo da far apparire l’Italia come il Paese europeo ridotto peggio. Esempio: sulla tenuta dei redditi delle famiglie, dove l’Italia (da lustri) arranca, la scheda metteva a confronto il nostro Paese con Francia e Germania, ovviamente in situazioni migliori. Ma sulla disoccupazione, dove malgrado tutto l’Italia brilla, lo stesso confronto non è stato fatto, e Santoro si è limitato a dare i numeri dei senza lavoro italiani. I suoi telespettatori non devono sapere che la Francia sta messa molto peggio di noi, né che la disoccupazione media europea (9,7%) è più alta di quella ital

La solitudine di Tremonti

Fausto Carioti È nel momento in cui sembra essere diventato l’uomo più potente d’Italia che si scopre quanto è fragile Giulio Tremonti. Il titolare dell’Economia ha scritto la manovra da 25 miliardi passando con i propri cingoli sui piedi degli altri ministri. È la superstar del governo: il Corriere della Sera gli ha appena riservato una di quelle interviste molto lunghe, profonde e assai poco leggibili che di solito sono privilegio delle grandi “riserve della Repubblica”. Le trasmissioni di sinistra fanno a gara per invitarlo. Ultimo caso, il Ballarò di martedì, dove dai curiosi sondaggi di Nando Pagnoncelli è emerso che gli italiani in maggioranza (51%) bocciano la manovra, ma allo stesso tempo assegnano a Tremonti, autore dell’odioso provvedimento, un gradimento del 55%, unico caso di consenso crescente nel centrodestra. Luciana Littizzetto, intanto, lo ha eletto volto presentabile del centrodestra italiano. Un tripudio. Eppure, mai come adesso, Tremonti è stato inviso alla maggiora

Lo strappo istituzionale

di Fausto Carioti Ci vuole un fisico bestiale e chissà se Silvio Berlusconi ce l’ha ancora. Il premier ha archiviato da poche ore la pratica della manovra con la sospiratissima firma di Giorgio Napolitano. Ha appena incassato una promozione dal governatore Mario Draghi, sia per quanto fatto in politica economica negli ultimi due anni, sia per la manovra appena varata, perché «nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire». Insomma, tutto pare promettere bene. Anche gli scontri istituzionali sembrano alle spalle. Ma è una sensazione che dura poco. A cancellarla ci pensa Gianfranco Fini. A metà pomeriggio, il presidente della Camera interviene per esprimere «dubbi sul testo al Senato del disegno di legge sulle intercettazioni»: la norma transitoria, inserita per rendere applicabile il provvedimento ai processi in corso, secondo Fini «è in contrasto con il principio di ragionevolezza». Concetto col quale si può concordare o meno. Però non ci sono dubbi che, nella commedia di que

Lo scettro dell'anti-politica passa di mano

di Fausto Carioti Il mondo alla rovescia. Silvio Berlusconi era abituato ad apparire davanti alla platea di Confindustria con indosso i panni nei quali si muove meglio: quelli dell’antipolitico, dell’uomo del fare insofferente dei bizantinismi. A Vicenza, in una performance diventata oggetto di culto sul web, fece vendemmia di applausi e consensi spronando gli imprenditori: «Veniamo un po’ meno in Confindustria, rimaniamo in azienda a lavorare». Notare la prima persona plurale: perché lui è come loro (nel senso che lui è migliore, e visti i fatturati è difficile dargli torto), uno che conosce i mercati e i clienti, e che se solo potesse far marciare il governo e la maggioranza come i suoi consigli d’amministrazione avremmo tutti il reddito pro-capite del Lussemburgo. Un’altra epoca. Ieri, nell’assemblea annuale di Confindustria, Berlusconi si è trovato nel ruolo opposto, trasformato nella sua nemesi storica: il politico di professione, che non riesce a fare ciò che vorrebbe per colpa d

Aridatece Berlusconi

di Fausto Carioti A questo punto devono dircelo: ma Silvio Berlusconi, quello vero, dove lo hanno messo? E quando ce lo restituiscono? Quello che è apparso ieri sera accanto a Giulio Tremonti per spiegare le ragioni della manovra finanziaria, più che l’unico premier europeo col vento in poppa sembrava un sottosegretario interinale all’Economia, un cultore della scienza triste che nulla aveva in comune col bombastico presidente del consiglio eletto dagli italiani. Dopo aver discusso la manovra in privato, anche in modo molto duro, quando questa è stata varata Berlusconi si è assunto con responsabilità il compito di “venderla” agli italiani, di presentarla come il male minore. E l’intervento da 24 miliardi di euro preparato dal governo forse è davvero quanto di meno peggio potesse capitare ai contribuenti. Eppure stavolta il grande venditore fallisce la missione, forse perché non crede nel prodotto (che è la prima regola per avere successo, come spiegò lui stesso a Mike Bongiorno quando

La mutazione genetica di Tremonti (e del Pdl)

di Fausto Carioti Qualcuno avvisi il Pd: il governo ha appena varato una manovra da 24 miliardi di euro, annunciata dallo stesso braccio destro del premier come un intervento zeppo di «sacrifici duri». Ma del principale partito d’opposizione non c’è traccia: oggi l’intera dialettica politica nasce e si consuma all’interno del centrodestra. Pier Luigi Bersani e i suoi, ammesso che davvero esistano e che non siano figuranti messi lì dal Cavaliere per allietare la scena, non hanno ancora capito se devono scendere in piazza con la Cgil di Guglielmo Epifani o limitarsi a fare un po’ di casino ma alla fine, senza darlo troppo a vedere, accogliere l’invito di Giorgio Napolitano a «condividere» la manovra per senso di responsabilità. Probabile che anche stavolta scelgano la terza via, dividendosi e confermando così la loro irrilevanza politica. Con la manovra di ieri, poi, Silvio Berlusconi ha tolto al Pd uno dei pochi titoli dei quali poteva ancora fregiarsi, più per tradizione che per meriti

I soldi si trovano, ma è la fiducia che manca

di Fausto Carioti Il consenso c’è: lo si è visto alle elezioni regionali e - nonostante tutto quello che è successo - lo confermano i sondaggi. I soldi scarseggiano e sono già motivo di scontro, ma quelli, in un modo o nell’altro, alla fine saltano sempre fuori. E comunque l’assenza di un’opposizione degna di questo nome consente a chi governa margini di errore amplissimi. Il problema vero, per la maggioranza, è che manca l’ingrediente più importante: la fiducia tra i suoi leader. Senza la quale non si può fare nulla, nemmeno proseguire la legislatura. Il gelo tra il premier e Gianfranco Fini è solo l’esempio più visibile, e nemmeno il più pericoloso. Assai più rischioso, in questo momento, è il fronte tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. In discussione non c’è la linea del rigore, che è stata apprezzata da Bruxelles e ha dato modo al presidente del Consiglio di farsi bello con il lavoro del suo ministro. Il punto, semmai, è come attuarlo, questo rigore. Il Cavaliere, racconta un a

Asse Obama-Napolitano sulle intercettazioni

di Fausto Carioti La lotta alla mafia è senza dubbio importante, ma per gli Stati Uniti quella al terrorismo lo è ancora di più. Ed è innanzitutto a questa che pensava ieri Lanny A. Breuer, sottosegretario del Dipartimento penale americano, quando, parlando in una conferenza stampa all’ambasciata di via Veneto, ha detto: «Non vorremmo mai che succedesse qualcosa che impedisse ai magistrati italiani di fare l’ottimo lavoro svolto finora. Le intercettazioni sono uno strumento essenziale per le indagini». Uno stop che più chiaro non si può alla legge messa in cantiere dal governo Berlusconi, al quale poco o nulla toglie la precisazione di rito fatta in serata dallo stesso Breuer: «Non spetta a me entrare nel merito di decisioni politiche o giudiziarie riguardanti l’Italia». Proprio le divergenze di opinioni su questa norma tra l’esecutivo di Washington e quello di Roma stanno rafforzando i rapporti che legano Barack Obama a Giorgio Napolitano. Del resto, non da oggi, la Casa Bianca ritien

Santoro, ovvero la perdita dell'innocenza

di Fausto Carioti Anime belle, creaturine innocenti che il giovedì sera si mettevano lì, davanti al televisore, come nemmeno le suore filippine dinanzi a Ratzinger che legge il Vangelo: ma ci credevate sul serio? Davvero pensavate che quello fosse diverso, fatto di una pasta distinta da quella di noialtri (e voialtri) mortali, immune all’avidità e alla vigliaccheria? Eravate convinti che uno al quale mettono in mano una buonuscita da tre milioni di euro, o quanti ne sono, magari di più, ci avrebbe sputato sopra solo per la bella faccia vostra, che nemmeno vi ha mai visto? Perché a leggere quello che avete scritto dopo che Michele Santoro ha siglato il patto col diavolo, facendosi pagare per chiudere Annozero, pare proprio di sì. Su Internet, sui blog, sulla pagina Facebook che il soldato giapponese Sandro Ruotolo continua ad aggiornare dalla giungla: ovunque lasciate traccia del vostro sconcerto. «Michele mi hai deluso, lasceremo l’Italia in balia di Minzolini e di false verità». «Ora

Torna il "fisco etico"

di Fausto Carioti Nel bel mezzo della più grave crisi finanziaria che l’Europa ricordi, Pier Luigi Bersani pensa bene di andarsene a Pechino per incontrare un tale He Guokiang, membro della segreteria nazionale del Partito comunista cinese. Il segretario del Pd arriverà in Cina il 23 maggio e ci resterà per cinque giorni, nella certezza che in Italia nessuno si accorgerà della sua assenza. Infatti, ora che c’è, nessuno si accorge della sua presenza. Il Pd non ha ancora deciso se dire sì o no al federalismo demaniale, che si voterà oggi, e già che c’è deve anche mettersi d’accordo con se stesso su cosa fare con la manovra correttiva da 27 miliardi che il governo porterà presto in Parlamento, e che il Pd è tentato di condividere per senso di responsabilità, ma anche no. Quanto a proporre qualcosa di autonomo su come raddrizzare i conti pubblici, fosse mai: se Bersani lo facesse, si scoprirebbe che metà del Pd dissente. Meglio la Cina, decisamente. Il che, però, apre un buco, anzi una vor

Gli stipendi da tagliare

di Fausto Carioti Gli schiaffoni rimediati in queste settimane dalla classe politica (ieri, per dire, è stato arrestato per corruzione l’ex sindaco di Gallipoli, incidentalmente dalemiano) hanno già prodotto un risultato: gli stipendi di ministri e parlamentari saranno tagliati, almeno del 5%. Troppi politici ansiosi di rifarsi l’immagine, ormai, si sono sbilanciati a prometterlo sull’onda delle inchieste giudiziarie e della crisi finanziaria, e tirarsi indietro sarebbe imbarazzante persino per gli standard cui ci hanno abituati. Se poi un ministro assennato e vicino al premier come Franco Frattini assicura a Libero (nell’intervista pubblicata domenica) che presto la proposta del taglio degli stipendi sarà fatta propria da Silvio Berlusconi, è il caso di prenderlo sul serio. Anche ammesso, però, che le cose vadano davvero così, resta da capire fin dove si debba arrivare. Vanno tagliati pure gli stipendi dei politici locali? E soprattutto: è giusto ridurre anche le buste paga più pingui

E Bossi passa al comando

di Fausto Carioti Di questi tempi il centrodestra ricorda molto quei consigli d’amministrazione nei quali Enrico Cuccia dettava legge pur controllando una quota minima del capitale. «Le azioni si pesano, non si contano», spiegava il dominus di Mediobanca. Sostituendo la grisaglia con la camicia verde, è quello che sta facendo Umberto Bossi dentro la maggioranza: il suo pacchetto di voti sarà pure minoritario, ma oggi pesa tanto da renderlo il vero socio forte. Ruolo in cui Bossi resterà fin quando Silvio Berlusconi non troverà modo di sfilarsi dal pantano in cui le vicende giudiziarie hanno infilato il suo governo e il suo partito. Le analogie con via Filodrammatici finiscono qui: non essendo cresciuto alla scuola dell’understatement, Bossi esibisce volentieri in pubblico la forza politica di cui dispone. Ieri, per dire, l’iniziativa l’hanno presa in mano lui e i suoi. E sui poveri alleati del PdL ha iniziato a piovere sin dal mattino. Prima, dalle colonne di Repubblica, il sindaco di

Se Berlusconi smette di coprire i suoi

di Fausto Carioti Niente dà l’idea dell’emergenza meglio di Silvio Berlusconi che smette di fare il garantista e annuncia la linea dura nei confronti dei suoi: chi dovesse essere accusato di aver grufolato nella mangiatoia dell’imprenditore Diego Anemone, fuori. Raus, via dal governo e dal PdL. Lui non li coprirà più, Claudio Scajola docet. Questi propositi il premier li ha annunciati durante la cena che ha avuto mercoledì sera con un gruppo di imprenditori amici: non proprio delle anime candide insomma, ma gente che sa come gira il mondo e che magari avrebbe intonato con lui la litania del trappolone ordito dalle toghe rosse. E invece. Il segnale per i suoi è chiaro: Berlusconi non intende caricarsi sulle spalle il peso delle loro colpe. Già si sente esposto su tanti fronti: il duello eterno con quel rompiscatole di Gianfranco Fini, l’attuazione del federalismo fiscale che scricchiola sotto i colpi della crisi finanziaria e getta incognite sul rapporto con la Lega, la manovra da 25 mi

De Benedetti silura Bersani

di Fausto Carioti Carlo De Benedetti è un gatto e la sinistra è il suo gomitolo. La prende a zampate, la srotola, l’arrotola. Fin quando non si stufa e decide di passare a qualcos’altro. Tanto, a fare e disfare, quando lui non c’è, ci pensano Repubblica e gli altri suoi giornali. Ogni volta il gomitolo rosso ne esce un po’ più malconcio e sfilacciato di prima. Ma è sempre lì, a disposizione. De Benedetti ha appena ricominciato a ronzarci attorno. Che non avesse grande stima per Massimo D’Alema, il quale affettuosamente ricambia, è cosa nota. Che l’Ingegnere e i direttori delle sue testate si siano assegnati la missione di dettare la linea alla sinistra e ai suoi leader, è un dato di fatto. Si era intuito, ad esempio, che Pier Luigi Bersani non va a genio a tutti costoro. Poche settimane fa Ezio Mauro, che di Repubblica è il direttore, aveva posato una lapide sulle ambizioni del segretario del Pd. Intervistato dall’Espresso, il settimanale del gruppo, con quella modestia che da sempre c