La Casa delle morte viventi: il ritorno delle quote rosa

Lo chiamano disegno di legge, in realtà è uno spot elettorale, un meccanismo illiberale con cui la Cdl conta di acchiappare i voti di quelle donne che si sentono svantaggiate e pietiscono un "aiutino" per poter gareggiare con i maschietti. La proposta di legge votata dal Consiglio dei ministri, che rimpiazza l'emendamento alla legge elettorale affossato il 12 ottobre alla Camera dei deputati, minaccia di sbarcare presto in Parlamento. Prevede, come recita il comunicato del Consiglio dei ministri, «un’alternativa gradualmente crescente di candidati di sesso maschile e di sesso femminile nelle liste per la prima e la seconda elezione successive all’entrata in vigore della legge».
Due le variabili decisive. La prima è il numero di donne presenti nella lista in rapporto agli uomini. Il disegno di legge appena approvato dal Consiglio dei ministri dice che «in ciascuna lista di candidati ogni sesso non può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati della lista medesima». Tradotto, ci dovrà essere almeno una donna ogni due uomini.
La seconda variabile decisiva è la collocazione in lista delle donne. Il testo dice che «per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, ogni sesso non può altresì essere rappresentato in una successione superiore a tre», mentre «per la seconda elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, ogni sesso non può altresì essere rappresentato in una successione superiore a due».
Tradotto, vuol dire che nel 2006 la sequenza obbligatoria, partendo dall'alto della lista (particolare decisivo), dovrà prevedere almeno una donna ogni tre uomini. Cioè la prima donna non potrà essere collocata più in basso del quarto posto. In questo caso, ci sarà un affollamento di donne nel fondo della lista, laddove minori sono le possibilità di essere elette. Nell'elezione seguente (2011, secondo il calendario), la frequenza dovrà essere di una donna ogni due uomini, e cioè la prima donna non potrà essere più in basso del terzo posto. In altre parole, da questo momento in poi le donne saranno distribuite all'interno della lista in maniera perfettamente omogenea rispetto agli uomini.
Perché tutta questa attenzione a come sono collocate le donne in lista? Perché il combinato disposto delle "quote rosa" con il nuovo meccanismo elettorale, che prevede le liste bloccate, cioè cancella le preferenze, è dirompente: le quote in lista si tradurranno infatti, automaticamente, in quote di eletti, poiché i promossi saranno scelti non in base alle indicazioni degli elettori (che si limiteranno a votare la lista, senza poter scegliere i candidati), ma in base alle decisioni dei partiti, e cioè partendo dall'alto della lista verso il basso («secondo l’ordine di presentazione», recita il testo della riforma elettorale). Se la lista ha avuto tre eletti, la spuntano i primi tre. Se gli eletti sono dieci, i primi dieci. E così via. Siccome le donne dovranno essere "spalmate" in modo uniforme nella lista (perfettamente uniforme a partire dalla seconda elezione dall'approvazione della legge), la loro quota di candidatura è equivalente alla loro quota di elezione.
Si attendono, tra qualche tempo, quote per i gay e i transessuali, per gli italiani di colore e quelli di fede islamica: che hanno meno delle donne per non meritarsi le loro quote?
La verità è che non esiste nei fatti un rapporto donne/uomini di uno a due tra coloro che intendono fare attività politica. E che quindi, come sempre quando entra in gioco il meccanismo distorsivo della affirmative action, si vedranno tra i promossi candidati protetti dalle quote (le donne, in questo caso) di qualità e preparazione inferiore a quella dei candidati non protetti che sono stati bocciati. Stima per Antonio Martino che al Consiglio dei ministri, assieme a Beppe Pisanu e Carlo Giovanardi, ha votato contro il disegno di legge.

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