Post

Visualizzazione dei post da aprile, 2006

Chiamiamola festa della busta paga

Ma quale festa del lavoro, ma quale diritto al lavoro. Il diritto al lavoro non esiste. È una presa in giro. Primo: perché se un disoccupato si presenta dinanzi a un tribunale per far valere questo suo "diritto" gli ridono in faccia. Persino in Italia. E non si capisce come potrebbe essere altrimenti. Secondo: perché quello di lavorare è l'unico diritto che possono avere gli schiavi. La differenza tra lo schiavo e l'uomo libero, infatti, non la fa il lavoro, ma la busta paga. È questa, senza retorica e senza ipocrisie, che meriterebbe di essere festeggiata in piazza il primo maggio. Averne la conferma è facile: chiunque accetterebbe di ricevere uno stipendio senza lavorare, nessuno accetterebbe di lavorare senza ricevere lo stipendio. E chi la pensa diversamente o è uno snob pieno di soldi (si consiglia il volontariato, quello duro) o ha seri disturbi (si consiglia uno psichiatra). Gli slogan sul diritto a lavorare che si sentono il primo maggio riecheggiano con invol

La verità è che si odiano

Ma quale Unione. Si vergognano di votarsi l'un l'altro. Si odiano. Tramano sottobanco per fottersi a vicenda. E, a colpi di coltellate fratricide e schede compilate in modo volutamente errato, ci riescono pure, per il tripudio del centrodestra, che una manna simile proprio non se l'aspettava. Alla fine, tra poche ore, riusciranno a eleggere chi vogliono, ma al termine del primo giorno di votazioni per le presidenze di Senato e Camera la certezza è una sola: i parlamentari della sinistra si rifiutano di votare i candidati indicati da Romano Prodi e dai loro stessi partiti a ricoprire la seconda e terza carica dello Stato. Piuttosto preferiscono presentare scheda bianca, annullare il voto o dirottare la loro preferenza su altri candidati della stessa sinistra. I numeri parlano chiaro: nelle votazioni di ieri il margheritino Franco Marini (al Senato) e il segretario di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti (alla Camera) hanno preso meno voti di quanti avrebbero dovuto otten

Il silenzio del Bollito

Un ordigno esplode al passaggio di un convoglio militare italiano in Iraq, a Nassiriya. Muoiono tre soldati italiani, un quarto è grave. Naturale che tutti i protagonisti della politica parlino. Soprattutto quelli di centrosinistra: anche se risicatissima, la maggioranza ora ce l'hanno loro. Così l'ala dura e bura dell'Unione coglie i cadaveri al balzo per dire che bisogna andare via dalla "maledetta guerra". Per Marco Rizzo (Pdci) «il ritiro immediato delle truppe dall'Iraq è una priorità non più eludibile che il governo appena formato dovrà senza indugio e senza timori affrontare». Il simpatico (senza ironia) " Er Piotta ", noto al di fuori del raccordo anulare come onorevole Paolo Cento, invita la sua coalizione «a essere coerenti con quanto abbiamo sempre sostenuto in questi mesi e con quanto è scritto nel programma dell'Unione: bisogna ritirare subito i soldati italiani». Sul fronte opposto (della stessa coalizione) Francesco Rutelli scegl

Ora saranno contenti

Mar 25 aprile ( Adnkronos ) -Tutto si è svolto regolarmente fino a un certo punto, quando per le strade di Roma, come già in passato, è tornato a risuonare lo slogan inquietante «10, 100, 1000 Nassiriya ». A scandirlo i Red anarchist skin heads, una trentina di ragazzi che si erano accodati con bandiere rosse al corteo. (Rre/Ct/Adnkronos)

Contro i talebani della costituzione

di Fausto Carioti Se laici e “relativisti” usano argomenti da talebano in difesa della sacralità della costituzione italiana e nessuno scoppia a ridere, nessuno alza manco un sopracciglio, è il segno che qualcosa non funziona. È accaduto ieri durante la grande liturgia laica del 25 aprile, i cui officianti stavolta sentivano la sacralità dell’evento più che in passato, vista la coincidenza dell’anniversario della liberazione dai nazifascisti con l’imminente sgombero di palazzo Chigi da parte del Gran Corruttore di Arcore. Carlo Azeglio Ciampi per primo ha ceduto alla tentazione di fare il Papa laico: «La costituzione», ha detto nel suo appello al dialogo, «è stata e rimane la mia Bibbia civile, il testo su cui ho riflettuto in ogni momento difficile». Se Ciampi si è limitato alla forma, altri sono andati dritti alla sostanza. Il dogma della verginità perpetua della Santissima Carta ieri è stato ribadito, tra i tanti, da Dario Fo, il quale ha ammonito i fedeli che «la costituzione va di

Andy Garcia contro Castro e Guevara (c'è una Hollywood che pensa)

E' ufficiale. C'è una Hollywood che non ha mandato il cervello all'ammasso. Che pensa che Fidel Castro Ruz sia un dittatore della peggiore specie, che Che Guevara fosse un macellaio e che quelli che indossano la maglietta con la sua effige siano dei poveri pirla (per sapere come la pensa invece la Hollywood "ufficiale" si consiglia il perfido libro di Humberto Fontova " Fidel: Hollywood's Favorite Tyrant "). L'attore Andy Garcia, uno di quegli esuli cubani che hanno fatto fortuna lontano dal tiranno barbuto, è pronto al debutto come regista e produttore nel suo prossimo film, "The Lost City", ambientato durante il passaggio dal regime di Batista alla dittatura castrista. Assieme a lui recitano, tra gli altri, Bill Murray e Dustin Hoffman. Garcia racconta tutto alla rivista californiana The Hollywood Reporter . Nella pellicola recita la parte del proprietario di un nightclub convinto di essere apolitico, sin quando la donna che ama lo c

Come ogni anno

Un 25 aprile qualunque. Come ogni anno c'è l'esponente di centrodestra che si presenta in piazza, convinto di avere a che fare con gente civile. Come ogni anno c'è il gregge di bamba esagitati che fischia e insulta l'esponente di centrodestra. Come ogni anno c'è il manipolo di evasi dalla pattumiera della storia che brucia la bandiera israeliana. Come ogni anno ci sono i giovani cretini antifascisti che danno il loro contributo alla causa del progressismo gridando «Dieci, cento, mille Nassiriya». Come ogni anno i primi a sfilare in piazza sono le camice nere di allora, diventate nel frattempo icone della resistenza contro chiunque ricordi loro che non sono maggioranza nel Paese (no, nemmeno oggi). Come ogni anno c'è il politico di sinistra che si frega le mani davanti allo spettacolo, ma si vergogna a dirlo e allora bofonchia la solita condanna dei più beoti tra i suoi elettori, perché sennò perde qualche voto. Come ogni anno c'è il politico di sinistra che

Il marchio di Bertinotti sulla Mortadella

di Fausto Carioti Davanti a una lenza come Fausto Bertinotti è facile abboccare all’amo. È così carino, così simpatico, così educato, così ammodo, così borghesuccio piccino picciò, il leader del Prc, che quasi ti fa credere che il comunismo, anziché rifondato, sia morto per sempre, soffocato sotto enormi matasse di cachemire o annegato - bicchiere di Havana Club in mano - nella piscina in pietra viva di una villa in Umbria. Bertinotti si prepara a fare il presidente della Camera, con grande rabbia dei Ds, con la stessa faccia divertita con cui, qualche anno fa, scortato dalla moglie, saltellava nei casinò di Las Vegas, l’enclave ultracapitalista del capitalismo americano: una puntata da cento dollari al black jack, dieci minuti alla slot machine, un cocktail al bar, ruota del pavone davanti ai turisti italiani che lo hanno riconosciuto, un salto nella boutique dell’albergo con la carta di credito in mano. Per poi ricominciare daccapo, facendo credere a tutti di voler abbattere il neoli

La lettera di Fassino a Prodi (con relativa traduzione)

Pubblico, con relativa traduzione ad uso dei non addetti al teatrino della politica, il testo della lettera appena inviata da Piero Fassino, segretario dei Ds, a Romano Prodi, leader della coalizione "l'Unione", uscita vincente dalle recenti elezioni. Coalizione della quale i Ds sono il primo partito. La lettera si può consultare anche sul sito degli stessi Ds . La lettera "Caro Romano, l’intera nostra coalizione ha condiviso con Te la opportunità che le Presidenze di Camera e Senato abbiano Presidenti che siano espressione della maggioranza di centrosinistra uscita vincente dalle elezioni del 9 – 10 aprile. In questo contesto il nostro partito, nella sua qualità di principale forza della coalizione, ha avanzato la richiesta di esprimere un proprio esponente per una delle due Assemblee, con preferenza per la candidatura di Massimo D’Alema alla Presidenza della Camera dei Deputati, posto che nel frattempo la Margherita ha avanzato la candidatura di Franco Marini per l

Lo schiaffo di Mieli a Prodi

Se il giorno in cui ha visto la Cassazione dargli ragione Romano Prodi si aspettava che l'indomani il Corriere della Sera lo incoronasse vincitore delle elezioni, senza se e senza ma, ne è uscito con una brutta ulcera gastrica. Quarantott'ore dopo l' ipotesi di un "governo di decantazione" lanciata da Pierluigi Battista, Paolo Mieli fa un nuovo passo avanti sulla strada del pensionamento prodiano. Stamattina gli ha fatto trovare un editoriale di Giovanni Sartori che, preso alla lettera, toglierebbe a Prodi il diritto politico di governare. Alla domanda "chi ha vinto?" Sartori risponde che, a differenza del 2001, «questa volta si può rispondere che ha vinto Prodi ma anche che ha vinto Berlusconi, oppure che hanno vinto tutti e due, oppure ancora che hanno perso tutti e due. Sono tutte risposte plausibili». Insomma, Prodi e Berlusconi stanno sullo stesso piano. Quanto alla volontà di Prodi di formare un suo governo, il giudizio dell'editorialista è t

Le regole del Senato e le paure della sinistra

Ovviamente non c'entrano "il bene del Paese", l'esigenza di "conciliare le due Italie" né altre belle formule retoriche. Se i furbetti del Botteghino si stanno sbattendo in tutti i modi per offrire alla Casa delle Libertà qualcosa di gradito a Silvio Berlusconi e soci (una presidenza della Repubblica più o meno "condivisa" o la guida di una delle due Camere) è perché, salvo una clamorosa campagna acquisti di senatori da parte dell'Unione (ipotesi improbabile, visto anche che il più bravo a muoversi nel calciomercato si trova dalla parte opposta), palazzo Madama può considerarsi sin d'ora paralizzato. Il numero legale . La prima trappola per il centrosinistra è contenuta nello stesso regolamento del Senato, e si chiama "verificazione del numero legale ". Nell'aula è infatti necessario che sia presente la metà più uno dei senatori (inclusi i senatori a vita e quelli eletti all'estero). In aula il numero legale è sempre presu

Il Corriere avvia lo sganciamento da Prodi

Tanto per capirsi. Non è che Paolo Mieli sia dossettiano o comunista. Figuriamoci: certe etichette non si applicano a certa gente. E' che, come tutto il salottino buono, voleva togliersi Silvio Berlusconi dalle scatole, e Romano Prodi era funzionale a questo piano. Da qui l' endorsement limpido e sfacciato del Corriere della Sera. Però il Caimano si è dimostrato più forte di tutte le Cassandre (illuminante questo articolo di Peppino Caldarola). Così ora Prodi, per dirla con il linguaggio che un tempo era dei compagni, ha esaurito la sua spinta propulsiva. E Mieli rispolvera alla grande Pierluigi Battista e lo piazza in prima pagina. Battista (tanto di cappello) non si riparmia nessuna perifrasi, nessuna forma retorica, nessun contorcimento logico e semantico per dirci, nel suo editoriale odierno , che la scelta di dare l'incarico di formare il governo a Prodi è «doverosa», a meno di voler «infliggere un intollerabile strappo allo spirito e alla lettera della democrazia ma

E siamo appena agli inizi

Cronaca di un tranquillo lunedì di Pasqua. Il margheritino Giuseppe Fioroni attacca Piero Fassino dopo che il segretario dei Ds aveva detto all'Unità che la Margherita non ha saputo mantenere i suoi elettori. Fioroni invita Fassino a riflettere sul fatto che «c'è una vasta area di italiani, prevalentemente moderati, che non hanno trovato le motivazioni per dare il consenso al centrosinistra». Vuol dire: "Se di fatto abbiamo perso una partita che sembrava già vinta la colpa è vostra e della Rosa nel pugno", ma non possono dirselo in termini così chiari. Il Financial Times scrive che la vittoria di Prodi è stata talmente striminzita da mettere in seria crisi la governabilità del Paese, al punto da ritenere probabile l'uscita dell'Italia dall'euro entro il 2015. Il passaggio chiave: «Prodi offre il genere sbagliato di riforme già fallite in altri paesi europei» e la ristretta maggioranza su cui poggia la sua coalizione al Senato «potrebbe non consentirgli d

Quirinale, la prima mossa è di D'Alema

In quella enorme partita a scacchi che è l'elezione del presidente della Repubblica, oggi si registra la prima mossa. Non occorre una mente da fine analista per vederla: se il quotidiano dalemiano il Riformista candida Massimo D'Alema al Quirinale, di fatto è lo stesso presidente dei Ds che lancia la propria candidatura. O quantomeno non si oppone a che essa venga lanciata dal giornale che gli è più vicino: il che, in pratica, è la stessa cosa. D’Alema, si legge nell'editoriale del quotidiano arancione, «può essere legittimamente in corsa anche per il Colle», perché «darebbe la garanzia che non ci siano tentazioni revansciste illiberali nel centrodestra, né altrettanto illiberali giudizi di Dio nel centrosinistra. Perché è il presidente del maggior partito della nuova maggioranza, per quanto risicata essa sia, e per il suo comportamento nel recente passato, dalla commissione per le riforme istituzionali alla presidenza del Consiglio. Insomma, direbbe l’Economist, "he i

Col Mattarellum la Cdl avrebbe vinto (se si crede nelle simulazioni)

Con le regole del 2001 «la Casa delle libertà avrebbe vinto. Alla Camera avrebbe ottenuto 320 seggi, 245 col maggioritario e 75 col proporzionale. Al Senato, 166 seggi, 129 dalla parte maggioritaria e 37 da quella proporzionale. In entrambi i casi senza tenere conto di eventuali seggi ottenuti in Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta, e tra gli italiani all'estero. Con il nuovo sistema, la Cdl non ha sfruttato gli exploit concentrati in circoscrizioni e Regioni, nelle quali avrebbe conquistato la quasi totalità dei seggi maggioritari». Il resto qui, sul sito de Lavoce.info . Riservato a chi crede nelle simulazioni.

I Ds hanno un problema: Romano Prodi

di Fausto Carioti Occhio umido, espressione contrita, i Ds si preparano a sacrificare per la seconda volta la mortadella sull’altare del potere. Tra il condannare a morte politica se stessi e riservare questo triste destino a Romano Prodi, i post-comunisti, da quei pragmaticoni che sono, non hanno dubbi e scelgono la seconda opzione. Massimo D’Alema e Piero Fassino sanno benissimo che la vittoria elettorale più striminzita che ricordi la storia italiana, con quel vantaggio (influenze e altri malanni permettendo) di appena uno o due seggi al Senato, è un enorme cerino acceso nelle loro mani, che farà arrivare l’Unione forse incenerita, di certo gravemente ustionata alle prossime elezioni politiche. Le quali, per inciso, a detta di tutti gli addetti ai lavori si terranno tra un anno, al massimo due. Palazzo Madama già ora appare agli occhi degli esponenti meno rimbambiti dell’Unione come un’enorme via crucis, che avrà nei tre mesi di Finanziaria la sua stazione più dolorosa. I Ds stanno

Gli elettori della Cdl, indispettiti e dispettosi

di Giovanni Orsina Se la prima notizia di quest’elezione è che il centrosinistra ne ha cavato a fatica una maggioranza, per quanto risicatissima al Senato, la seconda è certo che il Paese rimane del tutto imprevedibile. I tanti sondaggi diffusi fin quando si poteva si sono rivelati, quale più quale meno, sbagliati. Il più vicino ai numeri reali, e di gran lunga, è stato (ma guarda un po’!) quello americano commissionato da Berlusconi, che tanto è stato sbeffeggiato. Non parliamo poi degli exit poll, immediatamente successivi al voto e perciò in teoria attendibili: hanno trasformato un testa a testa mozzafiato in una comoda marcia trionfale. Per i professionisti del marketing politico, insomma, quest’elezione è stata una Waterloo. Davanti alla quale credo che dovremmo porci due domande: la prima, perché il Paese è così imprevedibile? La seconda, perché malgrado si sia dimostrato così spesso imprevedibile, continuiamo tutti a pensare di saperlo prevedere? Perché seguitiamo a fidarci dei

Do you (really) remember Al Gore?

Silvio Berlusconi è sicuro che il risultato delle urne cambierà in seguito al controllo sulle schede annullate. Premesso che del riconteggio qui ce ne freghiamo; premesso che comunque vale la pena di farlo perché quando si perde o si vince per lo 0,01% un controllo in più non fa mai male; premesso che tanto tra un anno si va a votare ed è meglio così; premesso che però, a pensarci bene, vedere la faccia di alcuni di loro il giorno in cui la Cassazione o la Corte d'Appello dovessero annunciare un verdetto opposto a quello diffuso dal Viminale sarebbe meglio del Viagra, ecco, fatte queste premesse è importante non passare per pirla. Perché quando a sinistra dicono frasi tipo "nelle più grandi democrazie del mondo il comportamento di Berlusconi sarebbe stato inconcepibile", occorre saper rispondere a tono. Gli esponenti dell'Unione lo dicono in tutti i talk show, Massimo D'Alema l'ha sparata senza pudori: «Ricordo che il democratico Al Gore riconobbe di essere s

"Il popolo si è fatto beffa dei potenti"

Domani lo troverete sui giornali (ok, su alcuni giornali, come al solito). E' il giudizio della Compagnia delle Opere sul risultato delle elezioni. Del quale, per inciso, qui laicamente se ne sottoscrive per intero la diagnosi, un po' meno la terapia. Servire il popolo Doveva essere una vittoria clamorosa del centrosinistra con tutto il popolo schierato "finalmente" da una parte, ma, alla prova dei fatti, la vittoria si è giocata su una manciata di voti. Per l’ennesima volta, il popolo si è fatto beffa dei potenti. Come in America sul caso Bush-Kerry e come per il referendum sulla procreazione assistita, non ha eseguito gli ordini prestabiliti da un concentrato incredibile di interessi: una buona parte della stampa estera e della stampa italiana, rappresentanti del mondo dell’economia, intellettuali e registi a la page, cattocomunisti da sacrestia, il partito della rendita e quello del clientelismo, radicali e no global. Il risultato annunciato era quello che sembrav

The second best

Silvio Berlusconi non l'ha presa bene e cerca di uscirne fuori in qualche modo. E' comprensibile. Però, fosse stato possibile immaginare un risultato a tavolino che fosse utile alla Casa delle Libertà, la seconda scelta da fare a mente fredda (dopo la vittoria con ampia maggioranza parlamentare in ambedue i rami, ça va sans dire ) sarebbe stata proprio questa, ovvero la vittoria dell'Unione con una maggioranza impalpabile nella Camera storicamente più difficile da controllare, nel periodo più difficile dell'anno. Ogni altra alternativa sarebbe stata peggiore. Aver conquistato il Senato per un pugno di voti, infatti, si sarebbe rivelato una jattura. A quel punto ognuna delle due coalizioni avrebbe avuto il controllo di una Camera. L'Unione, grazie al premio di maggioranza, avrebbe avuto un forte controllo di Montecitorio, mentre la Cdl sarebbe stata sopra di pochi senatori a palazzo Madama. Però tanto sarebbe bastato ad attribuire alle due coalizioni identiche respon

La notte del morto vivente

Tre di notte. Romano Prodi, con quasi nove ore di ritardo rispetto al previsto, trova il coraggio di apparire in pubblico. Festeggia in piazza Santi Apostoli. Dice che ha vinto, ma probabilmente nemmeno lui è così bollito da crederci. Lo sgarbo istituzionale con cui finge di ignorare l'esistenza del Senato è tale che se lo avesse fatto Silvio Berlusconi se ne parlerebbe per settimane. Attorno a lui i suoi uomini e Piero Fassino fingono di ridere. Per loro è stata una giornata da incubo. Si erano svegliati convinti di avere 5 punti di vantaggio, si sono illusi davanti agli exit poll, sono andati a letto scoprendo di essere ancora minoranza nel Paese: alla Camera non raggiungono il 50% dei voti, quota che al Senato la Cdl riesce a sorpassare. I meccanismi elettorali consegnano all'Unione la maggioranza della Camera, e probabilmente i voti degli italiani all'estero le daranno la maggioranza di un seggio al Senato. Nel caso in cui il centrosinistra dovesse esprimere il presiden

Del perché qui non si seguono le elezioni in diretta

1) Perché in redazione ho ben altro da fare. 2) Perché qui, come sanno i frequentatori abituali, si ragiona sui dati certi e non sulle supposizioni. Lo si farà anche stavolta, nei tempi e nei modi debiti (vedi punto 1). 3) Perché basta vedere Ilvo Diamanti e Antonio Polito allo speciale del Tg2 per capire che nessuno ci sta capendo una mazza. PS. Chi vuole seguire "live" le elezioni può farlo su The Right Nation .

Un buon motivo per cui Fiat e Confindustria appoggiano Prodi

Il via libera alla cassa integrazione straordinaria in deroga per 850 dipendenti siglata nei giorni scorsi fra governo, Fiat e sindacati «non è la soluzione finale che ci aspettavamo né noi né i sindacati. Per ora abbiamo evitato un disastro immediato, speriamo di risolvere il problema entro fine dicembre». Lo ha sottolineato l'amministratore delegato della Fiat a margine della consegna del premio "Auto Europa 2006" alla Grande Punto. Marchionne ha anche ribadito che al nuovo governo il Lingotto rinnoverà la richiesta di mobilità lunga. «La proposta - ha spiegato - è stata fatta da noi e dai sindacati in accordo, speriamo che il governo ci creda». Quanto alla proposta dei 12 anni avanzata dal ministro Maroni, Marchionne ha ribadito: «Non è la soluzione. L'abbiamo esaminata, ma non è accettabile né per noi né per i nostri dipendenti né per i sindacati. Tra la nostra proposta e quella fatta dal ministro del Welfare - ha aggiunto - c'è una differenza enorme». Quanto

Giornalisti di sinistra, liberi di non informare

Ricapitoliamo. Il Tg5 invita Silvio Berlusconi e Romano Prodi per uno speciale pre-elettorale. Prodi rifiuta, per costringere Berlusconi a non andare in onda (si chiama par condicio, funziona così). Atteggiamento liberticida, ma comprensibile. Liberticida, perché gli elettori avrebbero potuto avere qualche ora d'informazione in più, che non fa mai male. Comprensibile, perché Prodi non aveva alcunché da dire e sa benissimo che da un confronto televisivo, bollito com'è, ha tutto da perdere. Così ha preferito fare di nuovo il coniglio. Mediaset, a questo punto, per ristabilire la par condicio ha chiesto che a fare le domande a Berlusconi fossero cinque giornalisti dichiaratamente schierati a sinistra, tra cui il direttore di Liberazione, l'organo di Rifondazione Comunista. E qui avviene il fatto vergognoso. I giornalisti progressisti avevano davanti due strade. La prima era quella di fare i giornalisti. Avrebbero dovuto chiedere a Prodi di andare in televisione, perché il dov

Ici, ecco il piano del governo (copertura compresa)

di Fausto Carioti Vendere agli attuali inquilini gli immobili di proprietà dei comuni, destinare il ricavato alla riduzione del debito degli enti locali e usare i soldi così risparmiati sotto forma di interessi per finanziare l’abolizione dell’Ici sulla prima casa: la proposta lanciata da Silvio Berlusconi al termine del match con Romano Prodi è arrivata a sorpresa, ma è figlia di un piano preparato in queste settimane dallo staff del presidente del Consiglio, e in particolare dal suo consigliere economico, Renato Brunetta. L’annuncio del premier è infatti complementare al progetto tracciato dall’economista azzurro e allo stesso programma della Casa delle Libertà, laddove, al punto 5, si legge che «mentre quasi tutto il debito pubblico è del governo centrale (dello Stato), il grosso del patrimonio pubblico che può essere collocato e valorizzato sul mercato – circa i due terzi del totale – è dei governi locali (Regioni, Province, Comuni)». La prima cosa da fare è quantificare il gettito

Soccorso rosso per Prodi dai quotidiani della buona borghesia (included: l'erroraccio di Stella)

Ci sono due metodi empirici per misurare chi ha vinto il confronto di ieri sera. Il primo consiste nel misurare quantità e densità della bava alla bocca della sinistra dopo l'uscita di Silvio Berlusconi sull'abolizione dell'Ici sulla prima casa. Ambedue i parametri sono ai massimi. Mentre a destra nulla di ciò che ha detto Romano Prodi ha creato il minimo fastidio. Lapalissiano, non avendo Prodi detto nulla. Il secondo metodo, batteriologicamente preferibile al primo, consiste nel ricordarsi le cose che più sono rimaste impresse di ciò che hanno detto i due. Di Prodi - occhi chiusi da talpa, visibilmente nervoso - si ricordano la metafora dell'ubriaco e l'impegno a unificare un Paese spaccato in due (evidentemente si riferiva a Umberto Eco, che nel 2001 scrisse un appello in cui divideva l'Italia in cialtroni e cerebrolesi della Cdl da un lato e gente per bene, colta e progressista dall'altro, e a Paolo Flores, con la sua fissa delle "due Italie",

Ha perso (anche) il giornalismo italiano

Per quanto male ne sia uscito Romano Prodi (e ne è uscito molto male) il giornalismo italiano ne è uscito peggio. Roberto Napoletano è riuscito a rifare per tre volte la domanda "Dove prenderete i soldi per le cose che promettete?", che nel confronto precedente aveva fatto solo due volte, arrivando così a un totale di cinque. Una persona normale avrebbe capito al primo tentativo che i due non avevano alcuna intenzione di rispondere e che, essendo vietate le interruzioni da parte del giornalista ("scusi, perché evita di rispondermi?"), ogni reiterazione era fastidiosa non per l'intervistato, il quale tanto diceva quello che voleva, ma per gli spettatori inermi. Marcello Sorgi (meglio lui di Napoletano, stavolta) è apparso tanto banale quanto supponente. Domande lunari su argomenti comprensibili solo agli addetti ai lavori. Mi piace pensare che un'accoppiata Oscar Giannino-Piero Sansonetti (i primi due nomi che mi vengono in mente) avrebbe dato risultati di gr

Quello che Berlusconi dovrebbe dire stasera

Update. Non solo ha fatto quello che doveva fare (il quadretto del governo Prodi con Luxuria che offre spinelli e Caruso con il volto coperto e i bulloni era da antologia), ma ci ha messo il carico con l'abolizione dell'Ici. Qualcuno ha dubbi su come è andata? Post scriptum. Dire che stasera Berlusconi era senza avversario non è una scusa valida... Come già hanno fatto trapelare alcuni giornali, i boatos danno per certa un'ulteriore riduzione della distanza che separa la Casa delle Libertà dall'Unione, distanza che si sarebbe ridotta davvero a pochi spiccioli. A ulteriore conferma della vulnerabilità del centrosinistra sul tema tasse. L' uscita di Carlo Azeglio Ciampi sulla grosse koalition, per capirsi, secondo le stesse voci sarebbe dovuta proprio alla presa d'atto, da parte del Quirinale, del fatto che ormai il gap si avvicina di molto al margine d'errore statistico. Vero o no che sia, Silvio Berlusconi ci crede, e in queste ore sta studiando la migliore