Post

Visualizzazione dei post da settembre, 2008

It's always the Sun

Qualche volta l'ho citato su questo blog. Lo leggevo ogni volta che potevo, il che non vuol dire tutti i giorni. Quasi, però. Come cantavano i Police, those days are over. Il New York Sun , il più bel quotidiano degli States, oggi chiude i battenti. Saluta i suoi lettori a testa alta, senza i piagnistei cui siamo abituati qui in Italia ogni volta che un'avventura editoriale fallisce. What a run. A newspaper founded by a company that was scheduled to be created on September 11, 2001, announces its last issue on September 29, 2008, the day of the largest one-day point drop in the history of the Dow Jones Industrial Average. It's easy to forget the boom years in between that were bracketed by the terrorist attacks and the financial crisis. Il resto gli interessati se lo possono leggere qui .

La vignetta che fa schifo

Immagine
di Fausto Carioti A pagina 5 dell’ultimo numero del sedicente inserto satirico dell’Unità c’è una vignetta che non fa ridere. Niente di strano, di questi tempi. Però si nota subito lo stesso. Perché questa vignetta fa schifo. Molto schifo. Ve lo scrive uno che quando si tratta di satira non ha lo stomaco debole, avendo iniziato a frequentarla in tenera età, spendendo più di una paghetta per comprare quel concentrato di cattiverie che - non a caso - si chiamava il Male. Uno che guarda le trasmissioni di Michele Santoro solo per ghignare su certe vignette perfide di Vauro e ha la raccolta rilegata delle prime annate di “Cuore” (l’ultimo inserto satirico dell’Unità degno dell’aggettivo che portava). La vignetta che fa schifo raffigura un ragazzo che impugna la pistola con aria strafottente. Ricorda il finlandese che pochi giorni fa ha compiuto una strage a scuola. Punta l’arma verso qualcuno. La vittima, si capisce subito dal testo, è Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazio

Per la faccia di Epifani

di Fausto Carioti Quando Guglielmo Epifani sostiene che, grazie alla sua Cgil, sono stati modificati gli accordi per Alitalia già siglati il 14 settembre da Cisl, Uil e Ugl, millanta. Lo fa per salvare la faccia, o almeno ciò che ne resta. Fa bene Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, a ricordare che quelli siglati ieri dalla Cgil sono gli stessi accordi che pochi giorni fa Epifani si era rifiutato di firmare, e che tutte le altre cose scritte in queste ore sono solo «esigenze mediatiche». A partire proprio dalle “novità” aggiunte ieri. Che non sono affatto «modifiche» dei protocolli di dieci giorni fa, né «integrazioni». Ma solo chiarimenti a quanto già scritto. Ovvietà messe nero su bianco per dare modo a Epifani di spacciarle - con il tacito consenso di tutti, incluso il governo - come grandi conquiste. Niente di nuovo: la politica è fatta anche di certe finzioni. La verità è che Epifani era alla ricerca disperata di una via d’uscita dal vicolo cieco nel quale si era inf

Applausi per Hugo

di Fausto Carioti «Con l'aiuto del governo socialista della Repubblica Bolivariana de Venezuela siamo certi che potremo risolvere buona parte dei problemi che colpiscono in questo momento Alitalia e tutti i suoi lavoratori». Chi ha ispirato queste righe diffuse ieri dalla compagnia aerea Aserca Airlines si chiama Hugo Chávez, e di mestiere fa il presidente del Venezuela. Per chi non lo avesse mai visto, Chávez è un incrocio tra il Benito Mussolini prima maniera, quello populista e di sinistra, e Wanna Marchi. Con la Buonanima, oltre a certi atteggiamenti lievemente machisti, ha in comune l'amore per la democrazia parlamentare e il rispetto per l'equilibrio dei poteri. Le affinità con la televenditrice riguardano invece lo stile low profile, che anche in Chávez si esalta soprattutto davanti alle telecamere. Mettete questo figurino a sedere sopra qualche milione di barili di petrolio nel momento in qui le quotazioni del greggio sono ai massimi storici e dovreste avere un'

Atlantismo a buon mercato

Nei giorni scorsi Silvio Berlusconi ha attaccato Mahmoud Ahmadinejad con toni inusuali per le pavide abitudini italiane. Perché? Parte della risposta va cercata nei problemi che sta incontrando la politica estera del governo Berlusconi con la Casa Bianca. Come già detto , a Washington non stanno facendo salti di gioia per la nuova politica estera (estero-energetica, bisognerebbe dire) italiana. L'attacco all'impresentabile presidente iraniano - attacco che ovviamente lascia il tempo che trova - deve essere inteso allora come un messaggio rassicurante inviato al dipartimento di Stato americano. Un messaggio che suona più o meno così: tranquilli, il fatto che siamo amici di Vladimir Putin, per motivi legati alla nostra dipendenza energetica da Gazprom, non vuol dire che siamo diventati amici anche dei suoi alleati. Ahmadinejad, infatti, è il protetto di Putin , e se l'Iran può permettersi di fare la voce grossa è anche perché sa che nel consiglio di sicurezza dell'Onu c&

Colonia, il resto della storia

Chi trova scomodi i paraocchi, e pensa che oggi a Colonia, alla manifestazione contro l'islamizzazione dell'Europa, sia andato in scena qualcosa di più di un comizio di xenofobi , e magari trova strano che mettere il bavaglio - con la forza - a Mario Borghezio e agli altri venga considerato un esercizio di democrazia e di antifascismo, dia una letta a " Cologne: A Tale of Two Mayors ", su The Brussel Journal. Perché la vita non è sempre come ce la racconta Repubblica.

Anche De Benedetti scarica Veltroni

di Fausto Carioti Gli elettori sono tutti uguali, specie a sinistra. Ma alcuni, pure lì, sono un po' più uguali degli altri. Carlo De Benedetti, ad esempio, non è un qualunque elettore del partito democratico. Non tanto per il suo patrimonio o per il fatto di essere l'editore di Repubblica, dell'Espresso e di una sfilza di quotidiani locali, tutti più o meno simpatizzanti per il centrosinistra. Ma perché lui, l'Ingegnere, del Pd è stato un po' il padre che gli ha trasmesso la scintilla della vita, un po' l'ostetrica che l'ha aiutato a venire al mondo. Amante della politica intesa come confronto tra grandi progetti, innamorato della democrazia americana, di convinzioni solidamente liberal (anche se questo non gli impedisce di essere amico del repubblicano George Bush, padre dell'attuale presidente americano), De Benedetti viaggia dieci anni in anticipo rispetto alla classe politica del centrosinistra italiano. È stato lui il primo a spinge

McDonald’s è meglio del no profit

di Fausto Carioti Mentre la sinistra slow food si agita per il licenziamento del fondatore del Gambero Rosso, Stefano Bonilli, da parte dei nuovi proprietari della testata, quelli che della sinistra dovrebbero essere la base - disoccupati, dipendenti a basso reddito, studenti più o meno squattrinati, immigrati - li trovi in fila nei fast food McDonald’s. Dove con 5 euro e 70 centesimi si mettono in pancia un panino con hamburger doppio, patatine e Coca Cola. Altro che welfare state, altro che enti no-profit: se essere “di sinistra” significa sfamare chi ha bisogno, la multinazionale americana, quotata a New York, Tokyo, Francoforte e altre Borse del mondo, si candida a essere l’istituzione più a sinistra dell’Occidente. Di più: i numeri forniti nei giorni scorsi dall’azienda del Big Mac sulle vendite di agosto dimostrano che nei momenti di crisi economica come quello attuale la grande industria del cibo fondata da Ray Kroc nel 1955 è una delle poche ancore di salvezza rimaste al ceto m

Riposizionamento

A proposito di Alitalia e dell'operazione Fenice. Sulla prima pagina odierna di Europa , quotidiano del Pd: La fragilità dell’operazione è sotto gli occhi di tutti ma il Pd sa di dover stare attento. Perché un’opposizione “di governo” non può tifare per un crack; e soprattutto perché nessuno può escludere che Berlusconi alla fine ce la faccia. Anzi, quanto più ci si avvicina all’abisso, tanto maggiore sarebbe la gloria di un salvataggio. (...) In definitiva, proprio il fatto che Berlusconi si giochi la faccia fa pendere le previsioni in favore di un accordo pasticciato chiuso in extremis. Ovvero: compagni attenti, che Berlusconi ci frega anche stavolta.

Se il governo si scorda dei carabinieri

di Fausto Carioti Abituati a «obbedir tacendo e tacendo morir», i carabinieri non fanno notizia. Le categorie “à la page”, quelle di cui si parla nei talk show e che gli editorialisti amano innalzare a metafora del Paese, sono altre. Fatte da gente che scende in piazza a gridare con i cartelli al collo, schierata politicamente e ben inquadrata dal sindacato. In questi giorni, ad esempio, c’è un gran daffare per convincere l’opinione pubblica che il futuro della nazione è appeso alle sorti dei dipendenti Alitalia e dei precari della scuola. In realtà si tratta di due categorie incapaci di arrendersi all’evidenza: i primi non hanno capito che il loro prossimo datore di lavoro sarà un privato che ha tutto l’interesse a non fallire, e magari anche a realizzare qualche profitto ogni tanto. I privilegi di un tempo non sono più giustificabili né sostenibili, ora che lo Stato - per fortuna - ha deciso di uscire dalla partita. I precari della scuola, dal canto loro, stentano a realizzare che gl

Stati Uniti-Italia: it ain't easy

Il governo italiano assicura che l'incontro tra Silvio Berlusconi e il vicepresidente americano Dick Cheney è finito a tarallucci e vino. Dalla loro, hanno le dichiarazioni ufficiali dei due leader. Ma le frasi ufficiali lasciano il tempo che trovano. Il Financial Times oggi fa una ricostruzione diversa dell'incontro , che mi convince assai di più anche perché coincide con le informazioni in mio possesso, parte delle quali già riversate in alcune cose che ho scritto di recente. Il quotidiano inglese scrive che «Mr Cheney condemned Russia's "unilateral efforts to alter by force of arms Georgia's internationally recognised boundaries" and reiterated that Nato had agreed on eventual membership for Georgia and Ukraine. But Mr Berlusconi responded without a word of criticism against Russia, while Mr Cheney looked down at his shoes and avoided eye contact. The US delegation, in Italy for five days, had pushed for clear endorsement of its position from Mr Berlu

Ma sulla sicurezza il governo non può sbagliare

di Fausto Carioti Va bene che l’opposizione non esiste, e questo dà modo a chi sta al governo di fare più o meno ciò che vuole. Però gli elettori tengono gli occhi puntati sull’esecutivo, dal quale si attendono molto, soprattutto in materia di sicurezza. Nessuno ha scordato la lunga scia di sangue prodotta dall’indulto, voluto nel 2006 dal governo Prodi e votato anche da Forza Italia e Udc. Ecco perché il centrodestra farebbe bene a pensarci due volte, e ad adottare ogni cautela possibile, prima di varare nuove misure “svuotacarceri”, come quelle annunciate dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Anche perché chi ad aprile ha votato per il PdL e la Lega lo ha fatto con l’intenzione di mettere i delinquenti in prigione, non di tirarli fuori. Tra i punti del programma con cui Silvio Berlusconi ha stravinto le elezioni si leggeva: «Costruzione di nuove carceri e apertura delle strutture penitenziarie già realizzate ma non ancora attive». Niente di strano, quindi, se gli elettori de

Il maestro unico e Veltroni

Anche Walter Veltroni si schiera contro l'ipotesi di reintrodurre il maestro unico: idea «discutibile», dice il segretario del Pd. Qualcuno, con il dovuto tatto, spieghi a Veltroni, che nel giugno del 2007 avviò la sua fantastica rincorsa elettorale proprio da Barbiana e dalla tomba di don Milani, che quel signore sepolto lì sotto era un "maestro unico", «e non sembra che abbia creato guai apocalittici», come gli fa notare il mio amico Marcello Inghilesi . «Il maestro», scrive Inghilesi, che di don Milani fu allievo, «è colui che dà un metodo e deve essere unico, giusto o sbagliato che sia; se giusto bene; se sbagliato, caro Veltroni, don Milani diceva che avrebbe stimolato le capacità dialettiche dell’allievo. Il Maestro, nel dogma milaniano, era un Monarca assoluto». Ditelo a Veltroni. Sennò di don Milani nel Pd non resta più nulla. A parte la tomba.

Sindrome pre-elettorale

Roberto Maroni contro la proposta di Angelino Alfano per togliere persone dalle carceri. Umberto Bossi durissimo con Mariastella Gelmini, che reagisce senza farsi pregare. Roberto Calderoli che annuncia una legge delega per il federalismo e finisce infilzato in prima pagina da un parlamentare di Forza Italia. E nessuno della segreteria del PdL che intervenga per stoppare quest'ultimo. Nemmeno Giulio Tremonti si scomoda per difendere gli amici leghisti. Anzi: sulla scuola difende la Gelmini e la scelta del maestro unico e sul federalismo fiscale di Calderoli prende tempo , spiegando che parlerà solo quando ci sarà «una banca dati condivisa». Tutti impazziti contemporaneamente? Al contrario. Tutti molto lucidi. Semplicemente, è iniziata la campagna elettorale per le Europee. Dove la Lega e il Pdl si presenteranno come avversari, e come sempre ognuno farà il possibile per rubare cavalli dal recinto dell'altro. La Lega, poi, è specialista in questa strategia, e basta un minimo d

Sympathy for the Devil

di Fausto Carioti A Firenze non l’hanno suonata, ma la vera colonna sonora di ciò che resta della Festa dell’Unità è “ Sympathy for the Devil ”, canzone dei Rolling Stones che porta la data del fatidico 1968 e ancora oggi è facile ascoltare alla radio. La simpatia proibita per il grande diavolo di Arcore è la vera novità della sinistra italiana dalla notte del 14 aprile. Iniziò Europa, il quotidiano della Margherita. A urne ancora calde scrisse che «il rapporto fra quest’uomo e l’Italia, a questo punto, assume effettivamente una dimensione storica. Sarà lui a decidere quando il proprio ciclo terminerà, e intanto tocca a lui decidere che tipo di rapporto instaurare con l’opposizione». La previsione - alquanto facile - si è avverata. La resa ufficiale, definitiva, clamorosa è stata firmata ieri, nella Fortezza da Basso, da Arturo Parisi, l’ultimo degli ulivisti, uno più prodiano di Romano Prodi. Non ha detto che Berlusconi sta governando bene, gode di forti consensi e robe simili. Quello

Donna di destra, donna diversa

di Fausto Carioti Una donna che fa politica ad altissimi livelli è una vittoria della democrazia e un simbolo di progresso. Ma se si candida con la destra è uno squalo in gonnella con l’armadio pieno di scheletri. Una ragazza che rimane incinta a 17 anni è una giovane che ha scelto di vivere in modo autonomo e coraggioso la sua femminilità. Ma se si tratta della figlia della candidata repubblicana alla vicepresidenza degli Stati Uniti è solo una zoccoletta che si è fatta ingravidare dal cafone di turno. Benvenuti nelle cronache “progressiste” della campagna elettorale americana. Il modo con cui i media di sinistra stanno raccontando le vicende di Sarah Palin e di sua figlia Bristol andrebbe studiato nelle facoltà di psicologia, per cercare di capire come gli esseri umani possano dimenticarsi in pochi istanti tutto quello con cui si sono riempiti la bocca per anni. Sarah Palin, governatore repubblicano dell’Alaska, è candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Se John McCain, che l

Walter fa il duro, ma sbaglia indirizzo

di Fausto Carioti La notizia buona: Walter Veltroni esiste ancora. Ieri si è materializzato per pochi istanti, durante i quali ha esternato sulla scarcerazione degli ultrà arrestati dopo la partita Roma-Napoli. La notizia cattiva: visto ciò che ha detto, avrebbe fatto meglio a restare zitto. Quelli del Pd che si lamentano tanto perché l’ex sindaco di Roma è un leader assente, la prossima volta ci pensino bene prima di evocarlo. In un colpo solo l’uomo che si vanta di condurre un’opposizione seria, ragionata e non pretestuosa, è riuscito a: 1) mostrare a tutti di ignorare il funzionamento basilare delle istituzioni, attribuendo al governo responsabilità che sono solo della magistratura; 2) contraddire il principio per cui «le sentenze si rispettano e non si commentano», sino a poche ore fa uno dei pochi punti fermi rimasti alla sinistra; 3) destabilizzare ulteriormente i suoi elettori, proponendo ricette formato «tolleranza zero» il cui ingrediente principale è il manganello dei celeri

«Solo» quelli del Napoli

Va bene che, qualunque cosa faccia, il governo Berlusconi deve essere criticato. Fin qui ci eravamo arrivati. Ma a scrivere queste cose «Maroni va al Tg1 e promette misure dure contro gli ultrà. Ma solo quelli del Napoli che domenica si erano resi protagonisti di violenze in serie alle stazioni di Napoli e di Roma». come fa l'Unità oggi in prima pagina , invocando il pugno di ferro e accusando il governo di lassismo, si corre il rischio di passare per alcolisti cronici. Dove sta l'errore nel prendersela "solo" con gli ultrà del Napoli, che già è un provvedimento (sacrosanto, intendiamoci) che punisce buoni e cattivi insieme senza troppi riguardi? Che doveva fare di più Maroni oltre a prendersela con chi ha devastato le stazioni e tutti i suoi compagni di curva? Doveva infierire "a prescindere" su chiunque giri la domenica pomeriggio con una sciarpa al collo? L'unica certezza è che, quando provano a scavalcare a destra i leghisti, i compagni sono ancora p

Gustav e i suoi tifosi

di Fausto Carioti Un cataclisma da qualche centinaio di morti, qualche migliaio di case distrutte? E che sarà mai. Tutto fa brodo, a sinistra. Anche le tonnellate d’acqua dell’uragano Gustav che ieri si sono abbattute sul sud degli Stati Uniti. Prendete il regista Michael Moore. Piaccia o meno, il simpatico ciccione è uno che sa il fatto suo. Riesce a fare soldi a palate grazie ai gonzi che si mettono in fila al botteghino per assistere agli spot che confeziona per il sistema sanitario cubano, ovvero per la dittatura dei fratelli Castro. In questo modo Moore è riuscito persino a diventare un punto di riferimento per i tanti convinti che l’unico responsabile di tutti i mali del mondo sia il presidente americano George W. Bush. Ovviamente è soprattutto su questo lato dell’Atlantico che Moore viene preso sul serio, perché sull’altra sponda, quella di casa sua, lo trattano come una simpatica macchietta, buona per quelle polemiche fast-food che sono la specialità della televisione. I giorna