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Visualizzazione dei post da settembre, 2009

Da Bagnasco critiche a Berlusconi e applausi al governo

di Fausto Carioti Leggere nelle parole pronunciate ieri da monsignor Angelo Bagnasco una critica a Silvio Berlusconi è esercizio facile, che però racconta solo metà della storia. Bagnasco, nella sua prolusione ai lavori del Consiglio episcopale permanente, ha espresso una critica su certi comportamenti della classe politica, nei quali rientrano senza dubbio anche le vicende attribuite al presidente del consiglio. Ma la condanna morale per i passatempi di Berlusconi (peraltro mai citato per nome) avrebbe anche potuto essere molto più dura, come avevano chiesto certi settori della Chiesa. Soprattutto, il governo ieri ha incassato un apprezzamento per la linea tenuta sulle questioni bioetiche. I vizi privati del premier, nel discorso di Bagnasco, risultano così compensati dalle virtù pubbliche riconosciute al suo esecutivo. Se è vero che la Chiesa italiana è appena entrata nell’era del dopo-Ruini, simboleggiata dalle dimissioni di Dino Boffo dalla direzione dei media della Cei, e che tutt

Primo miracolo di Obama: la riabilitazione di Bush

di Fausto Carioti La riabilitazione di George W. Bush sta avvenendo prima di quanto si potesse prevedere. E il merito è tutto del suo successore, Barack Obama. Il Messia che avrebbe dovuto rivoluzionare le nostre vite sinora è riuscito solo a cambiare la percezione che gran parte del consorzio umano aveva di Bush. Il quale, neanche un anno dopo l'addio alla Casa Bianca, sta dimostrando di avere azzeccato almeno la sua scommessa più grossa: il conflitto in Iraq. In Mesopotamia parlare di pacificazione in atto, e quindi di missione in via di riuscita, oggi non è più un azzardo. Mentre Obama, sino ad adesso, in politica estera non è stato baciato dal successo. A partire dall'altra guerra, quella in Afghanistan, nella quale ha investito tutta la sua credibilità senza produrre, sinora, alcun risultato. Mentre Israele e i Paesi dell'est europeo, in teoria i più interessati a un rapporto stretto con gli Stati Uniti, scrutano con inquietudine crescente le mosse della Casa Bianca. B

Il Pd fa l'amerikano

di Fausto Carioti Ci volevano Concita De Gregorio e Massimo D’Alema per riempire due pagine dell’Unità con un’intervista sulla guerra in Afghanistan nella quale si parla di tutto tranne che dell’unica cosa vera, quella da cui dipende l’atteggiamento del Pd: Barack Obama, ultimo oggetto di devozione rimasto alla sinistra italiana. Il presidente statunitense, che ha puntato tutte le sue carte sulla pacificazione di Kabul, di defezioni e tentennamenti non vuole sentire parlare. E gli ex comunisti, fedeli alla linea atlantica come un tempo lo erano al patto di Varsavia, si adeguano. Il rapporto con Washington, per loro, non è mai stato importante come oggi. Dalle parti del Partito democratico italiano la consegna è chiara: stare al fianco degli Stati Uniti, il cui nuovo ambasciatore, David H. Thorne, è entrato da pochi giorni in carica a Roma e ha già iniziato il suo giro di consultazioni più o meno ufficiali. Questa manifestazione di amicizia incondizionata, però, andrebbe esercitata sen

L'omicidio di Sanaa e la "cittadinanza breve"

di Fausto Carioti Hai voglia a dire, come fa il deputato finiano Fabio Granata, che il padre marocchino e islamico che ha ucciso la figlia, Sanaa Dafani, perché conviveva con un ragazzo italiano, «era residente legittimamente in Italia da oltre otto anni e con l’attuale normativa sarebbe diventato cittadino automaticamente». E che quindi «mescolare cittadinanza e fatti di criminalità rappresenta una grande operazione di disonestà intellettuale». A parte il fatto che la legge in vigore di anni di residenza, per ottenere la cittadinanza, ne richiede dieci, e che anche trascorsi questi non c’è nulla di «automatico», tanto che prima che il passaporto italiano venga concesso passano almeno altri due anni per fare i dovuti accertamenti. A parte questo, si diceva, Granata, presentatore della proposta di legge che punta a dimezzare i termini per la concessione della cittadinanza, portandoli a cinque anni di residenza, ha capito che l’omicidio di Pordenone rischia di diventare materiale inca

L'ambasciatore Thorne e l'Italia - 2a puntata

Qualcuno ricorderà la notiziola - pubblicata solo su questo blog e su Libero - delle dichiarazioni rese il 16 luglio, davanti alla Commissione Esteri del Senato americano, da David H. Thorne, all'epoca ambasciatore designato per l'Italia (e oggi in carica a tutti gli effetti). Diceva Thorne: «Anche se gli Stati Uniti e l'Italia cooperano strettamente su numerosi temi, ci sono, comunque, alcune posizioni della politica estera italiana che continuano a preoccuparci». Bene, proprio attorno a questa frase gira la prima intervista rilasciata da Thorne a un quotidiano italiano. E' apparsa oggi sul Corriere della Sera . Segnalo in particolare il seguente botta e risposta: Non è che tra le materie che preoccupano gli Stati Uniti c’è l’interesse del governo italiano, di Berlusconi, per l’oleodotto South Stream, caro alla Russia, invece che per il Nabucco? «Va considerato tutto in un contesto ampio. Una delle più grandi preoccupazioni della politica americana è la dipendenza ene

Norman Borlaug (quello vero)

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E' morto Norman Ernest Borlaug, ma questo immagino che lo sappiamo un po' tutti. Quello che non tutti sappiamo, perché nessuno si preoccupa di scrivercelo, è che Borlaug, scienziato statunitense e premio Nobel per la Pace nel 1970, era uno dei più tenaci difensori degli organismi geneticamente modificati. Ma è meglio che non si sappia in giro: la gente deve credere che a difendere gli Ogm siano solo le solite multinazionali brutte, sporche e cattive. Tanto che, a leggere certi " coccodrilli " nei quali la parola Ogm manco appare, un lettore poco informato potrebbe benissimo pensare che Borlaug fosse fatto della stessa pasta di Vandana Shiva. Non era così, per fortuna sua, nostra e del Terzo Mondo, che ha contribuito a sfamare. Qui sotto, per gentile concessione delle Edizioni Lindau , pubblico la prefazione scritta da Borlaug per l'edizione italiana del libro di Henry Miller e Greg Conko " Il cibo di Frankenstein. La rivoluzione biotecnologica tra politica e

Quando il divorzio è maturo

di Fausto Carioti L'"outing" risale a tre anni fa. Nell’ottobre del 2006 Gianfranco Fini lasciò basiti tutti - gli esponenti di An per primi - bocciando come «becera propaganda antislamica» il film di Renzo Martinelli "Il Mercante di Pietre", che affrontava l’argomento del terrorismo musulmano e nel quale di inventato, peraltro, non c’era proprio nulla. Da allora il Fini-pensiero di strada ne ha fatta tanta - tutta verso sinistra - e oggi nessuno si stupisce più nel vedere l’ex ragazzo in camicia nera in prima fila tra i sacerdoti del politicamente corretto, coccolato da Repubblica e dall’Unità. Tanto che lo scontro verbale degli ultimi giorni con Umberto Bossi sull’immigrazione - materia su cui i due avevano legiferato insieme sette anni or sono - fa notizia più per la durezza delle parole che non per la sostanza politica, ormai risaputa. Ma quando i litigi sono quotidiani e i toni si fanno così duri, ultimativi, e su argomenti tanto importanti, qualcuno fareb

Salvate il soldato Brunetta

di Fausto Carioti Lasciare Renato Brunetta esposto al fuoco nemico, senza che nessuno spenda mezza parola per difenderlo, è un lusso che il PdL e il governo Berlusconi non si possono permettere. Eppure è proprio quello che sta accadendo. Anzi, succede di peggio. Vedere il ministro per la Pubblica Amministrazione messo sulla graticola anche da quei giornali - tipo il Corriere della Sera - che dovrebbero difendere a spada tratta la sua battaglia contro chi succhia il sangue dei contribuenti sta provocando brividi di piacere in alcuni settori del governo e del partito, dove l’iper-attivismo di Brunetta non è mai stato digerito. Ma il conto, alla fine, rischiano di pagarlo anche loro. Il personaggio Brunetta può risultare simpatico o stare sulle scatole, ma di sicuro è il ministro che più di ogni altro incarna quella rivoluzione liberale che gli elettori di Silvio Berlusconi attendono dal 1994. Brunetta è la metafora della lotta ai numeri di telefono della pubblica amministrazione che squi

Testamento biologico: contro Fini è già pronto il "lodo Sacconi"

di Fausto Carioti Lasciare a Gianfranco Fini il timone della mediazione sul testamento biologico? Figuriamoci. «Mai, mai e poi mai permetteremo una cosa simile», annuncia un parlamentare di osservanza berlusconiana. E allora? Allora diventa di strettissima attualità il cosiddetto «lodo Sacconi», la soluzione teorizzata qualche settimana fa dal ministro del Welfare: approvare subito, per via parlamentare, una norma che sancisca «il diritto inalienabile all’alimentazione e all’idratazione per chi non è autosufficiente». In modo da rispettare l’impegno solenne assunto dal governo e dal PdL, con gli elettori e la Chiesa, in quei giorni di febbraio: «Mai più un’altra Eluana Englaro». E, allo stesso tempo, levare l’iniziativa a Fini e ai suoi. Al momento, infatti, la proposta di mediazione tra il testo approvato al Senato e le posizioni dei laici porta la sigla del finiano Fabio Granata, il quale ha sottoscritto il testo di Eugenio Mazzarella, filosofo e deputato del Pd. Dove si prevede che

Così il Corriere sconfessa le idee di Oriana Fallaci

di Fausto Carioti Ma che tristezza vedere il Corriere della Sera che fu di Oriana Fallaci ridursi allo scimmiottamento di Repubblica. In prima pagina ieri , proprio sotto la testata di via Solferino, c’era uno di quei titoli che di solito imbellettano il quotidiano rivale e cugino: «Il leader xenofobo si scopre meticcio. L’olandese Wilders e gli antenati musulmani». Per chi non lo sapesse Geert Wilders è un signore di 46 anni, presidente del Partito per la libertà. Alle recenti elezioni europee la sua sigla ha ottenuto il 17% dei voti, diventando il secondo partito olandese. Il punto, però, è che Wilders di xenofobo non ha proprio nulla. È l’etichetta che gli ha messo addosso un certo establishment politico e culturale europeo, ossessionato dal politicamente corretto e sempre pronto a liquidare con etichette facili e infami chi si pone il problema dell’integrazione degli immigrati islamici. E la «notizia» che dallo studio degli antenati di Wilders, compiuto da una solerte antropologa o

Disney & Marvel, primo matrimonio dell'era Obama

di Fausto Carioti L’America liberal e politicamente corretta di Barack Obama ha trovato il grande gruppo multimediale nel quale specchiarsi. Ieri la Walt Disney ha acquistato la Marvel Entertainment (quella dell’Uomo Ragno, i Fantastici Quattro, Iron Man e altri cinquemila personaggi) per quattro miliardi di dollari. I fan delle due sponde già temono di dover assistere a improbabili sfide tra Hulk e Pippo (ipotesi peraltro già smentita dalla Disney) e si chiedono come una simile unione possa essere possibile. Ma la verità è che i due gruppi sono ambedue il riflesso di quell’America democratica, “inclusiva” e multietnica che qualche mese fa è giunta al potere con Obama. Della Disney il grande pubblico sa ogni cosa. Compreso il fatto che il suo fondatore odiasse i comunisti e, a partire dagli anni Quaranta, avesse collaborato con il capo del Fbi, Edgar Hoover, anche segnalandogli alcuni «sovversivi» di Hollywood. La Disney moderna, però, è tutt’altra cosa. Il gruppo, che ha la sede cent