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Visualizzazione dei post con l'etichetta Iraq

Quelli che la democrazia non si poteva esportare

di Fausto Carioti Con quale faccia Repubblica ieri esultava in prima pagina perché «In Iraq la democrazia ha vinto»? Quanto sprezzo del ridicolo ci vuole, a largo Fochetti, per mettere in prima pagina le foto delle dita delle donne irachene sporche di inchiostro viola, simbolo del voto appena effettuato? Fosse stato per il quotidiano di Ezio Mauro, e per quei pacifisti che Repubblica incitava e difendeva, in Iraq non ci sarebbe stato alcun polpastrello viola, non si sarebbe insediata alcuna democrazia. L’Iraq sarebbe ancora il giardino di casa Hussein, in cui il dittatore fa quello che vuole, e cioè cose ben più gravi del negare il diritto al voto, dal momento che includono gli omicidi di stato e le stragi di massa. E questo vale per Repubblica, ma anche per tutta quella sinistra italiana che contro la missione in Iraq aveva messo le bandiere della pace nei propri manifesti, sui simboli elettorali, sugli striscioni nelle piazze, e adesso applaude imbarazzata - o nei casi più dignitosi...

Perché Obama deluderà la sinistra italiana

di Fausto Carioti Orfana di Romano Prodi, delusa da Massimo D’Alema, basita da Walter Veltroni, la sinistra italiana sta cercando rifugio nella garçonnière del candidato democratico alla Casa Bianca. Se dalle nostre parti, con l’aria che tira, dovranno arrangiarsi con gli avanzi che cascano dal tavolo della politica almeno per altri quattro anni e mezzo, volgendo lo sguardo oltreoceano possono sognare vittorie trionfali a portata di mano, marce gloriose lungo la Pennsylvania Avenue, nuove frontiere kennediane aperte su mondi più liberi e giusti. Peccato solo che il copione sia già scritto: chiunque vinca le presidenziali americane, anche stavolta li lascerà delusi. Al momento i sondaggi danno l’idolo di Veltroni e di quasi tutti i corrispondenti italiani, Barack Obama, testa a testa con il suo rivale repubblicano, John McCain. Se dovesse vincere quest’ultimo, manco a dirlo, la sinistra italiana dovrebbe vestire a lutto per altri quattro anni. Ma anche se il prossimo presidente american...

Cosa dirà Bush a Berlusconi

di Fausto Carioti Archiviato nel migliore dei modi l’incontro con Benedetto XVI (persino Europa, il quotidiano della Margherita, ammette che l’udienza del premier in Vaticano «è stata un successo»), cementata l’intesa con Emma Marcegaglia al convegno confindustriale di Santa Margherita Ligure, Silvio Berlusconi si prepara al faccia a faccia con il presidente statunitense, George W. Bush. Malgrado le apparenze, non sarà una formalità. L’amicizia speciale che lega i due presidenti, le rispettive amministrazioni e i due Paesi è fuori discussione. Ed è stata ribadita da Bush nell’intervista al Tg1 andata in onda ieri sera, dove è stato prodigo di elogi per Berlusconi: «Lo conosco, mi fido, mi piace. È uno dei veri leader internazionali». Ma è anche vero che a Washington si nutre qualche perplessità sull’impostazione della politica estera italiana. E la perplessità principale porta il nome dell’“amico Vladimir”. Il vertice di giovedì, che si terrà a palazzo Chigi o a villa Madama (Berluscon...

Il Soros giusto al posto giusto

Qualcuno lo ricorderà. E' stato uno degli esempi di maggiore cialtroneria statistica degli ultimi anni. Ottobre 2006: quella che Liberazione, quotidiano di Rifondazione Comunista, definì la «prestigiosa» rivista britannica Lancet, pubblicò uno studio dal quale risultava che tre anni di conflitto in Iraq avevano prodotto nientemeno che 650.000 morti. Che lo studio fosse basato su un metodo (induttivo) all'amatriciana lo si poteva intuire sin da quando fu presentato. E infatti alcuni organi d'informazione ( qui il Corriere della Sera ) lo presentarono ai loro lettori con qualche cautela. Lo stesso conteggio indipendente fatto dai pacifisti di Iraq Body Count , del resto, dava risultati del tutto diversi (ancora oggi la loro stima delle vittime oscilla tra le 80.500 e le 88.000 vittime). Ma per quasi tutti l'importante era non restare indietro nella gara a chi la sparava più grossa. Repubblica scrisse che, tutt'al più, l'indagine poteva avere «un margine di difet...

Think Different

Hai voglia a dire che la storia è lotta di classe, che la differenza la fa il gap il tecnologico tra una civiltà e l'altra e così via. La storia la fanno gli uomini, la differenza la fanno gli uomini. Pochi uomini, spesso. Ed è bellissimo leggere lo storico Victor Davis Hanson quando spiega come tre individui che hanno avuto il coraggio di rompere i vecchi schemi, tre "eretici", oggi siano in grado di cambiare il corso della storia. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, che, da solo, ha ristabilito l'amicizia della Francia con gli Stati Uniti e vuole lanciare l'economia francese nella sfida del libero mercato. Il generale David Petraeus, comandante dell'esercito statunitense in Iraq, il quale ha cambiato la strategia adottata sino ad allora contro i terroristi e ha insegnato a tutti i pessimisti che la sfida irachena può essere vinta. La olandese di origini somale, adesso rifugiata in America, Ayaan Hirsi Ali , grande nemica dell'Islam fondamentalista, ...

Chi ha armato Saddam Hussein

«Siccome gli Stati Uniti hanno armato Saddam Hussein sino ai denti, non hanno il diritto morale e politico di fargli la guerra». Questo, tradotto in italiano e depurato dagli insulti, il grido gutturale che da anni proviene da tutta la sinistra italiana. Bene. Ora fate click qui . Adesso potete leggere il rapporto sull'invio di armi in Iraq realizzato dal Sipri , che sta per Stockholm International Peace Research Institute. Non esattamente un covo di fan della dottrina Bush, come persino un pacifista potrà intuire scorgendo nello stesso acronimo l'accoppiata Stockholm + Peace. In quattro pagine di tabelle è riportato il controvalore in milioni di dollari degli armamenti forniti all'Iraq dal resto del mondo, Paese per Paese e anno per anno, a partire dal 1975 e sino al 2005. Saddam, ricordiamolo, è stato presidente dell'Iraq dal luglio del 1979 sino alla sua deposizione per mano della coalizione guidata dagli angloamericani nell'aprile 2003. Basta prendere in mano un...

Al Zarkawi è morto e a sinistra c'è chi lo piange

di Fausto Carioti Nunc est bibendum, adesso si può brindare. La morte di un uomo può essere una bella notizia, se l'uomo in questione era il giordano Abu Musab al Zarqawi, terrorista islamico, tagliatore di teste, organizzatore di attentati e responsabile (fu lui a dare il via libera agli esecutori) della strage di Nassiriya del 12 novembre 2003, in cui morirono diciannove italiani. Nessuno si illude che la sua uccisione, avvenuta mercoledì per mano americana e resa nota solo ieri, basti a trasformare l'Iraq in una Svizzera musulmana. Ma le due bombe da 230 chilogrammi lanciate dagli F-16 statunitensi sul tagliatore di teste sono state un brutto colpo per la premiata macelleria islamica di al Qaeda, di cui al Zarqawi era il rappresentante in Mesopotamia. La sua uccisione vuol dire molte morti e molte sofferenze in meno. Soprattutto, la foto del suo cadavere - subito diffusa dal Pentagono - fa bene al morale di chi pensa che il terrorismo debba essere contrastato con le armi, e ...

Ecco come il laico Saddam ha addestrato ottomila terroristi islamici

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Saddam Hussein, quello che se era per i pacifisti italiani stava ancora lì, indisturbato, a gasare curdi, addestrava terroristi. Ottomila terroristi islamici, fanatici religiosi pronti a uccidere e morire in nome della lotta all'Occidente. Alla faccia di quelli che credono che non sia possibile un'alleanza tra un leader laico come lui e i fondamentalisti islamici. Certo che è possibile: basta avere in comune lo stesso nemico, come insegnano Stalin e Roosevelt. I campi d'addestramento segreti erano localizzati in Samarra, Ramadi e Salman Pak. Gli istruttori erano ufficiali delle unità d'elite dell'esercito iracheno. Gli addestrati provenivano dai gruppi del Jihad del Nord Africa vicini ad Al Qaeda. Soprattutto dall'Algeria (Gruppo salafita per la preghiera e il combattimento) e dal Sudan (Esercito islamico sudanese). Tutto questo è andato avanti per quattro anni, dal 1999 al 2002, a un ritmo di duemila terroristi addestrati ogni anno, che fa un totale di ottomil...

A sinistra si inventano i morti anche in Iraq

Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, è uno dei giornalisti di sinistra che leggo di buon grado. Leggendolo e discutendoci una volta in un recente dibattito radiofonico a Radio 24 mi sono fatto l'idea che sia una persona intelligente. La pensiamo agli antipodi su tutto - ovviamente - ma è un avversario ideologico che tutto sommato, pur conoscendolo superficialmente, stimo abbastanza, e lo conferma anche il fatto che spesso viene intervistato su Libero. Insomma, stamattina leggo il suo editoriale su Fabrizio Quattrocchi , che nei confronti del nostro piccolo grande eroe italiano dice cose di gran lunga meno livorose di molti altri a sinistra (anche se non sono le mie idee, inutile dirlo). Poi, verso la fine dell'articolo, incappo nella seguente frase: «Fabrizio Quattrocchi - come Enzo, come Nicola, come più di duemila americani, come centinaia di inglesi, come alcuni polacchi, coreani, giapponesi, tedeschi, francesi, come quasi duecentomila iracheni - è una vittima di ques...

Pera parla a Nassiriya. E mi ricorda Reagan

Il discorso tenuto da Marcello Pera il giorno di Natale davanti ai soldati italiani a Nassiriya è un bellissimo esempio di retorica "alta", cioè quello che manca a un teatrino politico come quello italiano, dove - per evidenti carenze dei suoi protagonisti - alla seconda dichiarazione su ogni possibile argomento il dibattito è già finito in vacca. Del discorso di Pera davanti ai nostri militari (e dico "nostri" non solo perché italiani) segnalo i due passaggi che più mi sono piaciuti. Il primo, sui fatti: «L'Iraq non è solo devastazione, è - grazie anche a voi - soprattutto ricostruzione. Voi svolgete quotidianamente centinaia di interventi nel campo della sicurezza, dell'ordine pubblico, della formazione del personale, della sanità, dell'educazione scolastica, delle infrastrutture civili e militari, degli impianti idroelettrici. Collaborate nel pagamento delle pensioni, vi occupate della salvaguardia dei siti archeologici, distribuite aiuti alimentari....

La "resistenza" irachena si converte alla democrazia amerikana

I comunicati del campo antiimperialista, interfaccia italiano della "resistenza" irachena, sono una lettura istruttiva sulla situazione irachena quasi quanto le dichiarazioni di George W. Bush e Condoleeza Rice. Ho appena ricevuto l'ultimo "Notiziario del Campo Antimperialista", dal quale copio e incollo in modo integrale la risoluzione adottata subito dopo le recenti elezioni irachene ( elezioni delle quali ho scritto qui ). Al di là della propaganda, il succo del documento è chiarissimo: la "resistenza" irachena è spiazzata, è messa male sia sul piano politico che su quello militare (per la prima volta, a mia memoria, gli antiimperialisti parlano apertamente di situazione di stallo, di difficoltà senza soluzione e di possibile sconfitta, mentre i "bollettini" precedenti erano trionfali). Obtorto collo, i "resistenti" hanno deciso di accettare le regole del gioco fissate dal governo "filoamerikano". Il resto del documento...

Iraq, quello che le televisioni non dicono

Quello che le televisioni non dicono lo dice il senatore democratico Joe Lieberman , reduce dal suo quarto viaggio in Iraq, in un editoriale sul Wall Street Journal di oggi . Qui i punti essenziali. «I progressi sono visibili e concreti. Nelle regioni curde del nord la sicurezza e la prosperità aumentano ogni giorno. Il sud a maggioranza sciita è in gran parte libero dal terrorismo, può contare su più energia elettrica e servizi pubblici di quanti ne avesse sotto Saddam e sta assistendo a una grande attività economica. Il triangolo sunnita, delimitato geograficamente da Baghdad a est, Tikrit a nord e Ramadi a ovest, è dove si si verificano la maggioranza degli attacchi terroristici. Eppure, anche lì vi sono progressi». «Ci sono più automobili nelle strade, parabole per la televisione sui tetti e letteralmente milioni di cellulari nelle mani degli iracheni che mai. Tutto questo ci dice che l'economia irachena sta crescendo. E i candidati sunniti stanno facendo attivamente campagna e...

L'Iraq e il sano buon senso dell'americano medio

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Due sondaggi appena usciti in America (via Opinion Journal ), tanto per far capire che Stati Uniti e Italia si assomigliano più di quanto si pensi. Anche lì vi è una sedicente élite intellettuale convinta di essere il lievito della società. Anche lì la sedicente élite intellettuale è fondamentalmente nemica del capitalismo ed istintivamente alleata di ogni dittatore che rappresenti una minaccia per gli interessi nazionali e i diritti umani. Anche lì la sedicente élite intellettuale viene regolarmente presa a pesci in faccia dagli elettori. Ad esempio sull'Iraq. Il primo sondaggio , pubblicato sul Washington Post, dice che il 70% degli americani interpellati ritiene che le critiche alla guerra in Iraq mosse dai senatori democratici facciano male al morale delle truppe (il 44% dice che fanno "molto male"). Tra coloro che si definiscono elettori del partito Democratico la musica non cambia di molto: ben il 55% sostiene che le critiche fanno male ai soldati americani in Iraq....

Iraq, arriva il film di Bruce Willis

Bruce Willis, rottosi le scatole di vedere i soldati americani in Iraq dipinti come nazisti dai soliti cinematografari liberal di Hollywood, ha deciso di fare un film tutto suo per raccontare davvero come vanno le cose, per mettere su pellicola le storie di chi è lì a portare democrazia e di chi ammazza civili innocenti. Secondo le citazioni di Willis riportate da The Times Online , il film sarà su «quei ragazzi che fanno ciò che viene loro chiesto di fare, in cambio di una paga misera, per difendere ciò che loro chiamano libertà». «Non riesco proprio a capire per quale motivo le cose che ho visto in Iraq non vengano riportate dai mezzi di informazione», ha detto Willis alla tv americana Msnbc. Il film sarà basato sui racconti del blogger ed ex berretto verde Michael Yon e con ogni probabilità vedrà lo stesso Willis nei panni di Erik Kurilla, comandante dei soldati della unità "Deuce Four", 1° battaglione, 24° fanteria, che ha passato l'ultimo anno a combattere i ribelli...

Iraq, ecco il video che ridicolizza i democratici

Madeleine Albright, Bill Clinton, Howard Dean, Hillary Clinton e una schiera di senatori democratici e consulenti per la sicurezza nazionale dell'amministrazione Clinton dicevano sull'Iraq e le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein le stesse cose che dice oggi George W. Bush. La prova è qui , in un fantastico spot pro-Bush.

Berlusconi, Bush e la sinistra più ridicola del mondo

Non è un Paese serio, e per quanto Silvio Berlusconi si sforzi di metterci del suo gran parte del merito di questo va alla sinistra italiana. 1) Scrivono e dicono che «il premier si rimangia le parole "pacifiste" del giorno prima» (L'Unità di oggi in prima pagina); «Ennesima capriola del premier italiano: da "guerra sbagliata, io l'avevo detto" a "siamo orgogliosi di essere suoi alleati"» (Il Manifesto di oggi, prima pagina). Solo che è falso. Perché non c'è un "giorno prima" e un "giorno dopo". Non c'è nessuna retromarcia nelle dichiarazioni del premier, nessuna capriola. Non c'è stata alcuna intervista «pacifista» del presidente del Consiglio. C'è stata solo una lunghissima intervista registrata la scorsa settimana e concessa da Berlusconi a Omnibus, la trasmissione di La7, e anticipata sabato in alcuni punti. Le parole "pacifiste" che hanno fatto tanto discutere ( strumentalmente, come spiegato qui )...

Berlusconi, Bush e l'Iraq: ecco lo stenografico del 20 maggio 2004

Da ridere. Tutta la politica italiana degli ultimi giorni è ruotata intorno a questa frase di Silvio Berlusconi, di sabato 29 ottobre 2005: «Io non sono mai stato convinto che la guerra fosse il sistema migliore per arrivare a rendere democratico un Paese e a farlo uscire da una dittatura anche sanguinosa». Il Corriere della Sera ( versione on line ) titola: «Clamorosa rivelazione del Presidente del Consiglio». Clamorosa. La Repubblica: «La svolta arriva dai sondaggi». L'Unità ci apre il giornale due giorni di fila e titola (domenica 12 febbraio): «Finisce il grande inganno». Il Manifesto: «Il "presidente pacifista" è l'ultima trovata del Cavaliere». Interviene il bollito , da par suo: «Si è accorto solo adesso che era una guerra sbagliata?». Alfonso Pecoraro Scanio: «Le parole di Berlusconi sono gravissime, perché riconosce di aver messo da parte la sovranità nazionale per salvaguardare il suo rapporto con Bush». Giuseppe Fioroni (Margherita), altro titano della poli...

"Repubblica" si arrende: la democrazia si può esportare

di Fausto Carioti Travolte le ultime resistenze da dieci milioni di voti iracheni, Repubblica ammaina la bandiera della pace e alza bandiera bianca. Ha vinto George W. Bush con i suoi neocon: la democrazia si può esportare. Persino con le armi, persino nell’Islam, persino in Iraq. La resa ufficiale del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari è arrivata ieri, a firma dell’editorialista Khaled Fouad Allam. In prima pagina, in alto a sinistra, nella posizione nobile del giornale, quella che secondo tradizione “impegna” la testata. Certo, ci sono i “ma” e i distinguo, ma la resa è evidente sin dal titolo, che più chiaro non si può: «È esportata ma è democrazia». Un articolo da leggere, per chi li ha conservati, accanto all’editoriale con cui il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, il 10 maggio del 2004, cavalcando l’indignazione per gli scandali di Abu Ghraib, chiedeva all’Italia di «lasciare l’Iraq per salvare l’Occidente», definendo la guerra «sbagliata», «illegittima» e «un errore dal pu...

Piccole notizie da Fort Hood, Texas

Lynndie England è la soldatessa simbolo delle porcherie commesse nel carcere di Abu Ghraib. La England è la deficiente che da sola ha fatto più danni alla causa della democratizzazione in Iraq, cioè alla causa della civiltà, dei terroristi iracheni. La England è stata messa sulle prime pagine dei giornali di sinistra per settimane. Giustamente: fanno il loro mestiere. Ingiustamente, cioè basandosi su illazioni pure, da sinistra però ci hanno detto anche che lei e gli idioti dei suoi commilitoni agivano su indicazione dei vertici militari e politici, o quantomeno protetti dal loro silenzio consapevole e complice. Ci hanno spiegato che sarebbe finito tutto insabbiato, perché gli-americani-si-sa-come-sono-fatti. E così via, una dietrologia antiamericana dopo l'altra, a raffica. Solo che ieri la England è stata riconosciuta colpevole di sei capi d'imputazione su sette dalla corte marziale di Fort Hood, in Texas, e ora rischia dieci anni di carcere. A giorni sapremo l'ammontare ...

Prodi legittima i terroristi

di Fausto Carioti Porgono le terga ai carnefici e la chiamano pace. Se romani e milanesi, chiusi nella metro, pensano ai pendolari di Londra e abbozzano uno scongiuro o una preghiera ogni volta che vedono uno zainetto, se il terrorista Osman Hussain, uno degli autori degli attentati islamici del 21 luglio a Londra, ieri è stato scoperto a Roma, dove si presume si trovasse non per fare il turista, un ringraziamento particolare va rivolto al premier pacifista spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero e, da ieri, al suo aspirante emulo al fiocco di culatello, Romano Prodi. Le due reliquie di quello che fu l’Ulivo mondiale hanno fornito alla premiata macelleria islamica Laden & Zarqawi qualche buon motivo in più per occuparsi di noi. Con una differenza: lo spagnolo ha già fatto tutti i danni che ci poteva fare, il suo imitatore imbolsito è appena agli inizi. Il professore bolognese, nel tentativo di sfilare il voto di qualche no global e fan di Carlo Giuliani a Fausto Bertinotti nella gar...