Post

Visualizzazione dei post da 2008

Le ragioni di Israele e le colpe di Hamas

di Fausto Carioti Le bombe sganciate dagli aerei con la stella di David sui miliziani di Hamas nella striscia di Gaza sono manna dal cielo per i tanti nemici di Israele che popolano le redazioni delle agenzie, dei telegiornali e dei quotidiani europei. «Oltre 200 morti» e «carneficina» sono le espressioni che rimbalzano nei titoli e nei primi commenti. Il tutto viene farcito con le foto dei civili palestinesi disperati e degli edifici colpiti, dove il rischio, come sempre quando di mezzo c’è Israele, è che la tragedia vera si mescoli alla messinscena (forse qualcuno ricorda Adnan Hajj, il fotografo libanese dell’agenzia Reuters che nell’estate del 2006 ritoccava al computer le fotografie dei bombardamenti israeliani su Beirut per farle apparire più cruente, o le scenografie organizzate da Hezbollah, che davanti alle telecamere occidentali faceva accendere le sirene alle ambulanze vuote allo scopo di “drammatizzare” la situazione). Quindi lo Stato di Israele è malvagio ed è «come il Ter

L'alleanza del gas

Si chiama Gecf, sigla che sta per Gas exporting countries forum, e sinora se ne è parlato molto poco. La Russia sta facendo di tutto perché se ne parli di più , e - con tutte le differenze che passano tra il mercato del gas e quello del petrolio - diventi qualcosa di simile all'Opec. Per l'Europa non è una buona notizia. Al di là della questione economica - quando chi vende cerca di mettersi d'accordo, per chi compra c'è sempre poco da festeggiare - il problema vero è politico. Basta vedere i nomi dei principali Paesi esportatori di gas (come sempre, tutti questi dati sono disponibili sulla preziosissima BP Statistical Review ). La Russia ogni anno esporta via gasdotto 147,5 miliardi di metri cubi di gas (su un totale di esportazioni mondiali pari a 549,7 miliardi di metri cubi). L'Iran 6,2 miliardi. La Nigeria ne produce 35 miliardi. Del forum, oltre a questi tre Paesi, fanno parte anche Algeria, Libia, Venezuela, Qatar, Malesia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bolivi

Welcome to the Jungle

di Fausto Carioti Armato di ago, filo e buona volontà, Walter Veltroni si arrangia come può, tra una citazione di Enrico Berlinguer e una mitologia spicciola presa in prestito da Barack Obama. Ma ricostruire la verginità morale del Partito democratico non è compito alla sua portata. Un giorno si ammazza un ex assessore del Pd, inquisito. Un altro gli arrestano un sindaco. Quello dopo mettono ai domiciliari due assessori. Domani, sotto a chi tocca: ogni giorno ha la sua croce e, se si dovesse dare retta ai boatos che girano in queste ore, sarà un miracolo se alla fine dentro al Pd si salveranno in due. Quel che è peggio, manca il materiale per ricostruire l’onore perduto: la fiducia nel partito si è azzerata, l’orgoglio dell’appartenenza ha lasciato il passo alla vergogna. Apri il blog di Concita De Gregorio, direttore dell’Unità, e leggi lo sconsolato lettore - uno dei tanti, c’è solo l’imbarazzo della scelta - che scrive: «Dalle ultime (e non solo le ultime...) vicende giudiziarie e p

Ritratto di Carlo Caracciolo, inventore di giornali e gran nemico di Berlusconi

di Fausto Carioti Il cognome, l’incarico, i titoli nobiliari, la parentela con gli Agnelli e tutto il resto non devono ingannare. Don Carlo Caracciolo, fondatore dell’Espresso e di Repubblica, principe di Castagneto e duca di Melito, morto ieri nella sua casa di Roma all’età di 83 anni, si era davvero fatto da solo. Un piccolo imprenditore amante dell’azzardo che amava i giornali e le tipografie, e soprattutto era incuriosito dalla fauna umana che vive nelle redazioni. Vendicativo quanto basta per andare orgoglioso della lista dei suoi nemici, dove al primo posto, dal 1991, aveva messo Silvio Berlusconi. Un po’ per bravura e un po’ perché la fortuna spesso arride agli incoscienti, era riuscito a creare un solido gruppo editoriale, riuscendo a fare soldi laddove tanti altri sono riusciti solo ad accumulare debiti. Era nato nell’ottobre del 1925. Suo padre era il nobile napoletano Filippo Caracciolo, diplomatico e antifascista, che fu anche segretario del partito d’Azione. Sua madre, Mar

Chiunque vinca in Abruzzo, Veltroni ha perso

di Fausto Carioti Impossibile sapere adesso chi sarà il vincitore delle elezioni regionali in Abruzzo, dove si vota oggi e lunedì. Il nome del vero sconfitto, però, già si conosce: è Walter Veltroni. Qualunque cosa facciano gli elettori, il segretario del Partito democratico uscirà dal voto con le ossa rotte e con molti più problemi di quanti ne avesse prima. Un po’ perché la sorte è stata avara con lui, e lo ha messo sin dall’inizio in una situazione difficile. Un po’ perché Veltroni, per non smentirsi, ci ha aggiunto del suo. Gli elettori abruzzesi sono stati chiamati alle urne in seguito alle vicende giudiziarie che a luglio avevano portato alle dimissioni del governatore Ottaviano del Turco, esponente del Partito democratico. Del Turco aveva vinto le elezioni nell’aprile del 2005 e governato la regione sorretto dalla coalizione dell’Unione. A succedergli si sono candidati in sei, ma la vittoria se la giocheranno in due: Gianni Chiodi, del Popolo della Libertà, e Carlo Costantini, d

La presa in giro della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo

Ineffabile, il Tg1 del 9 dicembre, in prima serata, l'ha ritenuta la prima notizia da dare ai telespettatori. E non è stato l'unica testata italiana a dare un risalto così vasto ai sessant'anni della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Difficile, in queste ore, scampare ai fiumi di retorica che celebrano l'evento. Oltre ai toni da Istituto Luce, tutti i servizi hanno in comune il solito luogocomunismo. Sono tutti uguali, seguono lo stesso copione: la Carta dei diritti dell'uomo è una cosa meravigliosa, le Nazioni Unite vorrebbero che diventasse la costituzione unica mondiale, ma tanti Paesi - cinici e cattivi - ancora non la applicano. Quali Paesi? Ecco, qui viene il problema. Il Tg1 (ineffabile, ma forse l'ho già scritto) non li nomina, ma in compenso condisce il suo servizio con immagini dei polizotti bianchi che da qualche parte, negli Stati Uniti, maltrattano uomini di colore, probabilmente delinquenti colti sul fatto. Così, si insinua che so

"Not just those on the left"

I mugugni della sinistra democratica nei confronti di Barack Obama si beccano la prima reprimenda dallo staff del presidente eletto. Steve Hildebrand, deputy campaign manager di Obama, insomma uno dell' inner circle del prossimo inquilino della Casa Bianca, scrive sull'Huffington Post come funzionano le cose da quelle parti: This is not a time for the left wing of our Party to draw conclusions about the Cabinet and White House appointments that President-Elect Obama is making. Some believe the appointments generally aren't progressive enough. Having worked with former Senator Obama for the last two years, I can tell you, that isn't the way he thinks and it's not likely the way he will lead. The problems I mentioned above and the many I didn't, suggest that our president surround himself with the most qualified people to address these challenges. After all, he was elected to be the president of all the people - not just those on the left. Chi vuole saperne di p

Lost in traslescion

La sinistra democratica, negli Stati Uniti, se ne sta dolorosamente rendendo conto. Barack Obama sta gettando le basi per una politica centrista, e soprattutto di quella discontinuità invocata in politica estera proprio non c'è traccia. Anzi, i segnali arrivati sinora dal presidente eletto sono di segno opposto. In un articolo tutto da leggere, Politico.com fa il punto sul "disillusionment" dei liberals : «Liberals are growing increasingly nervous – and some just flat-out angry – that President-elect Barack Obama seems to be stiffing them on Cabinet jobs and policy choices. Obama has reversed pledges to immediately repeal tax cuts for the wealthy and take on Big Oil. He’s hedged his call for a quick drawdown in Iraq. And he’s stocking his White House with anything but stalwarts of the left». Tempo che finiscano di tradurre le dichiarazioni di Obama e gli articoli scritti su di lui, e se accorgeranno anche dentro al Pd.

Dasvidania

Si era alzato qualche sopracciglio, tra i miei amici di centrodestra, quando avevo scritto che ormai, in politica estera, l'Italia di Silvio Berlusconi è più vicina a Mosca che a Washington . La conferma (l'ennesima) è appena arrivata dal vertice dei ministri degli Esteri della Nato. Radio Free Europe racconta così la reazione di Dmitry Rogozin, inviato del Cremlino al vertice dell'Alleanza atlantica, dopo che i ministri degli Esteri Nato avevano negato a Ucraina e Georgia il Membership action plan, ovvero l’accordo di pre-adesione all’Alleanza: Both times -- at the NATO summit in Bucharest in April and at this week's foreign ministers' meeting in Brussels -- the allies appeared to back down in the face of fierce Russian resistance to Tbilisi and Kyiv's bids. And as Rogozin delighted in pointing out, in both instances the Western alliance was deeply divided with the United States, Great Britain, and a group of Eastern European members supporting expansion, and

Non ci voleva un genio

Su Libero e su questo blog, martedì 18 novembre : «A ben guardare la casa delle libertà, quella vera, dove ognuno fa quello che gli pare, è il Partito democratico». Sul Riformista, Arturo Parisi, oggi : «Ho paura che il Pd sia la vera casa delle libertà».

Il ceto medio, le famiglie e il governo: intervista a Maurizio Sacconi

di Fausto Carioti Approvato il pacchetto anti-crisi, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, approfitta del giorno di relativo riposo per spiegare a Libero il senso dei provvedimenti appena varati e anticipare i prossimi interventi. Quanto prima, infatti, il governo convocherà le Regioni per cambiare il modo con cui i fondi europei sono utilizzati. L’obiettivo è usare i soldi che arrivano da Bruxelles per finanziare i sussidi e la formazione e per creare nuove infrastrutture, anche allo scopo di mettere in circolazione denaro fresco e dare un po’ di ossigeno all’economia. Appena possibile, poi, l’esecutivo intende tornare al sistema delle deduzioni per carichi familiari (che riducono la base imponibile avvantaggiando le famiglie numerose), «colpevolmente» cancellato da Romano Prodi e Vincenzo Visco. Ministro, è soddisfatto del decreto? «Molto. C’è una visione chiara che tiene insieme la manovra di giugno e quella attuale». Che tipo di visione? «Da un lato la consapevolezza che quest

Il Wall Street Journal intervista Geert Wilders

Di Geert Wilders, 45 anni, olandese, presidente del Partito per la Libertà e autore di Fitna , ho scritto qui . Mentre i giornali italiani fanno a gara nell'ignorarlo (e quando ne parlano lo trattano come potete immaginare) il Wall Street Journal gli ha appena dedicato l'intervista più importante della settimana. Nella quale Wilders, politicamente scorretto com'è (è il motivo per cui qui lo si adora, e ci si guarda bene dal definire le sue uscite come "provocazioni", perché proprio non lo sono), tira fuori alcune di quelle banali verità che in Italia, ormai, dicono solo pochi leghisti. Cose tipo: We should wake up and tell ourselves: You're not a xenophobe, you're not a racist, you're not a crazy guy if you say, 'My culture is better than yours.' A culture based on Christianity, Judaism, humanism is better. Look at how we treat women, look at how we treat apostates, look at how we go with the separation of church and state. I can give you 500 e

Islam chiama Obama

La discussione sul gruppo di appartenenza degli autori degli attentati a Mumbai è del tutto inutile. Non ha senso chiedersi se appartengono o meno ad Al Qaeda, visto che quello di Al Qaeda di fatto è un franchising gratuito, un marchio di cui si può appropriare praticamente chiunque voglia compiere attentati in nome dell'Islam. Ciò che conta, invece, è l'appartenenza religiosa dei terroristi e il loro obiettivo: gli americani, gli inglesi, gli ebrei. Come ha detto il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, «there is no doubt that the targets the terrorists singled out were Jewish, Israeli targets and targets identified with the West, Americans and Britons. Our world is under attack, it doesn't matter whether it happens in India or somewhere else. There are Islamic extremists who don't accept our existence or Western values». La strage è il benvenuto del terrorismo islamico al presidente eletto americano, Barack Obama. Vuol dire che i mujaheddin cacceranno i citt

Obama fa le prove da falco

Dunque, il nuovo segretario americano alla Difesa sarà quello vecchio. Cioè quello di George W. Bush. Cioè Robert Gates, l'uomo che ha gestito la strategia della seconda fase della guerra in Iraq e in Afghanistan. Favorevole all'installazione e allo sviluppo di nuovi sistemi d'arma, incluso quello scudo antimissile nell'est Europa che la Gazprom (pardon, la Russia) di Vladimir Putin e Dmitry Medvedev vede come una minaccia diretta. Di sicuro, non sarà Gates l'uomo dell'appeasement con il Cremlino. Abc News  ci scherza sopra: «Barack Obama's campaign credo: Change is good. President-elect Barack Obama's credo: When it comes to war and peace, maybe wisdom is better». Come segnale di discontinuità rispetto al passato, la conferma di Gates non è proprio il massimo. Sono i primi, piccoli mal di pancia che Obama sta procurando alla sinistra italiana. Ne seguiranno altri, più grossi. Per saperne di più: Gates agrees to stay on under Obama e  Russia poses chall

Il Pd a un passo dalla fine

di Fausto Carioti Il destino vuole che nelle stesse ore in cui nasce ufficialmente il partito unitario del centrodestra venga certificato lo stato di agonia del partito unitario di centrosinistra. La fusione di Forza Italia e An nel Popolo della libertà era prevista. Lì dentro, nel bene e nel male, le cose sono chiare: è Silvio Berlusconi che decide e, una volta che ha scelto, margini di incertezza non ce ne sono. Certo, i problemi non mancano, ma riguardano soprattutto i rapporti con la Lega, cioè con un alleato che sta diventando troppo forte e pretende di trattare alla pari, almeno nelle regioni del Nord. La decomposizione del partito democratico, invece, proprio non era messa in conto. Di sicuro non così presto (si aspettavano almeno le elezioni europee di giugno) e non così devastante. Ed è la vera novità di questi giorni. Smaltita la sbornia per la vittoria di Barack Obama, a largo del Nazareno, sede del condominio Pd, si è tornati a litigare sull’ingresso nel Partito socialista

Epifani torna sulla Terra

di Fausto Carioti La crisi economica? Sarà molto più dura del previsto. Il grande sciopero generale del 12 dicembre? Si può anche non fare. No, non è Giulio Tremonti. Per un giorno ( dies aureo signanda lapillo ) è toccato a Guglielmo Epifani usare il linguaggio del realismo. È presto per dire se la lunga serie di toppe inanellate dal segretario della Cgil, culminate nella rottura con Cisl e Uil, lo abbia indotto a una svolta, oppure se si tratti dell’ennesimo tatticismo destinato a durare poche ore. Ma di sicuro Epifani ieri è apparso molto meno bellicoso e intransigente dei giorni precedenti. Disponibile al dialogo, verrebbe da dire se si trattasse di un’altra persona. «Dalla ricognizione che stiamo facendo in queste ore esce una crisi ancora più pesante. Sta arrivando una valanga e c’è bisogno di un intervento di proporzioni molto forti», ha detto il sindacalista. Quanto al maxi-sciopero, ha assicurato che se il governo dovesse accogliere «il senso delle proposte» della Cgil, la sua

C'è grossa crisi. Chiamiamo l'Onu

di Fausto Carioti «C’è grossa crisi», diceva il santone in accappatoio bianco interpretato da Corrado Guzzanti. «C’è grande allarme e viva preoccupazione» hanno detto ieri i vertici dell’Associazione nazionale magistrati, il sindacato delle toghe. Anzi, l’hanno proprio scritto. E hanno inviato il loro grido di dolore all’unico indirizzo dove erano sicuri di essere presi sul serio: la sede delle Nazioni Unite. Tutto vero. Luca Palamara e Giuseppe Cascini, presidente e segretario dell’Anm, ieri hanno segnalato il “caso Italia” al relatore speciale per i diritti umani dell’Onu, l’argentino Leandro Despouy, invitandolo a venire nel nostro Paese per controllare «quanto sta accadendo» tra governo e magistrati. Non è la prima volta. Nel 2002, ad esempio (premier Silvio Berlusconi, ministro della Giustizia Roberto Castelli), il predecessore di Despouy, il malese Param Cumaraswamy, compilò una relazione nella quale, come ricordato ieri con orgoglio dall’Anm, «definiva fondati i timori per l’ind

Ma il problema di D'Alema non era la Forleo

di Fausto Carioti Poi dicono che i grandi accordi non sono più possibili, che la politica è diventata una guerra tra bande e altre cattiverie del genere. Ma quando mai: 543 sì, 90 astenuti e appena 43 voti contrari. Con un consenso che più bipartisan non si può (appena il 6 per cento di voti contrari, manco nella Russia di Vladimir Putin) ieri il Parlamento di Strasburgo ha confermato l’immunità di Massimo D’Alema, finito nel mirino dei magistrati milanesi per il ruolo che avrebbe ricoperto nella fallita scalata della Unipol alla Bnl. Tutti d’accordo, tutti garantisti, tutti felici: festeggia il diretto interessato, brindano i suoi compagni di partito, alzano i calici gli amici italiani del centrodestra e anche i tanti europarlamentari di altri Paesi e di ogni parte politica che lo hanno difeso. Gran parte dei quali manco sa che faccia abbia D’Alema e tantomeno perché la procura di Milano ce l’avesse con lui. Ma sa benissimo che in questi casi votare per l’immunità del collega è come f

Il Ground zero della sinistra

di Fausto Carioti Ministri di Romano Prodi che parlano male delle scelte di Romano Prodi. Presunti talenti della politica, portati alla ribalta da Walter Veltroni, che dicono peste e corna delle proposte del loro mentore. A ben guardare la casa delle libertà, quella vera, dove ognuno fa quello che gli pare, è il Partito democratico. L’ultima occasione è il nuovo libro di Francesco Delzio, top manager di Piaggio ed ex direttore dei Giovani di Confindustria. S’intitola " Politica ground zero ", lo ha appena stampato Rubbettino e costa 12 euro. Il precedente libro di Delzio, " Generazione Tuareg ", fu un piccolo caso editoriale citato da tanti, a destra come a sinistra (più di tutti ne parlò Gianfranco Fini), ed è normale che su questo nuovo saggio ci siano parecchie aspettative. Che non restano deluse. La tesi di Delzio è che si rischia, tempo qualche decennio, un mondo senza politica, almeno «nella sua forma più celebrata, la Democrazia. Troppo costosa, troppo ineffi

Solidarietà femminile interreligiosa

Lei si chiama Nagla Al-Imam. E' un'avvocatessa egiziana. Suggerisce ai giovani arabi di molestare sessualmente, in qualunque modo, ogni ragazza israeliana che incontrano. Come nuovo strumento di resistenza contro Israele. Dice anche che le ragazze israeliane importunate non hanno alcun diritto di reagire. Ovviamente, Al-Arabiya l'ha intervistata. Questo, grazie al Middle east media research institute , è il testo sbobinato dell'intervista: Interviewer : Egyptian lawyer Nagla Al-Imam has proposed that young Arab men should sexually harass Israeli girls wherever they may be and using any possible method, as a new means in the resistance against Israel. [...] Interviewer : We have with us the lawyer Nagla Al-Imam from Cairo. Welcome. What is the purpose of this proposal of yours? Nagla Al-Imam : This is a form of resistance. In my opinion, they are fair game for all Arabs, and there is nothing wrong with... Interviewer : On what grounds? Nagla Al-Imam : First of all, they

Perché Bush è meglio di Tremonti

Lo so che non va di moda citare George W. Bush. Nemmeno tra i repubblicani americani. Figuriamoci tra noialtri conservatorotti italiani. Però, quando il presidente americano uscente dice che History has shown that the greater threat to economic prosperity is not too little government involvement in the market, it is too much government involvement in the market . We saw this in the case of Fannie Mae and Freddie Mac . Because these firms were chartered by the U.S. Congress, many believed they were backed by the full faith and credit of the U. S. government. Investors put huge amounts of money into Fannie and Freddie, which they used to build up irresponsibly large portfolios of mortgage-backed securities. When the housing market declined, these securities, of course, plummeted in value. It took a taxpayer-funded rescue to keep Fannie and Freddie from collapsing in a way that would have devastated the global financial system. There is a clear lesson: Our aim should not be more governme

A un passo dalla crisi diplomatica con gli Usa

di Fausto Carioti Viene quasi da ridere a scriverla, per quanto appare paradossale. Ma siccome è la verità, tanto vale dire le cose come stanno. Silvio Berlusconi, in politica estera, in questi pochi mesi di governo è riuscito a fare quello che Palmiro Togliatti e i suoi successori alla guida del Pci hanno tentato, senza successo, per mezzo secolo: portare l’Italia nella sfera d’influenza del Cremlino e allontanarla dall’orbita americana. Oggi siamo il Paese occidentale più vicino alla Russia. Che non sarà più il cuore dell’Unione sovietica. Ma resta governata dai figli del Kgb, il servizio segreto del partito comunista. Questo, comunque, sarebbe il meno. La Russia, in fin dei conti, sembra quasi una democrazia e soprattutto ci vende il gas, senza il quale passeremmo l’inverno al freddo e a luci spente. I motivi per un buon matrimonio di convenienza, insomma, ci sarebbero pure. Il problema vero è l’altro: gli Stati Uniti d’America. Perché, se non si fosse ancora capito, siamo a un pass

L'autunno della Mortadella

di Fausto Carioti Ma chi glielo ha fatto fare? Perché i suoi amici non gliel’hanno impedito? E la signora Flavia, come mai non gli ha detto nulla, che le brave mogli dovrebbero servire proprio a evitare ai mariti certe figuracce senili e rancorose? I fratelli, che ne ha un’intera squadra di calcio, perché non gli hanno spiegato, in tono gentile e con caute perifrasi, che così diventa ridicolo? Insomma, Romano Prodi domenica sera torna a mostrare il suo faccione in televisione (Raitre, “Report”, ore 21.30: i masochisti prendano appunti) e la sua rentrée ha già il sapore di una tragedia umanitaria. È un classico caso da manuale di psichiatria geriatrica. Lui è andato in pensione, il lavoro e il potere gli mancano, nessuno lo cerca più, i colleghi di un tempo lo hanno dimenticato, i leccaculo che lo circondavano si dedicano ad altre terga. Sic transit gloria mundi. Poi vede che quello che ha preso il suo posto a palazzo Chigi, il nemico di sempre, tira dritto come un treno e macina consen

Il prezzo da pagare per non aver ucciso l'Udc

di Fausto Carioti In politica l’efficacia è tutto. Una delle poche regole dell’ambiente dice che, se non puoi ammazzare chi ti leva i voti, almeno prova a fartelo amico. Silvio Berlusconi a fare fuori l’Udc ci ha provato sul serio. Ci è anche andato molto vicino. Ma non ci è riuscito. Il progetto di cambiare la legge elettorale per le Europee, che introduceva una soglia di sbarramento al 5%, doveva servire proprio a spedire al parlamento di Strasburgo solo il Pdl e il Pd, e tutt’al più la Lega e l’Italia dei valori. Per il partito di Pier Ferdinando Casini sarebbe stata la mazzata finale. Inesistente al Senato, ininfluente alla Camera, se l’Unione di centro fosse stata estromessa pure dal parlamento europeo sarebbe diventata un partito-fantasma, tipo Rifondazione Comunista. Ma il presidente del consiglio aveva sopravvalutato la tenuta di Veltroni e dei suoi. Ai quali una simile legge elettorale sarebbe andata benissimo, ma non volevano metterci la faccia sopra. E siccome Berlusconi non

Il gusto democratico per la miseria genuina

Lo scienziato Roberto Defez, su Left Wing, fa doverosamente a pezzetti le balle che Vandana Shiva ha appena raccontato al salone del gusto di Torino, e che il servizietto pubblico d'informazione, tramite l'immancabile Tg3, ha provveduto a rilanciare in tutte le case. Avete presente la storia per cui «semi sterili ogm hanno causato in questi anni centomila suicidi tra i contadini indiani»? Ecco, quella roba lì. Una storia che non sta proprio in piedi. Dimenticavo: Vandana Shiva era uno dei "docenti" invitati alla scuola estiva del Pd. Defez, scienziato serio appartenente alla sinistra moderna, ovviamente no. Ma quant'è evoluto questo Pd.   Qui l'articolo di Defez .

Il nero Veltroni

di Fausto Carioti «I care. We can. They win». Difficile trovare per Walter Veltroni una sintesi migliore di quella che Edmondo Berselli gli ha dedicato nel suo ultimo libro. «I care» è lo slogan che Veltroni scelse nel 2000 per il congresso torinese dei Ds. Ideato oltre mezzo secolo fa dai movimenti “impegnati” americani, era già stato adottato da don Lorenzo Milani, anch’egli, a sua volta, oggetto dei plagi veltroniani. «We can», come sanno anche i sassi, è il grido di battaglia che ha portato Barack Obama a essere eletto presidente degli Stati Uniti: Veltroni s’è fregato pure questo. «They win», infine, è l’esito spietato di tutti questi scimmiottamenti: perché poi, anche nel mondo a tinte pastello di Walter, alla fine sono sempre gli altri che vincono. Persino questa storia dal finale triste, però, ha il suo lato divertente: come il coyote dei cartoni animati, Veltroni non si arrende mai, ogni puntata ha un nuovo entusiasmo che lo spinge a tirare avanti. Adesso è diventato il primo