L'Iraq e il sano buon senso dell'americano medio

Due sondaggi appena usciti in America (via Opinion Journal), tanto per far capire che Stati Uniti e Italia si assomigliano più di quanto si pensi. Anche lì vi è una sedicente élite intellettuale convinta di essere il lievito della società. Anche lì la sedicente élite intellettuale è fondamentalmente nemica del capitalismo ed istintivamente alleata di ogni dittatore che rappresenti una minaccia per gli interessi nazionali e i diritti umani. Anche lì la sedicente élite intellettuale viene regolarmente presa a pesci in faccia dagli elettori. Ad esempio sull'Iraq.
Il primo sondaggio, pubblicato sul Washington Post, dice che il 70% degli americani interpellati ritiene che le critiche alla guerra in Iraq mosse dai senatori democratici facciano male al morale delle truppe (il 44% dice che fanno "molto male"). Tra coloro che si definiscono elettori del partito Democratico la musica non cambia di molto: ben il 55% sostiene che le critiche fanno male ai soldati americani in Iraq.
Un secondo sondaggio, stavolta di Pew Research Center for the People and the Press, ci fa sapere che l'opinione pubblica americana è assai più ottimista sull'esito del processo di democratizzazione in Iraq (e cioè sul successo della dottrina Bush) di quanto non lo sia qualunque gruppo di "opinion leader". Tra i più pessimisti, come si vede, gli scienziati e gli accademici. Tra gli ottimisti, i militari e la gente comune. Da notare che tra i professionisti del settore dei media (giornalisti e affini) il rapporto pessimisti/ottimisti è quasi di due a uno. E questo, magari, spiega la qualità di certi reportage.

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