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Visualizzazione dei post da febbraio, 2009

Testamento biologico: la tentazione di non decidere

di Fausto Carioti Ieri il Parlamento ha provato a dare l’ennesima conferma al motto di Giuseppe Prezzolini: «In Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio». Era la sera del 9 febbraio, qualcuno lo ricorderà: durante la seduta del Senato più drammatica delle ultime legislature era morta Eluana Englaro. Centrodestra e centrosinistra, divisi su tutto (anche al loro interno) e rivelatisi incapaci di approvare una qualunque legge sul testamento biologico, immersi nella enormità del momento, avevano trovato finalmente un’intesa. La annunciarono con toni solenni: entro quindici giorni, in commissione Sanità, avrebbero preparato un progetto di legge condiviso. Altrimenti si sarebbe ricominciato dal testo scritto dal governo. Insomma, una “pausina” di riflessione per scrivere tutti assieme una buona legge, senza dover fare più i conti con la vita di Eluana. E poi, dopo due settimane, via spediti, perché non si dovesse ripetere un caso simile. «Mai più», dicevano in coro. Bene. Anzi, male. Pe

Napolitano e i baroni dell'università

di Fausto Carioti Che il governo Berlusconi riesca davvero a liberare le università da «sprechi, privilegi, baronati e parentati», come ha detto di voler fare il presidente del consiglio, è tutta da vedere. Quella che il premio Nobel Milton Friedman chiamava «la tirannia dello status quo», ovvero il potere delle caste e delle burocrazie di bloccare le riforme sgradite, è una bestia dura da sconfiggere. L’unica certezza è che, se il governo ci riuscisse, ad avvantaggiarsene sarebbero soprattutto i professori più giovani e meritevoli e gli studenti. Cioè le due categorie per cui tutti dicono di voler fare qualcosa, e alla fine nessuno fa nulla. L’economista Roberto Perotti ha pubblicato da poco un libro, " L’università truccata ", dedicato proprio a certi malcostumi accademici. Con alcuni numeri che spiegano la situazione meglio di mille inchieste. Ad esempio, nella facoltà di Economia dell’ateneo di Bari «almeno 42 docenti su 179 (quasi il 25 percento) risultano avere almeno u

Nucleare: vincitori e sconfitti dell'intesa Berlusconi-Sarkozy

di Fausto Carioti È quello che succede agli sprovveduti. Poche settimane fa la sinistra italiana aveva scelto Nicolas Sarkozy come nuova luminosa guida dell’ambientalismo mondiale. Il presidente francese aveva appena frenato il tentativo italiano di allentare gli insostenibili vincoli europei che impongono la riduzione del venti per cento dei “gas serra” entro il 2020. Roberto Della Seta, capogruppo del Pd in commissione Ambiente, veltroneggiava felice: «Bravo Sarkozy, le sue parole sul pacchetto-clima sono una lezione di buon senso per la destra italiana». Pure la leader dei Verdi Grazia Francescato applaudiva commossa: «Sarkozy si è assunto con decisione il ruolo di paladino delle politiche ambientali». Cadeva vittima del mal francese persino il segretario rifondarolo Paolo Ferrero: «Sarkozy ha ragione e Berlusconi ha torto. Non vi è nessuna ragione perché la crisi economica modifichi gli impegni dell’Europa sul clima». A chi conosce un po’ la faccenda veniva da ridere. Sarkozy, infa

Un testamento biologico per il Pd

di Fausto Carioti Il «vicedisastro», come l’ha ribattezzato il suo compagno di partito Matteo Renzi, ha esordito come peggio non poteva. Ma il vuoto della politica che è dietro ai ragionamenti sin qui espressi da Dario Franceschini, ex numero due del «disastro» Walter Veltroni e attuale segretario del Partito democratico, non è l’unico responsabile della sua partenza azzoppata. C’entrano anche il calendario parlamentare, che gli ha messo subito davanti uno scoglio duro come il testamento biologico, e il peccato originale del Pd, del quale non si è mai capito, per dire, se è un partito socialista, liberale o laicamente cattolico. Resta il fatto che l’assenza di personalità del nuovo segretario («uno che non pare brillantissimo», secondo l’eufemistica definizione di Emma Bonino) è garanzia di proseguimento della corsa verso il baratro. Cosa che sta puntualmente avvenendo. «Ora inizia davvero la stagione dell’unità» aveva detto Franceschini sabato, nel suo primo discorso da leader. A dire

L'idolo della base

Sondaggio online di Repubblica.it, 10 giugno 2007 . La domanda è: «Chi preferiresti come leader del partito democratico?». Votano 150mila persone. Dario Franceschini ha l'1% dei voti. Sondaggio online di Repubblica.it, 18 febbraio 2009 . La domanda è: «Dopo le dimissioni di Veltroni, chi potrà guidare, secondo voi, il partito?». Rispondono oltre 130mila persone. Franceschini ottiene l'1,2% dei voti. Sondaggio online del Corriere.it, 18 febbraio 2009 . La domanda è: «Walter Veltroni si è dimesso. Chi vorresti alla guida del Pd?». Rispondono quasi 48mila persone. Franceschini ha l'1,4% dei voti.

Chi ha paura delle ronde pensionate

di Fausto Carioti Disarmate, non pagate, anziane (dovranno essere composte per lo più da agenti in pensione) e messe sotto il controllo dei prefetti, pochi dei quali hanno il cuor di leone. Più mosce di così, le ronde volute dalla Lega e approvate ieri dal governo nel decreto antistupri non potevano essere. È una costante del Carroccio: parte con propositi roboanti e finisce per ottenere risultati risibili. Andò così anche con la legge Bossi-Fini, nel 2001. La Lega diceva da tempo di voler introdurre il reato di clandestinità. Ma il governo non lo fece. Per giustificare la marcia indietro, Umberto Bossi disse che «se entriamo nel penale, ci dobbiamo tenere almeno per dieci anni le migliaia di extracomunitari che commettono reati, perché tra rinvii, ricorsi e appelli, questi riusciranno di nuovo a mimetizzarsi nel Paese». Ammesso che fosse vero, potevano accorgersene prima. Dire che la Lega urla tanto per raccogliere poco, però, non conviene né agli uomini di Bossi né ai loro avversari:

La crisi delle banche è un'opportunità per Berlusconi

di Fausto Carioti Silvio Berlusconi deve le sue fortune imprenditoriali e politiche alla capacità di trasformare le crisi degli altri in opportunità per lui. È sempre stato così. Quando gli altri editori privati uscivano con le ossa rotte dai primi tentativi di fare concorrenza alla Rai, lui intuì la possibilità di creare nientemeno che un nuovo polo televisivo per abbattere il monopolio pubblico. Nel 1986 il Milan di Giussy Farina era sull’orlo del fallimento: Berlusconi lo comprò, vinse lo scudetto due anni dopo e ne fece un eccezionale veicolo di autopromozione. Nel 1994 del vecchio pentapartito abbattuto dalle inchieste giudiziarie restavano solo le macerie, su cui si preparavano a passare i cingoli della «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto. Ma dove tanti vedevano un Paese rassegnato a finire in mano allo stato maggiore del vecchio Pci, lui vide milioni di voti alla disperata ricerca di qualcuno che tendesse la mano per raccoglierli. Ecco, ora Berlusconi crede di trova

Franceschini, il vuoto che avanza

di Fausto Carioti «Nel 1976, con l’arrivo di Benigno Zaccagnini alla segreteria, presi la tessera della Dc. C’era grande entusiasmo. Zaccagnini ispirava rinnovamento». Dario Franceschini era già tutto lì, in quel suo primo gesto politico raccontato anni dopo a Vittorio Zincone. Delle tante cose per cui ci si può eccitare a diciott’anni, età meravigliosa, lui aveva scelto Zaccagnini. Il resto della sua carriera politica, culminata in questi giorni con la reggenza del partito democratico, che manterrà fin quando non troveranno un leader più credibile di lui (e per quanto strano possa sembrare non è detto che avvenga presto), è stato coerente con quel momento. Personaggio freddo, a tratti gelido, onnipresente in televisione. Dove, pur essendo tutt’altro che brillante, in questi mesi ha potuto contare sul fatto di essere comunque più efficace di Walter Veltroni, del quale è una sorta di clone democristiano, e quindi più cattivo. Sempre capace, però, di entusiasmi inspiegabili nei momenti p

La favola di San Soru Martire

di Fausto Carioti Antonio Gramsci, che l’Unità la fondò nel 1924, scriveva che «dire la verità è un’azione rivoluzionaria». Ma Concita De Gregorio, che l’Unità la dirige oggi, è una signora tranquilla che a fare la rivoluzione manco ci pensa, e così si accontenta delle mezze verità. Anche di meno, se serve. Nell’editoriale di ieri, ad esempio, con tono soave e modi decisi, si è presa la bega di difendere il suo editore, Renato Soru, appena raso al suolo dal figlio del commercialista di Silvio Berlusconi, Ugo Cappellacci. Alle elezioni regionali sarde il Pd ha ottenuto il 24% dei voti (alle politiche, un anno fa, aveva preso il 36%), tanto da costringere Walter Veltroni alle dimissioni. Di chi la colpa? Per il direttore dell’Unità la risposta è facile: di tutti, tranne che di Soru. Intanto, c’è un colpevole buono per tutte le stagioni. Soru, scrive la De Gregorio, «è rimasto vittima dello strapotere mediatico ed economico del premier». Come alibi, però, se ne sono visti di migliori. Int

Pregiudizi leggermente fondati

Il fondatore di una tv islamica che trasmette negli Usa ha confessato la decapitazione della moglie, che lo aveva denunciato per violenza domestica e aveva chiesto il divorzio. Il 44enne Muzzammil Hassan, amministratore delegato di Bridges Tv, nata nel 2004 con l'obiettivo di contrastare i pregiudizi sui musulmani dopo l'11 settembre, ha chiamato la polizia di Buffalo, nello stato New York, e ha riferito di aver ucciso la consorte Aasiya Hassan, di 37 anni. Il resto qui .

Il futuro leader del Pd è già passato

Tanto per essere chiari: all'apertura delle urne non avrei puntato un euro sulla vittoria di Ugo Cappellacci alle elezioni regionali sarde. Sino a poche ore fa, gli stessi vertici di Forza Italia davano per quasi certa la sconfitta. L'unico che credeva nella possibile vittoria di Cappellacci era lui stesso, ma non è che qui a Roma lo prendessero molto sul serio. E invece. Il vero tema delle elezioni sarde, però, non è questo. Il tema è la sconfitta di Renato Soru. Anzi: la sua batosta. Queste elezioni le ha volute lui con tutte le sue forze, sfidando il suo partito. Lo davano come prossimo leader del centrosinistra. Repubblica e l'Espresso già ce lo avevano rivenduto come il futuro del Partito democratico. Soru ci credeva, tanto da comprarsi l'Unità perché, assieme al meraviglioso "modello Sardegna", gli facesse da trampolino per la sua ascesa nazionale. Doveva essere un Silvio Berlusconi ecocompatibile, equo e solidale. Ricco anche lui, imprenditore paraculo

Il governo, le banche e il capitalismo senza capitali

di Fausto Carioti Il capitalismo italiano era povero di capitali già ai tempi delle vacche grasse. Adesso che le poche mucche rimaste vive sono tutte pelle e ossa, dei soldi necessari a far girare l'economia non ce ne è traccia alcuna. Ma chi vede nella situazione attuale i segni del fallimento del mercato e magari ne approfitta per brindare alla fine del capitalismo, sbaglia di brutto. Sbaglia nella diagnosi, perché gli errori alla base della crisi mondiale sono del settore pubblico: della Federal Reserve americana, che per anni ha reso il credito troppo facile negli Stati Uniti, e di agenzie paragovernative come le famigerate Fannie Mae e Freddie Mac, che spinte dal congresso e dall'amministrazione di Washington (sin dai tempi di Bill Clinton) hanno finanziato acquisti di case da parte delle famiglie più povere seguendo logiche che col mercato non avevano nulla a che vedere. E sbaglia nella terapia, perché per redistribuire i soldi occorre prima crearli, e il mercato è l'

Una buona idea del ministro Brunetta

di Fausto Carioti Come disse Albert Einstein al poeta francese Paul Valéry, «una buona idea è veramente rara». In Italia, poi, appena ne spunta fuori una, subito viene declassata al rango di «provocazione». Peccato, perché l’idea lanciata ieri dal ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, è buona davvero: i dipendenti statali che oggi aderiranno allo sciopero indetto dalla Cgil dovrebbero restituire i 70 euro di aumento che riceveranno a fine mese, previsti da quell’accordo che la Cgil si è rifiutata di firmare. Ha persino un sapore liberale. Perché non c’è libertà senza responsabilità: i lavoratori sono liberissimi - ci mancherebbe - di contestare l’intesa siglata dall’esecutivo con Cisl, Uil e gli altri sindacati. Però dovrebbero anche prendersi la responsabilità di rifiutare i vantaggi che vengono da quell’accordo, iniziando proprio dai soldi. Ovviamente non accadrà nulla di tutto questo: i tesserati di Guglielmo Epifani oggi manifesteranno indignati, il 27 si mette

Amnesty e la lagna dell'Italia razzista

di Fausto Carioti Ogni nuova norma sull’immigrazione diventa il ritorno delle leggi razziali, ogni clandestino fatto espatriare è l’inizio di una nuova shoah, ogni anno per colpa dell’uomo si estingue qualche migliaio di specie animali, viene distrutto un quarto della foresta amazzonica e si avvicina di qualche decennio lo scioglimento delle calotte polari. È il grande problema delle associazioni umanitarie ed ecologiste: per dare senso alla loro esistenza, per mobilitare le coscienze e raccogliere finanziamenti e consensi, devono sempre gridare che è in atto qualche tragedia incommensurabile, più grave della precedente. La cosa buona di certe sparate è che nessuno le prende più sul serio. Tranne chi ha bisogno di strumentalizzarle, s’intende. Succede anche alle organizzazioni più note. Ieri, ad esempio, c’è ricaduta Amnesty International, già ribattezzata «Amnesy International» per la facilità con cui dimentica le travi nell’occhio dei peggiori regimi e indugia sulle pagliuzze delle d

I silenzi di Napolitano sulle foibe: interviene anche Cossiga

Dopo il mio articolo , è arrivato quello di Francesco Cossiga , ex presidente della Repubblica.

Le amnesie di Napolitano sugli assassini delle foibe

di Fausto Carioti Nel discorso con cui ieri Giorgio Napolitano ha commentato il significato della Giornata del Ricordo manca una parola. Tutt’altro che secondaria. Tra poco vedremo qual è. Prima bisogna capire cosa si commemorava. Istituito da una legge del 2004, il Giorno del ricordo cade il 10 febbraio di ogni anno, «al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». La «tragedia» in questione iniziò nel 1943 e proseguì dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Costò la vita a circa 15mila italiani e ne costrinse all’esodo altri 350mila. Se il numero delle vittime è ancora oggetto di dispute tra gli storici, la responsabilità del massacro no: a gettare i nostri connazionali nelle cavità carsiche furono i partigiani comunisti dell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo, guidati dal

Nel caso ci fossero dubbi...

... sulla auspicabilità di una revisione della Costituzione, puntuale provvede Walter Veltroni a dissiparli : «Scalfaro incarna lo spirito con cui fu fatta la Costituzione».

Quando il populista sta al Quirinale

di Fausto Carioti Il percorso del disegno di legge salva-Eluana, ricalcato da Silvio Berlusconi sul decreto bocciato da Giorgio Napolitano, appare ben definito, e i tempi della sua approvazione potrebbero davvero essere rapidi come vuole il premier. Ma questo, anziché abbassare la tensione tra il Quirinale e palazzo Chigi, sta producendo l’effetto opposto. Il presidente della repubblica, ieri, ha fatto una di quelle cose da cui uno col suo incarico dovrebbe astenersi: si è appellato direttamente alla piazza, contro il governo. «Conto sulla fiducia e sulla comprensione dei cittadini», ha detto Napolitano, cercando nella pubblica opinione quei consensi che non gli hanno dato i principali costituzionalisti , incluso l’ex presidente della Consulta Antonio Baldassarre , secondo i quali l’operato di Napolitano nei confronti dell’esecutivo è stato contrario alla Costituzione. Proprio ieri il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, aveva scritto quello che a sinistra dicono in tanti, ovvero che B

Gli Stati Uniti e l'Italia: il discorso d'addio dell'ambasciatore Ronald Spogli

di Fausto Carioti L’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, Ronald Spogli, ha salutato i giornalisti italiani. Oggi lascia l’incarico che aveva assunto nell’agosto del 2005 e già questa mattina partirà dall’Italia. Il discorso d’addio che ha tenuto ieri al termine del pranzo a Villa Taverna riassume benissimo la linea tenuta in questi anni dall’amministrazione americana nei confronti del nostro Paese e dei nostri governi. Orientata su tre direttrici: incoraggiare le riforme economiche, cercando di creare un clima più adatto agli investimenti (anche americani); spingere l’Italia verso una maggiore sicurezza energetica, rendendosi il meno dipendente possibile dal gas russo; promuovere un miglioramento dell’istruzione superiore, anche in questo caso attraverso partnership con le aziende statunitensi. Come è sempre stato nel suo stile, Spogli ha detto tutto questo in termini molto schietti, in alcuni tratti persino impietosi. Ad esempio quando ha ammonito che «l’Italia non può mantenere lo

Quel che resta dell'Unione europea

Non ha avuto il coraggio di ammettere che le sue radici affondano nel pensiero giudaico-cristiano. Una constatazione talmente banale che grandi laici come Benedetto Croce e Norberto Bobbio sottoscrivevano a occhi chiusi. Non ha mai avuto una politica estera comune. Basta vedere, di recente, l'atteggiamento dei Paesi europei nei confronti della Russia, della Georgia e dei progetti per sfuggire alla dipendenza dal gas di Vladimir Putin. O davanti al progetto statunitense di collocare lo scudo antimissile americano nell'est Europa. Ognuno per conto suo. Non ha mai avuto un esercito comune. Col risultato che quando nei Balcani (a un'ora di volo dal cuore dell'Europa) si mettevano in piedi enormi macellerie a cielo aperto, le cancellerie continentali dovevano pietire aiuto alla deprecata "iperpotenza" statunitense perché facesse quello che l'Unione europea non era capace di fare. Salvo ricominciare a sputare sull'unilateralismo a stelle e strisce appena il

L'europeizzazione della Gran Bretagna

di Fausto Carioti Avessero detto a un inglese vent’anni fa, ai tempi di Margaret Thatcher, che avrebbe avuto in tasca la stessa moneta di greci, portoghesi e italiani, si sarebbe offeso o messo a ridere. Ieri lo ha detto il commissario europeo agli Affari economici, Joaquín Almunia: c’è «una forte possibilità» che, in futuro, la Gran Bretagna aderisca all’euro. E non solo sulle rive del Tamigi nessuno s’è indignato o messo a sghignazzare, ma l’impressione è che molti abbiano iniziato a pregare in silenzio san Giorgio, patrono dell’Inghilterra, che l’annessione monetaria avvenga al più presto. L’ambasciatore britannico in Italia, Edward Chaplin, si è limitato a dire che l’ingresso del suo Paese nell’eurozona «non è una priorità in questo momento». Ha ragione: ufficialmente se ne parlerà tra qualche tempo, dopo le elezioni del 2010. Adesso si deve solo sondare il terreno e preparare l’opinione pubblica. Siamo davanti a una svolta epocale: la fine del plurisecolare orgoglio finanziario b

The other side of Obama

Ma se Barack Obama che promette di chiudere il carcere di Guantanamo entro un anno (decisione a basso impatto politico ed altissimo impatto emotivo) provoca diluvi di retorica da parte della sinistra (italiana e non) e delle ong per i diritti umani, che effetto farà su tutti costoro il Barack Obama che conferma la pratica più controversa della Cia , ovvero le renditions? La risposta forse è più semplice di quanto si pensi: nessun effetto, perché il secondo Obama fingeranno di non vederlo. Avanti così. Post scriptum. Tanto per rinfrescare la memoria a chi ne ha un gran bisogno, ecco come l'Unità, in prima pagina, a fine ottobre, affrontava l'argomento : «Amici degli Stati Uniti quali noi siamo potrebbero ritenere che sia loro interesse cogliere questa occasione per rimettere in discussione la politica di extraordinary renditions che costituisce l’esito sicuramente più paradossale, forse più controproducente, della cosiddetta guerra al terrorismo dell’Amministrazione Bush (...).