Acido rosso su Israele

di Fausto Carioti
Niente da fare, a sinistra l’idea di una manifestazione pacifica, senza odio e vandalismi e nemmeno una bandiera bruciata proprio non riescono a metabolizzarla. È altro da loro. E ora che se la sono trovata davanti, l’unico modo in cui riescono ad affrontarla è quello di riversarci sopra tutto quell’odio ideologico che giovedì notte, a Roma, all’angolo tra via Nomentana e via di Santa Costanza, è stato l’unico vero assente.
Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, quotidiano di Rifondazione comunista, ha definito «dissennata» la frase del ministro Rocco Buttiglione, il quale aveva accusato una parte del mondo islamico di voler «completare lo sterminio degli ebrei avviato dal nazismo». Che c’entra l’Olocausto, vergogna d’Europa («con le sue radici cristiane...») con l’Islam, si chiede il direttore di Fausto Bertinotti? C’entra, eccome: dei ventuno Stati che compongono oggi la Lega araba, fatte tre sole eccezioni (Egitto, Giordania e Mauritania), tutti gli altri si rifiutano di riconoscere l’esistenza stessa dello Stato d’Israele. Almeno quattro volte (nel 1948, nel conflitto di Suez del 1956, nella guerra dei sei giorni del 1967 e nella guerra dello Yom Kippur del 1973) alcuni di questi Stati arabi coalizzati hanno provato a mettere in pratica il loro proposito di annientare la «entità sionista». Ogni volta, la parola d’ordine che partiva dai leader politici e dei religiosi islamici era «uccidete gli ebrei». La stessa di Adolf Hitler. Così come «distruggere Israele» è l’obiettivo che l’Organizzazione per la liberazione della Palestina si è data sin dalla sua nascita, nel 1964, mettendolo per iscritto nel proprio statuto. Obiettivo che è stato dichiarato “superato” da Yasser Arafat solo nel 1998. Per quello che vale: il proposito di cancellare Israele sopravvive nelle dichiarazioni di alcuni leader dell’Olp ed è sempre al primo punto, ovviamente, dei programmi di Jihad e Hamas. Ecco quindi cosa c’entra il mondo islamico con lo sterminio degli ebrei.
Revisionismo a parte, Sansonetti accusa la manifestazione di essere stata «una prova di forza, in piazza, di uno schieramento politico filoisraeliano e apertamente ostile al mondo arabo e islamico», che nega il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato. Tocca poi al leader dei Cobas, Piero Bernocchi, insultare, sullo stesso quotidiano, chi ha partecipato alla «disgustosa» fiaccolata, attingendo a piene mani a un arsenale dialettico che ricorda molto quello di una certa destra preoccupata dalla lobby pluto-giudaico massonica. Nelle parole di Bernocchi, la manifestazione di giovedì sera era stata organizzata dalla «potente lobby bellicista dei servitori di Israele e di Bush-Sharon». Scrive, il “sindacalista di base”, che «è davvero agghiacciante la capacità della lobby filo-israeliano-statunitense di falsificare la realtà», definendo la minaccia del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad niente più che una «sparata». «Gravissimo», insiste Bernocchi, «il comportamento dei Pecoraro Scanio e dei Folena che, per manifestare contro quelli che chiamano i “fascisti iraniani”, andranno in piazza con i fascisti e i peggiori guerrafondai italiani». Al confronto, il Manifesto, che riduce la partecipazione a cinquemila persone (erano quindicimila, ma poco cambia) e fa notare che l’«eco mediatica» della fiaccolata è stata superiore alla sua portata reale, è un esempio di sportività.
La verità - e chi c’è stato e chi l’ha vista lo sa benissimo - è che l’altra notte non si è sentita nessuna parola d’odio, non è stata bruciata nessuna bandiera, non ci sono stati atti di vandalismo, tutti hanno applaudito per la difesa dello Stato d’Israele e per la creazione di uno Stato palestinese (che è stata anche invocata dal palco), e si sono visti esponenti della maggioranza e dell’opposizione partecipare uno accanto all’altro. Tutte cose inedite in Italia, dove, grazie alla sinistra comunista e antagonista, siamo abituati a vedere urlati in piazza l’odio di classe e il desiderio di annientare il nemico: ora berlusconiano, ora a stelle e strisce, ora israeliano.

© Libero. Pubblicato il 5 novembre 2005.

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