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L'ambasciatore Thorne e l'Italia - 2a puntata

Qualcuno ricorderà la notiziola - pubblicata solo su questo blog e su Libero - delle dichiarazioni rese il 16 luglio, davanti alla Commissione Esteri del Senato americano, da David H. Thorne, all'epoca ambasciatore designato per l'Italia (e oggi in carica a tutti gli effetti). Diceva Thorne: «Anche se gli Stati Uniti e l'Italia cooperano strettamente su numerosi temi, ci sono, comunque, alcune posizioni della politica estera italiana che continuano a preoccuparci». Bene, proprio attorno a questa frase gira la prima intervista rilasciata da Thorne a un quotidiano italiano. E' apparsa oggi sul Corriere della Sera . Segnalo in particolare il seguente botta e risposta: Non è che tra le materie che preoccupano gli Stati Uniti c’è l’interesse del governo italiano, di Berlusconi, per l’oleodotto South Stream, caro alla Russia, invece che per il Nabucco? «Va considerato tutto in un contesto ampio. Una delle più grandi preoccupazioni della politica americana è la dipendenza ene...

L'asse Berlusconi-Eni-Putin nel mirino di Obama

di Fausto Carioti L’ipotesi del “complotto” internazionale ai danni del presidente del Consiglio inizia a farsi largo anche tra chi non ha grandi simpatie per Silvio Berlusconi. Tipo Lucia Annunziata, che ieri sulla Stampa ha parlato del possibile “ complotto Bilderberg ”: un club dei potenti della terra che si riunisce ogni anno sotto la guida spirituale di Henry Kissinger e traccia l’indirizzo che dovrà prendere il mondo nei dodici mesi seguenti. Inutile dire che l’impronta del circolo è spiccatamente anglosassone. Tanto più lo è stata quest’anno (l’incontro è avvenuto a cavallo della metà di maggio), grazie alla presenza di numerosi plenipotenziari della diplomazia statunitense. E dato che il governo italiano è visto a Washington come la testa di ponte mediterranea della Russia di Vladimir Putin e Dmitry Medvedev, la quale oggi è ai ferri corti con gli Stati Uniti tanto quanto lo era ai tempi di George W. Bush, la voglia di tirare le somme e dire che per la Casa Bianca (e per il “ci...

Le ragioni di Sarkozy e l'ingerenza di Obama

di Fausto Carioti Viva Nicolas Sarkozy che dice «no» all’ingresso della Turchia nella Ue. Il presidente francese è l’unico che ha il coraggio di mettersi contro il multiculturalismo, ultima fede rimasta alla élite continentale, e di opporsi all’ingerenza americana. Perché di questo si tratta: un’intromissione negli affari nostri, e se fosse stato un leader diverso da Barack Obama a varcare l’Atlantico per venirci a dire che gli Stati Uniti «sostengono fortemente» l’arrivo della Turchia nell’Unione perché serve ad «allargare e rafforzare» le nostre fondamenta, a sinistra e nei governi europei tanti avrebbero rispettosamente chiesto allo yankee di non mettere il naso nelle nostre vicende. Invece il messaggio è venuto da Obama nell’alto dei cieli, impegnato a costruire un mondo più giusto per tutti. E a uno così non sta bene porre obiezioni. È toccato a Sarkozy dirgli la frase più vera e più banale: «Trattandosi della Ue, spetta ai Paesi membri decidere». Che nella lingua di Obama si legg...

Putin pronto a vincere la prima mossa contro Obama

Chi segue questo blog sa che qui si pensa che buona parte della geopolitica passi attraverso le grandi pipelines dell'energia. Per questo qui si presta una grande attenzione alle sorti del gasdotto Nabucco. Fortemente sponsorizzato dal dipartimento di Stato americano e dalla commissione di Bruxelles (ma non dai singoli Paesi europei, che hanno preferito trattare con Mosca in ordine sparso: complimenti all'Europa unita), Nabucco dovrebbe liberare il vecchio continente dal quasi-monopolio dell'offerta russa di gas, portando in Europa il metano di Azerbaigian, Turkmenistan e Kazakistan lungo rotte alternative a quelle controllate da Mosca. Di Nabucco, in tempi recenti, ho scritto (in termini non troppo lusinghieri per l'esecutivo italiano)  qui , qui e qui . Adesso arriva la notizia , non certo imprevista, che Gazprom, cioè il vero governo russo, è a un passo dall'ottenere l'esclusiva per il gas dell'Azerbaigian. Se ciò avvenisse, il rischio che Nabucco diveng...

Quel che resta dell'Unione europea

Non ha avuto il coraggio di ammettere che le sue radici affondano nel pensiero giudaico-cristiano. Una constatazione talmente banale che grandi laici come Benedetto Croce e Norberto Bobbio sottoscrivevano a occhi chiusi. Non ha mai avuto una politica estera comune. Basta vedere, di recente, l'atteggiamento dei Paesi europei nei confronti della Russia, della Georgia e dei progetti per sfuggire alla dipendenza dal gas di Vladimir Putin. O davanti al progetto statunitense di collocare lo scudo antimissile americano nell'est Europa. Ognuno per conto suo. Non ha mai avuto un esercito comune. Col risultato che quando nei Balcani (a un'ora di volo dal cuore dell'Europa) si mettevano in piedi enormi macellerie a cielo aperto, le cancellerie continentali dovevano pietire aiuto alla deprecata "iperpotenza" statunitense perché facesse quello che l'Unione europea non era capace di fare. Salvo ricominciare a sputare sull'unilateralismo a stelle e strisce appena il ...

Noi e Gazprom: intervista a Claudio Scajola

di Fausto Carioti Signor ministro, Gazprom ha appena tagliato le forniture di gas all’Europa che transitano attraverso l’Ucraina. Lei assicura che «l’Italia non presenta particolari preoccupazioni», perché grazie alle riserve abbiamo metano «per alcune settimane». Resta il fatto che Ferran Terradelas, portavoce del commissario Ue all’Energia, include anche il nostro Paese tra quelli esposti a un calo degli approvvigionamenti. Quanto rischiamo veramente? E per quanti giorni possiamo dirci al sicuro? «Ha ragione Terradelas a dire che anche noi subiamo le riduzioni di forniture dalla Russia. Ma, a differenza di altri Paesi europei, abbiamo una dipendenza minore dai gasdotti che transitano dall’Ucraina e abbiamo altre possibilità di approvvigionamento. Disponiamo infatti di ulteriori connessioni con la Libia, l’Algeria, e i Paesi del Nord Europa che ci consentono di compensare le mancate importazioni dalla Russia. Per di più, siccome nei mesi scorsi i consumi si sono ridotti, grazie anche ...

L'alleanza del gas

Si chiama Gecf, sigla che sta per Gas exporting countries forum, e sinora se ne è parlato molto poco. La Russia sta facendo di tutto perché se ne parli di più , e - con tutte le differenze che passano tra il mercato del gas e quello del petrolio - diventi qualcosa di simile all'Opec. Per l'Europa non è una buona notizia. Al di là della questione economica - quando chi vende cerca di mettersi d'accordo, per chi compra c'è sempre poco da festeggiare - il problema vero è politico. Basta vedere i nomi dei principali Paesi esportatori di gas (come sempre, tutti questi dati sono disponibili sulla preziosissima BP Statistical Review ). La Russia ogni anno esporta via gasdotto 147,5 miliardi di metri cubi di gas (su un totale di esportazioni mondiali pari a 549,7 miliardi di metri cubi). L'Iran 6,2 miliardi. La Nigeria ne produce 35 miliardi. Del forum, oltre a questi tre Paesi, fanno parte anche Algeria, Libia, Venezuela, Qatar, Malesia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bolivi...

Dasvidania

Si era alzato qualche sopracciglio, tra i miei amici di centrodestra, quando avevo scritto che ormai, in politica estera, l'Italia di Silvio Berlusconi è più vicina a Mosca che a Washington . La conferma (l'ennesima) è appena arrivata dal vertice dei ministri degli Esteri della Nato. Radio Free Europe racconta così la reazione di Dmitry Rogozin, inviato del Cremlino al vertice dell'Alleanza atlantica, dopo che i ministri degli Esteri Nato avevano negato a Ucraina e Georgia il Membership action plan, ovvero l’accordo di pre-adesione all’Alleanza: Both times -- at the NATO summit in Bucharest in April and at this week's foreign ministers' meeting in Brussels -- the allies appeared to back down in the face of fierce Russian resistance to Tbilisi and Kyiv's bids. And as Rogozin delighted in pointing out, in both instances the Western alliance was deeply divided with the United States, Great Britain, and a group of Eastern European members supporting expansion, and ...

A un passo dalla crisi diplomatica con gli Usa

di Fausto Carioti Viene quasi da ridere a scriverla, per quanto appare paradossale. Ma siccome è la verità, tanto vale dire le cose come stanno. Silvio Berlusconi, in politica estera, in questi pochi mesi di governo è riuscito a fare quello che Palmiro Togliatti e i suoi successori alla guida del Pci hanno tentato, senza successo, per mezzo secolo: portare l’Italia nella sfera d’influenza del Cremlino e allontanarla dall’orbita americana. Oggi siamo il Paese occidentale più vicino alla Russia. Che non sarà più il cuore dell’Unione sovietica. Ma resta governata dai figli del Kgb, il servizio segreto del partito comunista. Questo, comunque, sarebbe il meno. La Russia, in fin dei conti, sembra quasi una democrazia e soprattutto ci vende il gas, senza il quale passeremmo l’inverno al freddo e a luci spente. I motivi per un buon matrimonio di convenienza, insomma, ci sarebbero pure. Il problema vero è l’altro: gli Stati Uniti d’America. Perché, se non si fosse ancora capito, siamo a un pass...

L'Italia, la Russia e il Venezuela: la fiera delle cavolate

di Fausto Carioti In principio - qualcuno ricorderà - era il Cile. Due legislature fa, quinquennio berlusconiano 2001-2006: bastava che un no-global impegnato a caricare la polizia prendesse un sacrosanto manganello in faccia per dire che il governo era cileno, gli uomini in divisa erano cileni e Silvio Berlusconi era un po’ più cattivo di Augusto Pinochet. Certo, continuavano a esserci libere elezioni, i giornali d’opposizione erano in edicola tutti i giorni e gli avversari del governo non volavano giù dagli aerei. Ma erano dettagli secondari. È finita come sappiamo: dopo la breve parentesi prodiana il crudele dittatore è stato riportato a furor di popolo a palazzo Chigi. Ora ci riprovano. Capito che il Cile non funziona (e grazie: prendete un under 30, chiedetegli chi era Salvador Allende e sentite cosa vi risponde), hanno ripiegato su paragoni un po’ più alla mano. Adesso l’Italia è come la Russia di Vladimir Putin e il Venezuela di Hugo Chávez. Delle due l’una: o quelli di sinistra...

Atlantismo a buon mercato

Nei giorni scorsi Silvio Berlusconi ha attaccato Mahmoud Ahmadinejad con toni inusuali per le pavide abitudini italiane. Perché? Parte della risposta va cercata nei problemi che sta incontrando la politica estera del governo Berlusconi con la Casa Bianca. Come già detto , a Washington non stanno facendo salti di gioia per la nuova politica estera (estero-energetica, bisognerebbe dire) italiana. L'attacco all'impresentabile presidente iraniano - attacco che ovviamente lascia il tempo che trova - deve essere inteso allora come un messaggio rassicurante inviato al dipartimento di Stato americano. Un messaggio che suona più o meno così: tranquilli, il fatto che siamo amici di Vladimir Putin, per motivi legati alla nostra dipendenza energetica da Gazprom, non vuol dire che siamo diventati amici anche dei suoi alleati. Ahmadinejad, infatti, è il protetto di Putin , e se l'Iran può permettersi di fare la voce grossa è anche perché sa che nel consiglio di sicurezza dell'Onu c...

Stati Uniti-Italia: it ain't easy

Il governo italiano assicura che l'incontro tra Silvio Berlusconi e il vicepresidente americano Dick Cheney è finito a tarallucci e vino. Dalla loro, hanno le dichiarazioni ufficiali dei due leader. Ma le frasi ufficiali lasciano il tempo che trovano. Il Financial Times oggi fa una ricostruzione diversa dell'incontro , che mi convince assai di più anche perché coincide con le informazioni in mio possesso, parte delle quali già riversate in alcune cose che ho scritto di recente. Il quotidiano inglese scrive che «Mr Cheney condemned Russia's "unilateral efforts to alter by force of arms Georgia's internationally recognised boundaries" and reiterated that Nato had agreed on eventual membership for Georgia and Ukraine. But Mr Berlusconi responded without a word of criticism against Russia, while Mr Cheney looked down at his shoes and avoided eye contact. The US delegation, in Italy for five days, had pushed for clear endorsement of its position from Mr Berlu...

Perché Obama deluderà la sinistra italiana

di Fausto Carioti Orfana di Romano Prodi, delusa da Massimo D’Alema, basita da Walter Veltroni, la sinistra italiana sta cercando rifugio nella garçonnière del candidato democratico alla Casa Bianca. Se dalle nostre parti, con l’aria che tira, dovranno arrangiarsi con gli avanzi che cascano dal tavolo della politica almeno per altri quattro anni e mezzo, volgendo lo sguardo oltreoceano possono sognare vittorie trionfali a portata di mano, marce gloriose lungo la Pennsylvania Avenue, nuove frontiere kennediane aperte su mondi più liberi e giusti. Peccato solo che il copione sia già scritto: chiunque vinca le presidenziali americane, anche stavolta li lascerà delusi. Al momento i sondaggi danno l’idolo di Veltroni e di quasi tutti i corrispondenti italiani, Barack Obama, testa a testa con il suo rivale repubblicano, John McCain. Se dovesse vincere quest’ultimo, manco a dirlo, la sinistra italiana dovrebbe vestire a lutto per altri quattro anni. Ma anche se il prossimo presidente american...

Il ricatto del gas russo

di Fausto Carioti Vietato disturbare Vladimir Putin. Vietato dire a voce alta che il Cremlino usa i soldi di noialtri consumatori di gas per ridurre all’obbedienza la Georgia. Vietato notare che se il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad - quello che vuole cancellare Israele dalle cartine geografiche - continua a fregarsene delle Nazioni Unite è perché, dentro e fuori dal consiglio di sicurezza dell’Onu, c’è la Russia che lo difende. La classe politica italiana, in sintonia con quella europea, ha deciso che il trattato del Nord Atlantico che ci lega agli Stati Uniti vale meno dei contratti di fornitura siglati con Gazprom. Così piega la testa e si barcamena in modo sempre più goffo tra Washington e Mosca: troppo grande è la paura che qualcuno chiuda il rubinetto che porta nelle nostre case il gas della Siberia. Il comportamento tenuto dinanzi alla crisi georgiana appare dettato più dal panico che dalla ragione. Da Tbilisi, capitale della Georgia, passa infatti il gasdotto BTE, che da...