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Visualizzazione dei post da gennaio, 2009

Se gli inglesi si rivoltano contro i lavoratori italiani

di Fausto Carioti È lecito, in tempi di crisi come questi, pretendere che i lavoratori nazionali vengano prima di quelli immigrati? In Italia, no. Qui ogni tentativo della manodopera locale di essere presa in considerazione prima di quella straniera è etichettato come inquinamento leghista della coscienza proletaria, e in quanto tale subito represso. I sindacati tappezzano le città di manifesti per dirci che i lavoratori sono tutti uguali, da qualunque parte del mondo vengano. Dalla parità di trattamento, spesso si sconfina addirittura nella “affirmative action”, la disparità in favore dei nuovi arrivati. È così che molte amministrazioni locali sono arrivate a finanziare, tramite prestiti e agevolazioni fiscali, le piccole imprese degli immigrati. Il risultato, ad esempio, è che gli stra-tassati negozianti italiani finanziano, con le loro imposte, i loro concorrenti immigrati, che così riescono facilmente a cacciarli fuori dal mercato. Chi avesse dubbi, vada a fare un giro nelle strade

Cesare Battisti, Redentore dell'Umanità

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di Fausto Carioti Ecco cosa succede quando un assassino viene difeso dal governo francese e da quello brasiliano, trasformato in una bandiera della libertà da intellettuali à la page come Bernard-Henri Lévy e Gabriel García Márquez, vezzeggiato dalla première dame Carla Bruni Sarkozy, messo a libro paga da case editrici centenarie del calibro di Gallimard, osannato dal solito migliaio di imbecilli che sul web mischiano ignoranza crassa a criminalità politica. Succede che l’assassino si mette a parlare come se fosse il Redentore. Che da volgare macellaio, quale è, si trasforma nel Salvatore dell’umanità. Se riesce a sfangarla lui, in questo mondo buio c’è ancora un barlume di luce. Se lo sbattono in prigione e gettano via la chiave, come merita, tutto è perduto. Cesare Battisti è arrivato a questo livello. Se si tratti di delirio o paraculaggine, se insomma ci faccia o ci sia, non è dato saperlo, né ha molta importanza. Le sue parole, però, meritano di essere studiate bene, per capire q

The disagreement

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«There is no disagreement that we need action by our government, a recovery plan that will help to jumpstart the economy» ha detto Barack Obama il 9 gennaio. Non è vero. Il "disagreement", il dissenso sulla efficacia di una politica keynesiana, c'è. Eccome. Glielo fanno notare, con un avviso a pagamento pubblicato sui maggiori quotidiani statunitensi, qualche centinaio di economisti, raccolti dal benemerito Cato Institute . I firmatari dell'appello, per rilanciare l'economia, chiedono meno tasse e meno intervento pubblico . E ricordano i precedenti fallimenti di chi ha provato a ridare impulso all'economia aumentando la spesa pubblica, come vuole fare la nuova amministrazione americana. «Notwithstanding reports that all economists are now Keynesians and that we all support a big increase in the burden of government, we do not believe that more government spending is a way to improve economic performance. More government spending by Hoover and Roosevelt did not

Picchiare Berlusconi per ferire Veltroni: il partito degli amici di Genchi

di Fausto Carioti Fossero spiritosi, vista la loro passione per chi controlla le telefonate altrui, sceglierebbero di chiamarsi Partito degli orecchioni. Essendo tetri, stanno pensando di darsi un nome di quelli che nessuno capirà, tipo “Lista dei senza partito”. Insomma, tornano i girotondini. Non si fanno più chiamare così, ma le facce sono sempre quelle che da tempo animano (si fa per dire) la rivista Micromega, quella convinta che esistano due Italie: da un lato i subnormali e i corrotti che votano per il centrodestra, dall’altro la parte sana che si oppone al regime berlusconiano. Loro, manco a dirlo, sono le avanguardie (alquanto incomprese, a onor del vero) di questa resistenza. L’avvilente prestazione del governo Prodi e la seguente vittoria elettorale di Silvio Berlusconi sembravano averli convinti all’autoscioglimento, ma la depressione era solo momentanea. Il loro Viagra è stato lo sfascio del Partito democratico, con le opportunità che esso dischiude. Perché anche il propos

Mito da sfatare: la superiorità culturale islamica

Nei paesi occidentali è in atto da qualche tempo, tra le elite politiche e intellettuali, uno sforzo propagandistico che da un lato mira a denigrare il passato dell’Europa, e dall’altro a presentare la storia dell’islam sotto la luce più positiva possibile. Una sua tipica espressione è l’idea della superiorità culturale dell’islam medievale sulla Cristianità europea. Secondo la versione presente in quasi tutti i manuali scolastici, e accolta perfino dal Consiglio d’Europa, nell’Europa medievale il sapere antico era andato quasi interamente perduto, ma fortunatamente era stato conservato dagli arabi, che lo tradussero nella loro lingua e lo trasmisero in Occidente, permettendo così la rinascita della civiltà europea. Senza l’apporto della cultura islamica l’Europa non avrebbe conosciuto il Rinascimento e lo sviluppo scientifico e tecnologico moderno. Il mondo occidentale ha quindi un grande debito nei confronti dell’islam. Le ricerche più recenti, come quelle di Sylvain Gouguenheim, pro

Caso Genchi, fuori le carte

di Fausto Carioti Oltre un milione di contatti telefonici archiviati. Trecentonovantamila italiani controllati. Di questi, qualcuno, forse qualche centinaio, fanno parte del gotha della politica, delle forze dell’ordine e della magistratura. Il resto, ovvero la stragrande maggioranza, sono comuni mortali, ignoti alle grandi cronache. Alcuni avranno i loro buoni motivi per essere oggetto delle attenzioni di Gioacchino Genchi, l’orecchione delle procure. Moltissimi altri nemmeno sanno che le loro telefonate sono state controllate e analizzate, i loro rapporti professionali e confidenziali analizzati da un software creato apposta per farsi gli affari loro, per capire dove e quando e con chi parlassero. Ecco, è in casi come questo che la politica dovrebbe dare il meglio di sé. E lo stesso dovrebbero fare la magistratura e i suoi consulenti, iniziando proprio da Genchi. Servirebbero trasparenza e chiarezza. Invece si continua a tramare nell’ombra, allo scopo di rendere la questione incompre

Due buoni motivi per cui la sinistra non può parlare di sicurezza

di Fausto Carioti La sinistra non aspettava altro che un paio di stupri a distanza ravvicinata per saltare al collo del centrodestra. È stata accontentata: uno è stato compiuto mercoledì notte a Roma, e torna utile per attaccare il sindaco del PdL Gianni Alemanno. L’altro, il giorno dopo, è avvenuto alle porte della capitale, a Guidonia. Lì però l’amministrazione comunale è di centrosinistra, e quindi hanno deciso che la colpa non è del sindaco, ma del governo centrale. Era prevedibile: Alemanno aveva vinto le elezioni capitoline anche sfruttando il clima di insicurezza creato nella capitale dall’omicidio di Giovanna Reggiani, nell’ottobre del 2007, quando sindaco della città era Walter Veltroni. E lo stesso Silvio Berlusconi aveva fatto della “riconquista del territorio” da parte delle forze dell’ordine uno dei temi forti della sua campagna elettorale. Adesso che sono al governo della città e del Paese e hanno la responsabilità di garantire l’incolumità dei cittadini, la sinistra prov

L'asse Lega-Pd è un problema per Berlusconi

di Fausto Carioti Passano gli anni, ma Umberto Bossi resta un maestro nel gioco dello scambio di coppia. Appena dentro Forza Italia si palesano le prime preoccupazioni nei confronti del federalismo fiscale, appena quelli del PdL iniziano a chiedersi a voce alta quanto costerà la riforma voluta dalla Lega se non saranno accorpati i piccoli comuni e abolite le province (e nel testo attuale non vi è nulla che imponga simili misure), il leader del Carroccio risfodera il vecchio flirt con i post-comunisti. Al Senato, il Partito democratico sceglie di non votare contro il disegno di legge di Roberto Calderoli. «Siamo una forza che si assume le sue responsabilità», afferma Walter Veltroni rivendicando il merito di aver contribuito a migliorare il testo originario. «È stato fatto un lavoro importante con la sinistra. Senza la sinistra eravamo ancora in commissione», cinguetta Bossi in risposta - e in manco troppo celata polemica con gli alleati - prima di incassare l’approvazione del testo da

La tentazione di congelare le riforme

di Fausto Carioti La buona notizia, per Silvio Berlusconi, è che l’8 giugno, il giorno dopo le elezioni europee, dovrebbe essere tutto finito. La notizia cattiva è che, da qui ad allora, la situazione nella maggioranza pare destinata a peggiorare. E che quindi il governo rischia di perdere più dei «cinque o sei» punti di consenso che, per ammissione del premier, sono già stati pagati a causa della litigiosità del centrodestra. Tanto che nel PdL inizia a serpeggiare la tentazione di congelare le riforme per riparlarne dopo le europee, nella convinzione che, da qui ad allora, esse servano solo a far litigare gli alleati. I fronti aperti sono due. Uno, tra Forza Italia e Alleanza nazionale, si gioca sull’assetto da dare al PdL e, in misura minore, sulla riforma della giustizia. L’altro fronte vede contrapposte Forza Italia e la Lega e riguarda i costi del federalismo fiscale e la solita riforma della giustizia. C’è già una prima vittima: il disegno di legge del guardasigilli Angelino Alfa

"El negro" randella Chavez

Tanto per portare avanti il discorso lanciato da Libero e proseguito da Panorama . Alla vigilia del suo insediamento, Barack Obama provvede a sgombrare il campo da un equivoco chiamato Hugo Chavez. Il coattone venezuelano aveva pronosticato con grande entusiasmo la vittoria del candidato democratico, dicendosi pronto ad rilanciare le relazioni tra i due Paesi, ora che George W. Bush non sarà più alla Casa Bianca. «Quiero un acercamiento con el negro, desde aquí que nosotros somos indígenas, negros, raza suramericana. Estoy preparado para sentarme y dialogar... espero que podamos, espero que entremos en una nueva etapa», aveva detto speranzoso Chavez agli inizi di novembre.  La risposta di Obama non è stata dello stesso tono. Ha accusato Chavez di essere un fattore di involuzione della regione e di sponsorizzare i terroristi colombiani delle Farc. Obama said Chávez had "been a force that has interrupted progress in the region." He then raised the issue of the Revolutionary

Chi ha paura di Pancho Villari

di Fausto Carioti I conti non tornano. Fateci caso: quelli che si lamentano perché il parlamentare Riccardo Villari non obbedisce all’ordine dei partiti e del governo di lasciare a Sergio Zavoli la carica di presidente della commissione di vigilanza Rai sono gli stessi che si dicono preoccupati perché il parlamento rischia di finire schiavo dei partiti e del governo. Nei giorni scorsi, ad esempio, Renato Schifani e Gianfranco Fini, con un gesto alquanto irrituale, avevano chiesto a Villari di mettere «a disposizione il suo incarico» per «consentire un avvicendamento nella presidenza». Hanno preferito prendersela con lui piuttosto che con i parlamentari che, su ordine dei rispettivi partiti, avevano deciso di boicottare le sedute della commissione di vigilanza. Normale che Villari, ieri, abbia risposto ai presidenti delle Camere che ad andarsene non ci pensa proprio. Ovvio che il personaggio non è un frate francescano animato da spirito di carità né l’ultimo eroe della libertà parlament

Il peggio di Santoro

di Fausto Carioti Ancora una volta, il conflitto tra l’esercito israeliano e i terroristi palestinesi di Hamas tira fuori il lato peggiore delle persone. I bamba con la kefiah al collo e gli occhi iniettati di sangue sono tornati nelle piazze per bruciare la bandiera di Israele. Al ghetto ebraico di Roma, ieri, uno di costoro si è presentato sostenendo di essere pieno di dinamite: i poliziotti lo hanno subito preso sul serio, provvedendo a praticargli un’accurata rettoscopia sul marciapiede accanto al portico d’Ottavia. Su Internet è apparsa la lista dei professori universitari appartenenti alla «feccia sionista», e basta leggerla per capire che è stata stilata da qualche studente al decimo anno fuori corso. Anche Michele Santoro, giovedì sera, ha fatto del suo peggio. Non con il tema trattato, che ovviamente era l’operazione militare israeliana nella striscia di Gaza. Né con la scelta degli ospiti o i servizi mandati in onda, che per imparzialità ricordavano quelli di Al Aqsa, la tele

L'autorevolezza dei critici del global warming

Vogliono farci credere che gli scienziati che contestano la teoria del global warming sono pochi, una percentuale infima dei membri della comunità scientifica. E soprattutto che sono degli enormi sfigati, i paria della scienza. Bugie, buone per chi ha non ha argomentazioni migliori. Questo è il rapporto di minoranza appena presentato al Senato americano sul riscaldamento globale . Contiene contestazioni alla lagna dell'effetto serra e/o alla necessità di aderire al protocollo di Kyoto sottoscritte da 650 scienziati in tutto il mondo. Compresi alcuni premi Nobel. Tra questi: Ivar Giaever, vincitore del Nobel per la Fisica nel 1973 “I am a skeptic,” Giaever announced in June 2008. “Global warming has become a new religion,” Giaever added. “I am Norwegian, should I really worry about a little bit of warming? I am unfortunately becoming an old man. We have heard many similar warnings about the acid rain 30 years ago and the ozone hole 10 years ago or deforestation but the humanity is

Chi ha voluto rinchiudere i palestinesi a Gaza

Sessanta anni fa, 22 Paesi arabi si accordarono per creare un campo di prigionia chiamato Striscia di Gaza. Ce lo ricorda la scrittrice egiziana Nonie Darwish sul Jerusalem Post. E l'Occidentale ci leva persino la fatica di doverla tradurre .

La sinistra nel «nuovo mondo» di Obama

di Fausto Carioti Il subcomandante Marcos, che da bravo rivoluzionario messicano conosce bene gli yankee, ci è arrivato già da qualche settimana: «Quelli che hanno preso Barack Obama per un faro resteranno delusi, perché il presidente eletto sostiene l’uso della forza contro il popolo palestinese». Ma se ti chiami Walter Veltroni e l’alternativa ai discorsi di Obama sono le interviste di Arturo Parisi, rinunciare a certi entusiasmi è difficile. Lo stesso vale per qualche milione di italiani che nel successore di George W. Bush cercano un antidepressivo che li tenga su nel lungo viaggio al termine della notte della sinistra. E però, a questo punto, s’imporrebbe un gesto di onestà intellettuale, una presa d’atto ufficiale della dolorosa realtà: Obama si candida ad essere una delle più grosse fregature che la sinistra italiana abbia mai comprato al mercatino americano. Non è solo la questione israelo-palestinese. Obama sembra essersi messo d’impegno per deludere ogni aspettativa che i pro

La bugia della centralità del conflitto israelo-palestinese

di Fausto Carioti E’ il luogo comune che tutti ormai accettano senza manco pensarci su. Giuliana Sgrena, sul Manifesto, lo ricicla così: «Il conflitto israelo-palestinese è il nodo centrale della questione mediorientale, senza la soluzione del quale non vi sarà pace in tutto il Medio Oriente, e non solo per i paesi arabi». Secondo questa vulgata, la guerra tra israeliani e palestinesi è il problema dei problemi, rimosso il quale il Medio Oriente tornerà a essere un’oasi di calma. Ragionamento molto di moda, ma dotato di un retrogusto infame. Perché da qui a dire che basterebbe eliminare lo “stato artificiale” di Israele dalle cartine geografiche per aiutare la causa della pace nel mondo il passo è breve. Non a caso, la centralità del conflitto israelo-palestinese è sbandierata ogni giorno da chi di Israele farebbe volentieri a meno. Oltre ad essere molto di moda e molto comodo per antisemiti e antisionisti, però, un simile ragionamento è anche molto falso. Né Israele né la vicenda dei

Il filosofo pacifista

Gianni Vattimo, simpatica icona del pacifismo alle vongole, intervistato dal Corriere della Sera di oggi  valuta soluzioni alternative al boicottaggio dei negozi degli ebrei: «Bisognerebbe procurarsi missili più efficaci dei Qassam e portarli laggiù, ma mi pare più complesso». A Sderot e dintorni, i civili israeliani ringraziano.

La fine della bufala del global warming

di Fausto Carioti Avete presente la storia del global warming? Dice che la Terra si sta surriscaldando e che questo avviene per colpa dell’uomo. Che a causa di questo innalzamento della temperatura i ghiacciai dei poli presto si scioglieranno come granite sotto il sole d’agosto, elevando il livello dei mari e mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità, e che solo un enorme e costoso sforzo per cambiare i nostri stili di vita può salvare il pianeta. Non c’è mai stata una prova scientifica degna di tale nome che confermasse questa teoria. Soprattutto non è mai stato provato il punto più importante, ovvero che l’innalzamento della temperatura sia legato all’attività dell’uomo e non ad altri fattori assai più credibili, come l’attività delle macchie solari. Ma questo già si sapeva. La novità degli ultimi giorni è una pioggia di dati che colpiscono al cuore la bufala del riscaldamento globale. Al punto che si ricomincia a parlare dell’arrivo di una «nuova era glaciale». I dati appena

Noi e Gazprom: intervista a Claudio Scajola

di Fausto Carioti Signor ministro, Gazprom ha appena tagliato le forniture di gas all’Europa che transitano attraverso l’Ucraina. Lei assicura che «l’Italia non presenta particolari preoccupazioni», perché grazie alle riserve abbiamo metano «per alcune settimane». Resta il fatto che Ferran Terradelas, portavoce del commissario Ue all’Energia, include anche il nostro Paese tra quelli esposti a un calo degli approvvigionamenti. Quanto rischiamo veramente? E per quanti giorni possiamo dirci al sicuro? «Ha ragione Terradelas a dire che anche noi subiamo le riduzioni di forniture dalla Russia. Ma, a differenza di altri Paesi europei, abbiamo una dipendenza minore dai gasdotti che transitano dall’Ucraina e abbiamo altre possibilità di approvvigionamento. Disponiamo infatti di ulteriori connessioni con la Libia, l’Algeria, e i Paesi del Nord Europa che ci consentono di compensare le mancate importazioni dalla Russia. Per di più, siccome nei mesi scorsi i consumi si sono ridotti, grazie anche

«Certamente»

Cadono gli ultimi dubbi sul perché Joseph Ratzinger ha deciso di fare a meno di Joaquìn Navarro-Vals. L'ex portavoce del Vaticano scrive oggi su Repubblica : Vedere che in Italia è permesso a dei musulmani di praticare l’Islam, davanti a una cattedrale cattolica, smuoverà certamente le coscienze di molti musulmani di tutto il mondo a riconoscere almeno in parte quegli stessi diritti mai concessi alle minoranze cristiane ed ebraiche. Dove la cosa più lunare è proprio quell'avverbio. L'Italia e l'Europa ospitano moschee già da qualche decennio, ma questo non sembra avere smosso alcuna "coscienza" islamica: costruire chiese cattoliche, o anche solo mostrare la Bibbia o il crocifisso, in grandissima parte dei Paesi musulmani resta proibito dalle leggi, modellate sulla sharia. Per non parlare del trattamento riservato agli "apostati" dell'Islam convertiti al cristianesimo. Qualcuno informi Navarro-Vals.

Israele, Hamas e l'essenza di tutta questa storia

Le domande giuste, tanto per cambiare, le fa André Glucksmann : Quale sarebbe la giusta proporzione da rispettare per far sì che Israele si meriti il favore dell'opinione pubblica? L'esercito israeliano dovrebbe forse rinunciare alla sua supremazia tecnologica e limitarsi a impugnare le medesime armi di Hamas, vale a dire la guerra approssimativa dei razzi Grad, la guerra dei sassi, oppure a scelta la strategia degli attentatori suicidi, delle bombe umane che prendono di mira volutamente la popolazione civile? O, meglio ancora, non sarebbe preferibile che Israele pazientasse saggiamente finché Hamas, per grazia di Iran e Siria, non sarà in grado di "riequilibrare" la sua potenza di fuoco? A meno che non occorra contare allo stesso livello non solo i mezzi militari, ma anche gli scopi perseguiti. Poiché Hamas - contrariamente all'Autorità palestinese - si ostina a non riconoscere allo Stato ebraico il diritto di esistere e sogna l'annientamento dei suoi cittadi

Napolitano, ovvero il migliore spot (involontario) per il presidenzialismo

di Fausto Carioti Giorgio Napolitano ha fatto quello che poteva. Nel suo discorso di fine anno ha detto cose tipo quelle che ci si scambia in ascensore tra vicini di casa che a malapena si conoscono: ha tenuto a far sapere agli italiani che la crisi sarà grave ma non bisogna avere paura, che trovare lavoro ormai è diventato un problema e che i soldi pubblici vanno usati meglio. È anche tornato a dire che bisogna fare le famose «riforme condivise». Tutte cose che in bocca a un presidente dotato di poteri reali avrebbero avuto comunque un certo peso. Ma non è il caso nostro: il presidente della repubblica italiana non ha alcun potere se non quello di esercitare la retorica. Anche la tanto decantata “moral suasion”, la capacità quirinalizia di persuadere gli interlocutori esercitando su di loro la giusta pressione, può poco o niente se rivolta verso una maggioranza o un governo che si riconoscono in un presidente del consiglio il quale, di fatto, ha avuto il suo incarico per volontà diret