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Visualizzazione dei post da marzo, 2010

Ora o mai più

di Fausto Carioti Bene Silvio, forza Berlusconi, applausi al grande premier. La vittoria alle regionali è tutta sua, e se proprio deve condividerne il merito con qualcuno è con i grandi strateghi del centrosinistra, che per l’ennesima volta hanno abboccato all’amo e ingoiato esca, lenza e mulinello, trasformando le elezioni amministrative in un referendum sul presidente del Consiglio. Che è finito come gli altri cento referendum che lo hanno preceduto: con Berlusconi che passa all’incasso e le menti dell’opposizione che si interrogano su dove hanno sbagliato. Reso omaggio al vincitore, però, ora tocca richiamarlo ai suoi doveri: Berlusconi faccia le riforme, le faccia sul serio e inizi a farle subito, se davvero vuole terminarle entro la legislatura. Ne va della sua faccia e delle sue ambizioni future (vedi alla voce Quirinale). La frase con cui ieri il premier ha annunciato che intende lavorare «alle riforme necessarie per l’ammodernamento e lo sviluppo del nostro Paese» promette bene

Tre buone notizie per Berlusconi

di Fausto Carioti Silvio Berlusconi aveva trasformato le elezioni regionali in un referendum su se stesso. E alla fine, come regolarmente gli accade in questi casi, il referendum lo ha vinto lui. Conquistando sei regioni delle tredici in palio, e soprattutto strappandone quattro al centrosinistra. Oggi PdL e Lega controllano undici regioni italiane, incluse le quattro economicamente più forti: Lombardia, Lazio, Veneto e Piemonte. Meglio di così, al premier non poteva andare. Se qualcuno - anche nel centrodestra - aveva pensato che queste potessero essere le prime elezioni del dopo-Berlusconi, dovrà rimandare le sue aspettative di qualche lustro. Notoriamente più realisti del re, i berluscones ieri sera avevano almeno tre buoni motivi per dirsi soddisfatti. Primo, la vittoria di Renata Polverini nel Lazio, conquistata in extremis e sul filo di lana. Vittoria che i forzisti e lo stesso premier non attribuiscono certo alla candidata né ai finiani, ma all’ennesimo «miracolo» del premier, c

L'attacco politico a Ratzinger e le bufale di Repubblica

di Fausto Carioti Ci sono solo due cose chiare nella storia degli abusi sessuali compiuti da un sacerdote del Wisconsin tra gli anni Cinquanta e Settanta, oggetto della recente inchiesta del New York Times. La prima è che quegli abusi nei confronti dei piccoli sordomuti ci furono, e che quindi una parte della Chiesa (negli Stati Uniti di sicuro, altrove è da capire) è colpevole. La seconda certezza è che per la sinistra italiana l’attacco americano a Joseph Ratzinger è arrivato nel momento migliore: quello in cui occorre delegittimare il Vaticano per motivi elettorali. Da qui la lunga serie di illazioni e vere e proprie bufale, allo scopo di screditare il papa e tutti quelli che, dentro alle mura leonine e nella Conferenza episcopale, condividono la sua battaglia in difesa dei «valori non negoziabili» della vita. Piaccia o meno, lo scontro tra «pro-life» e «pro-choice», cioè tra chi difende la vita e chi il diritto della madre a scegliere di abortire, è il tema più caldo di questa camp

Il martello di Berlusconi

di Fausto Carioti Occhio a non prendere l’appello con cui Silvio Berlusconi chiede ai cittadini di dire cosa pensano del presidenzialismo per l’ennesima sparata pre-elettorale del premier, buona solo per scaldare gli animi degli ultrà. C’è molto di più dentro questa sua evocazione della piazza e del popolo dei gazebo: c’è il filo conduttore della politica che farà il leader del PdL nei prossimi tre anni e - soprattutto - c’è un’anteprima del volto nuovo che intende dare al partito. In quattro parole: ci sarà da divertirsi. Come ha scritto il politologo Robert Kagan in un saggio in cui parla di tutt’altro, «a chi ha un martello tutti i problemi sembrano chiodi, ma a chi non possiede un martello, nessun problema sembra un chiodo». Berlusconi il martello ce l’ha: è la sua gente, sono gli elettori, peraltro l’unico strumento accettabile in una democrazia. A patto di usarlo in modo responsabile. E, per quanto i suoi avversari dicano il contrario, sinora questo Berlusconi l’ha saputo fare, s

Operazione Aumma Aumma

di Fausto Carioti Almeno la buonanima di Achille Lauro aveva il buon gusto di pagarsi i voti con i soldi propri. La scarpa sinistra prima del voto, la destra solo se al seggio elettorale hai fatto il bravo. Nell’attesa, pacchi di pasta per tutti: con la panza piena si ragiona meglio e non si corre il rischio di mettere la croce sul nome sbagliato. Roba da magliari? Aspettate di vedere i bravi amministratori della sinistra di oggi: al loro confronto Lauro era l’arbiter elegantiarum della democrazia. Questi sono così micragnosi che il regalino a chi li deve votare lo fanno con i soldi degli elettori stessi. Soldi pubblici. In Campania - per dire un posto a caso - è saltato fuori un concorsone indetto dall’amministrazione partenopea di Rosa Russo Iervolino. Un capolavoro di ingegneria pre-elettorale. Funziona così: il Comune di Napoli, notoriamente in stato di florida salute finanziaria (1,5 miliardi di debiti, pari a 1.555 euro per ogni napoletano, neonati inclusi) e dotato di organici s

Quel conticino che nessuno ha voglia di fare

di Fausto Carioti C’è una gara a dipingere un PdL a un passo dal baratro e un Silvio Berlusconi agli sgoccioli (auguri a chi ci spera davvero). Nessuno, però, sembra voler perdere tempo con un conticino banale banale. Nemmeno Pier Luigi Bersani, che vanta competenze economiche - e quindi si spera anche aritmetiche - sembra essersene accorto, dal momento che ha fatto sapere che si riterrà soddisfatto se, delle tredici regioni in palio domenica e lunedì, al centrodestra ne dovessero andare “solo” sei. Il conticino è questo: a Berlusconi basterà vincere in cinque regioni per poter dire che la maggior parte delle regioni italiane sono controllate dalla sua coalizione. E se davvero il centrodestra dovesse ottenere sei governatori, malgrado l’entusiasmo di Bersani, il raggio d’azione amministrativo del Partito democratico avrebbe raggiunto il suo minimo storico. Insomma, il rischio che lunedì sera finisca un’epoca è molto concreto, ma l’epoca che potrebbe chiudersi è quella dello strapotere

Dopo la piazza e il voto, il PdL andrà alla conta

di Fausto Carioti E adesso? Dopo la prova di forza di ieri e - soprattutto - dopo il voto che si terrà tra una settimana, cosa accadrà al PdL? Molto meno di quanto scriva (e speri) la gran parte dei giornali. Intanto, comunque vada il voto, non ci sarà alcuna scissione. Nessun addio da parte dei finiani. E questo per il più banale dei motivi: non conviene a nessuno, ai finiani per primi. Perché lasciare un partito dove nel giro di tre o quattro anni si deciderà la successione a Silvio Berlusconi? La presenza in massa dei finiani alla manifestazione berlusconiana di ieri è la conferma che strappi in vista non ce ne sono. Ciò nonostante, il PdL cambierà moltissimo. Se ne è parlato nelle ultime settimane tra le diverse componenti del partito, e si è già abbozzata un’intesa di massima. Certo, molto dipenderà dalle elezioni regionali. Ma grosse sorprese non dovrebbero arrivare. Nel PdL si dà per scontata la vittoria in Lombardia e Veneto; si dà per molto probabile quella in Campania e Calab

Il dittatore che non c'è

di Fausto Carioti Benito Mussolini, Fidel Castro e gli altri dittatori chiamati in causa in questi giorni dall’opposizione possono continuare a vivere indisturbati nel boschetto della fantasia di Tonino Di Pietro e Nicola Latorre. Evocarli come termine di paragone per Silvio Berlusconi trasforma le loro tragedie in farsa e offende le loro vittime. Qui, semmai, siamo all’opposto della dittatura. Il problema, dalle nostre parti, è che c’è un capo del governo che troppo spesso non riesce a decidere su nulla. Nemmeno sulle cose che gli stanno più a cuore, se è vero che non sa come impedire che le televisioni pubbliche alimentino il clima d’odio nei suoi confronti. Un capo del governo che non mette paura a nessuno, ma che ha ottime ragioni per temere per l’incolumità sua e di quelli che gli sono accanto. Chi vede nelle intercettazioni diffuse in questi giorni la prova della deriva cesarista di Berlusconi, vuol dire che le ha sfogliate con l’occhio di chi aveva già emesso la condanna. Perché

Napolitano si è rotto di Repubblica

di Fausto Carioti Alle undici del mattino di ieri la notizia è diventata ufficiale: Giorgio Napolitano si è rotto le scatole di Repubblica. È dall’inizio della legislatura che quelli di largo Fochetti lo tirano per la giacca. Su ogni legge approvata dalla maggioranza, su ogni decreto varato dal governo si ripete la solita scena: prima Repubblica scrive che la norma in questione è un attentato alla democrazia, alle libertà fondamentali dell’uomo, alla pace nel mondo o a tutte queste cose messe insieme più altre. Poi assicura che Napolitano è orientato a non firmarla perché la ritiene incostituzionale (confondere la realtà con i propri desideri, e spacciare questa operazione per scoop, è una delle specialità più antiche di casa Scalfari). Però il capo dello Stato, che pure si consulta con dotti giuristi, alcuni dei quali vicini a Repubblica, alla fine decide con la testa sua, non con quella dei confidenti del quotidiano. E infatti, nove volte su dieci, la firma la mette. A questo punto a

Le due piazze

di Fausto Carioti C’è una vulgata curiosa che si va diffondendo, e che nei prossimi giorni diventerà un tormentone: il ricorso alla piazza organizzato dal centrosinistra è un sano esercizio di democrazia, mentre il ricorso alla piazza annunciato da Silvio Berlusconi è un preoccupante rigurgito di deriva plebiscitaria. Solo che non se ne capisce il motivo. O meglio: si spiega con la pretesa della sinistra italiana di incarnare per definizione tutto ciò che è democratico, e di dipingere un Berlusconi perennemente intento in trame para-eversive. Eppure, tra le due chiamate alla piazza, grandi differenze non ce ne sono. Anzi, se ce n’è una più vicina all’essenza della democrazia - una testa, un voto - è proprio quella del Cavaliere. I toni usati nei confronti delle istituzioni, innanzitutto. Sono durissimi da ambedue le parti. Berlusconi attacca i giudici, e nel suo messaggio ai Promotori della Libertà di Michela Brambilla accusa le toghe di volere «impedire a milioni di persone di votare

Pronto il trucco per non estradare Battisti

di Fausto Carioti La condanna a due anni di reclusione per uso di documenti falsi, emessa il 5 marzo da un tribunale di Rio de Janeiro, può rivelarsi la migliore delle notizie possibili per il terrorista rosso Cesare Battisti, condannato in Italia per quattro omicidi. Nascosta tra gli articoli del trattato bilaterale siglato da Italia e Brasile, infatti, vi è la possibilità di differire l'estradizione qualora il detenuto sia ancora alle prese con procedimenti penali non conclusi e condanne da scontare nel Paese che deve concedere l'estradizione. I difensori di Battisti avranno così l'opportunità di presentare ricorso contro la condanna appena ricevuta, con il risultato di allungare i tempi di conclusione del procedimento penale e quindi la permanenza in Brasile del loro assistito. Si tratta di una mossa che fonti diplomatiche italiane ritengono assai probabile. Tanto che le certezze manifestate nei giorni scorsi dai legali che rappresentano il nostro governo («Quando e se i

Quelli che la democrazia non si poteva esportare

di Fausto Carioti Con quale faccia Repubblica ieri esultava in prima pagina perché «In Iraq la democrazia ha vinto»? Quanto sprezzo del ridicolo ci vuole, a largo Fochetti, per mettere in prima pagina le foto delle dita delle donne irachene sporche di inchiostro viola, simbolo del voto appena effettuato? Fosse stato per il quotidiano di Ezio Mauro, e per quei pacifisti che Repubblica incitava e difendeva, in Iraq non ci sarebbe stato alcun polpastrello viola, non si sarebbe insediata alcuna democrazia. L’Iraq sarebbe ancora il giardino di casa Hussein, in cui il dittatore fa quello che vuole, e cioè cose ben più gravi del negare il diritto al voto, dal momento che includono gli omicidi di stato e le stragi di massa. E questo vale per Repubblica, ma anche per tutta quella sinistra italiana che contro la missione in Iraq aveva messo le bandiere della pace nei propri manifesti, sui simboli elettorali, sugli striscioni nelle piazze, e adesso applaude imbarazzata - o nei casi più dignitosi

Il migliore alleato di Berlusconi

di Fausto Carioti Per fortuna di Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro non è in vendita: è in regalo. Uno così, per il Cavaliere, vale tanto oro quanti congiuntivi sbaglia. Nel caso ci fossero ancora dubbi su chi ha vinto davvero la partita delle liste, l’ex pm ieri ha provveduto a dissolverli. La sua minaccia di avviare l’impeachment, cioè di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica, “colpevole” di aver firmato il decreto che consente agli elettori di centrodestra di Roma e della Lombardia di votare, è la ciliegina che mancava alla torta di Berlusconi. Con la sua sortita, Di Pietro è riuscito a spaccare l’opposizione, mettendo in serio imbarazzo la dirigenza del Partito democratico, e ad alzare un muro tra il centrosinistra e Giorgio Napolitano, unico esponente del Pd che occupa una carica istituzionale, per giunta la più alta. Un capolavoro. Al punto che, se solo avesse un po’ più senso dell’umorismo, Berlusconi potrebbe prendere sul serio i propositi di Di Pietro, app

Vi piace vincere facile, vero?

di Fausto Carioti Avete presente lo spot dello scacchista che fa scacco matto a un lattante? Ecco, il modello politico è quello. C’è una sinistra “Gratta e vinci” alla quale piace vincere facile. Gareggiando da sola, se possibile. Lo si è visto ieri, quando il governo ha approvato il decreto per consentire la partecipazione di Roberto Formigoni alle elezioni regionali lombarde e della lista del PdL nella provincia di Roma, in sostegno a Renata Polverini. Lì si è capito che certe frasi dei giorni scorsi, in cui tutti assicuravano di voler garantire a ogni elettore il diritto di votare, erano false come una banconota da 15 euro. Perché, appena l’esecutivo ha reso effettivo questo diritto, gli stessi personaggi hanno gridato allo scandalo. Pier Luigi Bersani ha annunciato la «ferma opposizione» del Pd. Antonio Di Pietro, che evidentemente ritiene pernicioso per una democrazia che anche gli elettori del centrodestra possano votare, parla di «un palese abuso di potere» che andrebbe bloccato

Repubblica certifica l'inutilità di Repubblica

di Fausto Carioti Niente da fare, non se li filano proprio. Più quelli di Repubblica e del Fatto inzuppano nel livore chilometri quadrati di carta stampata, più gli italiani se ne fregano. Più Michele Santoro e Marco Travaglio processano Guido Bertolaso e la Protezione civile, più quelli li difendono. Più il popolo viola e l’opposizione scendono in piazza a dire che così è un’indecenza, che dobbiamo vergognarci dinanzi al resto d’Europa, che solo da noi signora mia succedono cose simili, più Silvio Berlusconi e il suo governo possono stare tranquilli. È da quando è iniziata l’inchiesta di Firenze che i nostalgici dei bei tempi di Tangentopoli si stanno sbattendo in tutti i modi per convincerci che stavolta è come il 1992. Anzi, a ben guardare è persino peggio. E invocano una ribellione di massa delle coscienze, nella speranza che travolga Berlusconi. Risultati? Noia e sbadigli. Come certifica la più insospettabile delle conferme. A proclamare la propria inutilità, infatti, provvede di