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Visualizzazione dei post da marzo, 2009

Il discorso controcorrente di Renato Brunetta

di Fausto Carioti Tra tanti discorsi fotocopiati e tante orazioni con la fanfara, l’intervento fatto ieri mattina da Renato Brunetta sul palco del congresso del Popolo della libertà ha avuto il merito di essere genuino, privo di dolcificanti e aromi artificiali. Il ministro per la Pubblica amministrazione voleva dire la sua verità e l’ha detta, non prima di aver ceduto alle lacrime davanti alla standing ovation che gli ha tributato la platea ancora prima che iniziasse a parlare. Eppure, dal momento in cui ha aperto bocca, non ha fatto nulla per cercare l’applauso facile. Anzi. Si è persino tolto il gusto di essere ruvido davanti ai suoi tifosi. Mentre tanti cloni berlusconiani che hanno parlato prima e dopo di lui hanno diviso il Paese a metà, con i “buoni” dalla loro parte e i “cattivi” dall’altra, Brunetta ha fatto l’esatto opposto, scegliendo di accarezzare la platea contropelo. «Sarebbe troppo facile dire “loro” e “noi”. Dobbiamo avere il coraggio di guardare al nostro interno, all

Fini meglio di Berlusconi. Per ora

Intendiamoci, avevano due compiti diversi. Silvio Berlusconi, nel suo discorso di venerdì, doveva suscitare emozioni. E ci è riuscito benissimo, tanto è vero che lo stesso Gianfranco Fini, notoriamente non proprio un tenerone, è stato colto con gli occhi lucidi durante l'intervento del Cavaliere. Fini, nel suo discorso di oggi, doveva invece guardare avanti, fare un intervento concreto, a tratti anche scomodo, pur nel rispetto della liturgia. Doveva mettere i problemi sul tavolo e chiamare Berlusconi a dare loro una risposta. Insomma, Fini doveva fare un discorso molto più politico, e lo ha fatto alla grande. Fini ha detto che «il Pdl deve mettere all’ordine del giorno del suo dibattito quale atteggiamento prendere sul referendum elettorale di giugno, che rappresenterebbe una forte accelerazione verso il bipartitismo». Si tratta dell'ultima cosa che vuole Berlusconi, intenzionato ad affossare il referendum facendolo passare sotto silenzio, perché così chiede la Lega. Sulle rifo

La diretta del congresso fondativo del Pdl

Buon divertimento.

Benito Berlusconi e i suoi complici del Pd

di Fausto Carioti Nel manicomio della politica italiana mancava solo lo schizofrenico. Ci ha pensato il Partito democratico a colmare la lacuna. Al momento, infatti, di Pd ne esistono almeno due. Il primo, che è facile incontrare sui titoli dei giornali, è quello che minaccia di rivolgersi al Tribunale internazionale per i crimini contro l’umanità ogni volta che Silvio Berlusconi apre bocca. È il partito del Walter Veltroni che paragona il premier oggi a Vladimir Putin e domani a Benito Mussolini. E intanto denuncia, fremente di sdegno, «il disegno scellerato e autoritario» di un governo che «minaccia la democrazia». È il Pd di Dario Franceschini che sale sulle barricate perché se il premier vincerà pure le elezioni europee «quello che potrà fare dal giorno dopo è inimmaginabile». Del capogruppo al Senato Luigi Zanda, convinto che Berlusconi voglia decretare «la fine della divisione dei poteri». Poi c’è l’altro Pd, di cui però si parla poco. Meno affascinante, forse, ma di sicuro molt

Inti-Illimani con le cotiche

di Fausto Carioti Un favore più grande agli studenti di sinistra, Renato Brunetta non poteva farlo. Il ministro per la Pubblica amministrazione ieri ha definito «guerriglieri» quelli che mercoledì avevano caricato i poliziotti alla Sapienza, assicurando che come tali «verranno trattati». Capirai: i personaggi in questione - per molti dei quali la definizione di «studenti» suona un po’ riduttiva, trattandosi di fuori corso cronici e infiltrati dei centri sociali - non aspettavano altro. Essere accreditati come avanguardie della rivoluzione contro la feroce tirannia berlusconiana, senza rischiare un capello - anzi, in un Paese in cui televisioni e giornali sgomitano per difenderli e intervistarli - è la loro massima aspirazione. E infatti hanno subito preso sul serio le dichiarazioni del ministro, accusandolo di dire cose «degne dei peggiori regimi sudamericani». Anche i tanti politici in perenne caccia di voti tra i casinari del movimento studentesco si sono buttati a pesce sulla frase

Quando l'uomo pistola incontra l'uomo col fucile

«Il Pd è un partito nato anche per piacere a Clint Eastwood. Sono andato a vedere il suo ultimo film, GranTorino, la storia di un operaio americano. Quel Clint Eastwood, sicuramente molto distante dall'immagine del militante medio del Pd, io lo vorrei come interlocutore. Vorrei un Pd che avesse dalla sua parte anche quella gente, che sapesse parlare anche a quelle persone, che avesse una capacità effettiva di rappresentare le energie migliori di questo Paese che non sono solo quelle che stanno sotto i riflettori, ma che stanno anche nascoste nelle pieghe delle nostre comunità e dei nostri territori e che aspettano una politica che sia più in grado di additare un futuro di speranza». Dichiarazione di Ermete Realacci, responsabile Ambiente del Pd, a Radio Radicale .

Nel Casino delle Libertà

di Fausto Carioti Almeno adesso non diranno più che il PdL è un partito finto, di mediocri schiaccia-bottoni, prima "nominati" in Parlamento da Silvio Berlusconi e poi da lui telecomandati. Resta da capire se il Casino delle libertà visto ieri alla Camera sia preferibile o meno a un partito irreggimentato. Un centinaio di parlamentari del PdL di diversa estrazione, inclusi personaggi noti come Antonio Martino, Mario Landolfi, Gaetano Pecorella, Fiamma Nirenstein e Gabriella Carlucci, hanno firmato una lettera in cui chiedono a Berlusconi di non mettere la fiducia sul disegno di legge per la sicurezza e di cambiare alcune norme del provvedimento, giudicate «inaccettabili». L’introduzione nel codice penale del reato di clandestinità, in particolare, imporrebbe a medici e insegnanti l’obbligo di denuncia dei clandestini. «Un regresso spaventoso in fatto di civiltà del nostro Paese», sostengono i firmatari. Insomma, se non è la prima rivolta all’interno del PdL, poco ci manca. Ne

Il governo e i nostri soldi

di Fausto Carioti C’è una cosa che il governo dovrebbe fare in tempi rapidi: restituire i soldi che lo Stato deve agli italiani. Perché adesso c’è la crisi e bisogna intervenire, certo, ma prima ancora per ragioni di banale decenza. Sull’entità della somma dovuta dalla pubblica amministrazione la discussione è aperta. Il ministro Giulio Tremonti sostiene che il debito di questa nei confronti delle imprese ammonti a circa 30 miliardi euro. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, lo quantifica in 60-70 miliardi e cita i dati della Corte dei Conti, secondo la quale, nel 2006, solo nelle regioni a statuto ordinario e unicamente nel comparto sanità, i debiti verso i fornitori ammontavano a 33,7 miliardi. Chiunque dei due abbia ragione, la sostanza non cambia: uno dei motivi per cui tante aziende e famiglie italiane sono con l’acqua alla gola sono i debiti che lo Stato non paga. Ai quali, ovviamente, sono da aggiungere i crediti d’imposta, alcuni dei quali attendono di essere rimbo

Stupri e dna: il Riformista la butta in caciara

di Fausto Carioti Il Riformista scrive che il sottoscritto è «del cariotipo (sarebbe una battuta, ndr) che - come dicono a Roma - intigna». Cioè è uno che ha la predisposizione genetica a insistere sulle cose. Vero. L’ignoto autore dell’articolo in questione, che salvo prova contraria è il direttore Antonio Polito, in compenso è della categoria che - sempre come dicono a Roma - la butta in caciara. Il commento che mi ha dedicato ieri il quotidiano arancione ha il sapore di una difesa d’ufficio rabberciata alla meno peggio per salvare la faccia. Peccato che ciò avvenga sparando una serie di balle. Tutto iniziò quando, a proposito dello stupro della Caffarella, scrissi che «gli investigatori hanno svolto un esame genetico sperimentale sul cromosoma “Y” degli aggressori. I dati ottenuti confermano che, molto probabilmente, costoro appartengono all’etnia romena». Citazione che il Riformista riporta. Ma è l’unica cosa corretta dell’articolo. Il resto della ricostruzione contiene una discre

Berlusconi alla scoperta del Web

di Fausto Carioti «Il centrodestra è praticamente assente dal mondo di Internet. Per questo ci stiamo attrezzando con alcuni giovani per essere presenti nella campagna elettorale su questo mezzo». Chi parlava così, un anno fa, era il portavoce di Silvio Berlusconi, Paolo Bonaiuti. Dei giovani “attrezzati” non si vide traccia. Per fortuna. In compenso, contro la sua frase si rivoltò subito una buona metà del web italiano: quella di centrodestra, che ogni giorno vive e lotta insieme a Silvio, anche se Silvio tutto questo non lo sa («Bonaiuti, ci capisci d’Internet?» rispose incavolata la giornalista-blogger Cristina Missiroli , oggi spin doctor del ministro Giorgia Meloni). E dire che l’Unità se ne era già accorta nel febbraio del 2007. Prima pagina del giornale fondato da Antonio Gramsci: «Nella blogosfera sembra prevalere un orientamento di sinistra. Questo rende ancora più evidente un gap tra partecipazione in rete e attenzione dei partiti verso il fenomeno. Se andiamo a vedere le for

Anche il suo giornale dà torto a Sansonetti

di Fausto Carioti Anche il Riformista, adesso, dà torto a Piero Sansonetti. Qualcuno ricorderà: nei giorni scorsi l’ex direttore di Liberazione aveva firmato un editoriale sul quotidiano arancione, accusando Libero e il sottoscritto nientemeno che di «razzismo». Avevo scritto, infatti, che «gli investigatori hanno svolto un esame genetico sperimentale sul cromosoma “Y” degli aggressori. I dati ottenuti confermano che, molto probabilmente, costoro appartengono all’etnia romena». Tanto era bastato per essere inseriti dall’inorridito Sansonetti nell’elenco dei nuovi mostri, convinti che «i romeni hanno un patrimonio genetico diverso da quello nostro, di noi “bianchi”». Peccato che, oltre ad essere vera (dettaglio per Sansonetti secondario), la notizia sul tipo di indagini svolte non avesse nulla a che fare con il razzismo: la razza umana è una, ma questo non impedisce l’esistenza di caratteristiche genetiche ricorrenti all’interno dei gruppi familiari o delle popolazioni delle diverse re

La fabbrica dei mostri (quella vera)

Sì sì, c'era proprio un gran bisogno di un appello contro il governo Berlusconi. Erano almeno due settimane che Micromega non ne proponeva uno. A colmare questo preoccupante vuoto democratico ci hanno appena pensato gli architetti Gae Aulenti, Massimiliano Fuksas e Vittorio Gregotti, con un appello pubblicato su Repubblica , nel quale invocano «un sussulto civile delle coscienze di questo paese» contro il piano di parziale liberalizzazione dell'edilizia, che secondo loro «rischierebbe di compromettere in maniera definitiva il territorio». In effetti i tre sono esperti di «ecomostri». Uno, in particolare: Gregotti. Avete presente lo Zen di Palermo («Zona espansione nord, abbreviazione Zen», come cantava Edoardo Bennato )? Cioè il quartiere più brutto d'Italia e dell'intera Europa occidentale? Ecco, è stato partorito proprio dalla mente di Gregotti. Le Iene qualche tempo fa andarono a chiedergliene conto. Lui difende il suo obbrobrio e regala una perla unica, che spiega

Fitna e l'ex terrorista islamico

A differenza di molti sedicenti studiosi europei, l'egiziano Tawfik Hamid ( di cui ho scritto qui ) l'islam lo conosce alquanto bene, essendo stato membro dell’organizzazione terroristica Jemaah Islamiya . Oggi il Wall Street Journal pubblica un suo articolo a proposito di Fitna , il film di Geert Wilders che scandalizza le coscienze dei bravi multiculturalisti. Scrive Hamid: Molti commentatori e politici - incluso il governo inglese, che un mese fa gli ha negato l'ingresso nel paese - hanno accusato Wilders di incitare all'odio. Ma la questione è se debba essere criticato Wilders, che ha semplicemente esposto il radicalismo islamico, o se debbano essere criticati coloro che lo promuovono e si cimentano in questo estremismo religioso. In altre parole, dobbiamo incolpare Wilders perché solleva questioni come la lapidazione delle donne, o dobbiamo incolpare chi, in realtà, vuole e pratica questo crimine? Molti musulmani sembrano credere che sia accettabile insegnare l&#

Il presidente costruttore e la sinistra della via Gluck

di Fausto Carioti «Non so perché continuano a costruire le case e non lasciano l’erba, non lasciano l’erba, non lasciano l’erba». Con metà della sinistra italiana rimasta ferma all’Adriano Celentano della via Gluck (anno 1966), la sorte almeno ha voluto che Silvio Berlusconi, il volto umano del cemento, fosse al posto giusto nel momento giusto. Mentre il segretario del Pd, Dario Franceschini, propone di dare soldi a chi non lavora (ottimo modo per incentivare le imprese a licenziare e i disoccupati a rimanere tali) il presidente del consiglio tira fuori dalla bandana l’idea opposta, di gran lunga migliore: affrontare la crisi pagando le persone perché lavorino alla costruzione di qualcosa che resti. Così ha dato il via libera all’avvio, entro sei mesi, di un imponente piano di opere pubbliche. Quasi diciotto miliardi da spendere per il Mose di Venezia, il ponte sullo stretto di Messina e centinaia di chilometri di autostrade e ferrovie, oltre a scuole e carceri. Solo questi interventi,

Gli stupri, il dna, i romeni: botta e risposta con Sansonetti

Primo io ho scritto questo . Poi Piero Sansonetti ha scritto quest'altro . Gli ho risposto con l'articolo qui sotto. di Fausto Carioti Certi personaggi hanno l’abitudine di dipingere i loro avversari - o quelli che loro ritengono tali - non come sono, ma come vorrebbero che fossero. Comodo: così è più facile infangarli. È quello che ha fatto Piero Sansonetti, ex direttore di Liberazione, con il sottoscritto, ieri, dalle colonne del Riformista. Riguardo alle indagini sul delitto della Caffarella, giovedì avevo scritto che «gli investigatori hanno svolto un esame genetico sperimentale sul cromosoma “Y” degli aggressori. I dati ottenuti confermano che, molto probabilmente, costoro appartengono all’etnia romena». Da questa cosa - che è vera, che non ho scritto solo io, che nessuno ha smentito, che viene fatta anche in altri Paesi - Sansonetti deduce che il sottoscritto è «razzista». Poiché, secondo lui, sosterrei che «i romeni hanno un patrimonio genetico diverso da quello nostro,

Chi vuole il silenzio sugli stupri

di Fausto Carioti Un tempo i giornalisti erano pagati per dare le notizie. Adesso si scopre che, se la notizia è politicamente scorretta, il loro mestiere consiste nel nasconderla. Buono a sapersi. Il caso dello stupro della Caffarella è emblematico. Lo scorso 14 febbraio una ragazza di 14 anni, assieme al suo fidanzatino, era stata sorpresa da due individui nel grande parco romano sull’Appia antica. Lei era stata violentata, lui picchiato. Tre giorni dopo, per questo reato erano stati arrestati due romeni. Giovani, ma già pluripregiudicati: Alexandru Loyos, di 20 anni, e Karol Racz, di 36. Esaminando le tracce di dna lasciate dagli autori dello stupro, nelle ultime ore si è scoperto che il loro profilo genetico non coincide con quello dei due arrestati. Puntuale, è scattata la ripicca contro chi aveva sbattuto i due «mostri romeni» in prima pagina. L’accusa, ovvia, è quella di razzismo. Il capo d’imputazione l’ha scritto ieri sul Riformista Piero Sansonetti, ex direttore del quotidi

Donne in pensione a 65 anni: perché è una buona idea

di Fausto Carioti Il cancelliere Otto von Bismarck diceva che le leggi sono come le salcicce: per apprezzarle è meglio non sapere come vengono fatte. Gli inglesi, che di stampa se ne intendono, spesso aggiungono gli articoli dei giornali alla lista delle cose sulle cui origini è meglio non indagare. Per due delle tre categorie, però, stavolta vale la pena di fare un’eccezione. Perché una legge in grado di equiparare l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini, elevandola a 65 anni, è una vecchia battaglia di questo quotidiano. Dettata dal buon senso, prima ancora che da calcoli macroeconomici: se le donne, statistiche alla mano, campano più degli uomini, non si vede perché la loro vita lavorativa debba essere più breve. Né si capisce perché quelle di loro che vogliono ancora lavorare non possano farlo. A maggior ragione in tempi come questi, in cui qualunque risparmio per le casse pubbliche, anche il più piccolo, è il benvenuto. Ecco, sino a non molto tempo fa, trovare tra gli

Belle figure

E adesso chi glielo dice a queste  e a questi che la verità è questa ?

Quattrocento milioni (nostri) per fare un favore alla Lega

di Fausto Carioti Non c’è nessun motivo tecnico dietro alla decisione del governo di non far votare il referendum elettorale assieme alle elezioni europee e a molte amministrative, nel cosiddetto “election day” del 6 e 7 giugno. Tecnicamente, infatti, l’accorpamento chiesto da Mario Segni e Giovanni Guzzetta, promotori del referendum, è fattibilissimo. Tantomeno la scelta è dovuta a ragioni di interesse generale, visto che l’apertura dei seggi il 14 giugno, apposta per far votare il referendum, costerà 400 milioni di euro (nostri). Oltre che fattibile, dunque, l’inserimento delle schede referendarie tra quelle che verranno date in mano agli elettori il primo week-end di giugno è auspicabile dal punto di vista economico. Specie in tempi come questi, con il governo che è costretto a raschiare il fondo del barile. Il motivo della decisione, allora, è solo politico: la Lega teme il referendum, e ha avuto da Silvio Berlusconi il via libera per destinarlo al fallimento. E siccome al Viminale

E tanti saluti a Gramsci

di Fausto Carioti Compagni, addio. La musica è finita, gli amici se ne vanno e l’editore pure. La favola di Renato “Mani bucate” è terminata. Si è conclusa il 16 febbraio, assieme alla carriera politica dell’Obama di Sanluri, diventato all’improvviso il Trombato di Cagliari. Quello stesso giorno, si è scoperto ieri, è iniziata la storia di Soru “Mani di forbice”. Che, in attesa di vendere l’Unità a un nuovo proprietario, ha iniziato il “lavoro sporco”. Tagliando teste di giornalisti, riducendo la foliazione, decurtando le buste paga. È una storia prosaica, ma alquanto istruttiva. Soprattutto per chi è convinto che gli imprenditori di sinistra mettano gli ideali prima dei soldi. Ovviamente non doveva andare così. Ora Soru giura di non voler lasciare la politica. Fa sapere che intende lavorare «alla nascita di un vero Partito democratico sardo». Ma quale Sardegna: lui doveva diventare il leader del Pd nazionale. Le elezioni isolane servivano da trampolino. Vinceva lì, e poi dopo qualche