Un'ottima occasione per dire "No" a Ciampi (ricordando Omnitel)
Per carità, nessuna sorpresa: lo sanno anche i sassi che da qui al voto Carlo Azeglio Ciampi farà il possibile per dare una mano all'Unione e al suo amico Romano Prodi. Però l'intervento con cui, di fatto, ha chiesto a governo e maggioranza di accantonare il progetto di riforma elettorale perché occorre «impiegare i pochi mesi che ci separano dalla fine della legislatura per dare risposta ai problemi più urgenti della società» è importante, perché segna l'entrata in campo del Quirinale nella partita elettorale, a fianco del suo schieramento naturale.
Silvio Berlusconi e la Cdl non hanno preso bene il discorso di Ciampi: un intervento così di parte era atteso, ma tra qualche mese. Però abbozzano e stanno zitti: la parola d'ordine è quella di non far incavolare il presunto arbitro, costi quel che costi. A ulteriore conferma che la denuncia di Renato Brunetta a Gubbio («Basta con Gianni Letta, Ciampi e Gifuni. Basta con le mediazioni. Forza Italia deve tornare a fare politica a viso aperto») era sacrosanta: governo e maggioranza vivono sotto lo schiaffo perenne di Quirinale, tecnici e poteri forti.
Eppure cose da dire a Ciampi ne avrebbero. Ad esempio che non sta a lui dettare l'agenda alle Camere e all'esecutivo. I suoi compiti non lo prevedono in alcun modo: anche in caso di messaggio alle Camere (e non è questo il caso) il limite che non può valicare è la sovranità popolare, della quale Parlamento e governo sono espressione, a differenza di lui. Non sta certo a lui, ma alla maggioranza degli eletti dal popolo decidere quali sono «i problemi più urgenti della società» cui cercare di dare una soluzione in Parlamento. Lui che, detto per inciso, nella sua vita non si è candidato nemmeno a una elezione per amministratore condominiale.
Potessero parlare, quelli della Cdl gli risponderebbero che la Costituzione non vieta da nessuna parte di cambiare la legge elettorale a ridosso del voto, e siccome Ciampi e i suoi amici di sinistra citano a la Costituzione come Ratzinger fa col Vangelo, le loro proteste non hanno alcun fondamento istituzionale, ma si basano solo sulla semplice paura di perdere.
L'intervento di Ciampi va quindi letto per quello che è: un esercizio di moral suasion, vale a dire una felpata minaccia alla maggioranza e al governo di lasciar perdere ogni velleità di riforma della legge elettorale se non vogliono trovarselo contro, e di brutto, nei mesi che restano per arrivare al voto.
Di buono, c'è che ora Berlusconi dovrà scegliere: o abbozza anche stavolta, o tira dritto fregandosene del Quirinale (come intende fare). Vale quasi la pena di tornare al proporzionale (che non è il demonio) solo per togliersi il gusto di vedere la Cdl mettere per una volta gli attributi sul tavolo e chiudere l'epoca delle mediazioni a tutti i costi con Ciampi e gli altri inquilini dei salotti buoni. Mediazioni che sono l'esatto contrario della politica.
Post Scriptum. Ma nel 1994 faceva parte dei «problemi più urgenti della società» anche la scelta del secondo gestore di telefonia mobile, decretata dal governo Ciampi il 27 marzo con una convocazione a sorpresa del consiglio dei ministri a seggi elettorali ancora aperti, quando già gli exit polls davano per certa la vittoria del neonato Polo delle Libertà? Era così vitale per il Paese assegnare in modo tanto irrituale la licenza di operatore Gsm al consorzio Omnitel-Pronto Italia guidato dal suo amico Carlo De Benedetti, editore di Repubblica, che si presentava contro una cordata di cui faceva parte lo stesso Berlusconi? Sono queste le priorità cui si riferisce il Quirinale?
Silvio Berlusconi e la Cdl non hanno preso bene il discorso di Ciampi: un intervento così di parte era atteso, ma tra qualche mese. Però abbozzano e stanno zitti: la parola d'ordine è quella di non far incavolare il presunto arbitro, costi quel che costi. A ulteriore conferma che la denuncia di Renato Brunetta a Gubbio («Basta con Gianni Letta, Ciampi e Gifuni. Basta con le mediazioni. Forza Italia deve tornare a fare politica a viso aperto») era sacrosanta: governo e maggioranza vivono sotto lo schiaffo perenne di Quirinale, tecnici e poteri forti.
Eppure cose da dire a Ciampi ne avrebbero. Ad esempio che non sta a lui dettare l'agenda alle Camere e all'esecutivo. I suoi compiti non lo prevedono in alcun modo: anche in caso di messaggio alle Camere (e non è questo il caso) il limite che non può valicare è la sovranità popolare, della quale Parlamento e governo sono espressione, a differenza di lui. Non sta certo a lui, ma alla maggioranza degli eletti dal popolo decidere quali sono «i problemi più urgenti della società» cui cercare di dare una soluzione in Parlamento. Lui che, detto per inciso, nella sua vita non si è candidato nemmeno a una elezione per amministratore condominiale.
Potessero parlare, quelli della Cdl gli risponderebbero che la Costituzione non vieta da nessuna parte di cambiare la legge elettorale a ridosso del voto, e siccome Ciampi e i suoi amici di sinistra citano a la Costituzione come Ratzinger fa col Vangelo, le loro proteste non hanno alcun fondamento istituzionale, ma si basano solo sulla semplice paura di perdere.
L'intervento di Ciampi va quindi letto per quello che è: un esercizio di moral suasion, vale a dire una felpata minaccia alla maggioranza e al governo di lasciar perdere ogni velleità di riforma della legge elettorale se non vogliono trovarselo contro, e di brutto, nei mesi che restano per arrivare al voto.
Di buono, c'è che ora Berlusconi dovrà scegliere: o abbozza anche stavolta, o tira dritto fregandosene del Quirinale (come intende fare). Vale quasi la pena di tornare al proporzionale (che non è il demonio) solo per togliersi il gusto di vedere la Cdl mettere per una volta gli attributi sul tavolo e chiudere l'epoca delle mediazioni a tutti i costi con Ciampi e gli altri inquilini dei salotti buoni. Mediazioni che sono l'esatto contrario della politica.
Post Scriptum. Ma nel 1994 faceva parte dei «problemi più urgenti della società» anche la scelta del secondo gestore di telefonia mobile, decretata dal governo Ciampi il 27 marzo con una convocazione a sorpresa del consiglio dei ministri a seggi elettorali ancora aperti, quando già gli exit polls davano per certa la vittoria del neonato Polo delle Libertà? Era così vitale per il Paese assegnare in modo tanto irrituale la licenza di operatore Gsm al consorzio Omnitel-Pronto Italia guidato dal suo amico Carlo De Benedetti, editore di Repubblica, che si presentava contro una cordata di cui faceva parte lo stesso Berlusconi? Sono queste le priorità cui si riferisce il Quirinale?