Quella enorme presa in giro chiamata Finanziaria emendabile
Sono stati appena annunciati i provvedimenti inseriti dal governo nella Finanziaria 2006, che contiene una manovra da 20 miliardi di euro. Tra le altre cose sono previsti: un taglio sui contributi «fino all'uno per cento» per abbassare il costo del lavoro; la partecipazione (anche nel ricavato) dei Comuni nella lotta all'evasione; un bonus per la nascita di un figlio (dal secondo in poi); tagli ai budget degli enti locali, agli stipendi dei politici e alle "auto blu"; una tassa sui tubi della distribuzione di energia. I ministri ci spiegheranno, come da copione, che si tratta di una Finanziaria «equa ma rigorosa», ovviamente «attenta allo sviluppo». Tutti i quotidiani, dal Sole 24 Ore al free press che ti regalano nella metro, ci mostreranno i loro schemini con il saldo finale della manovra e le misure principali. Una enorme presa in giro.
Perché la Finanziaria 2006, quella vera, la conosceremo solo pochi giorni prima di Natale. E sarà diversissima da quella che leggeremo domani sui giornali e oggi sulle agenzie e sul televideo. Perché nel frattempo la legge dovrà passare in Parlamento, dove le faranno di tutto. Entrerà come una ragazza giovane e più o meno carina, ne uscirà come una vecchia grassa maitresse che ha assistito a tutte le lordure della vita. Vere e proprie leggine di spesa dalla copertura puramente virtuale, promosse da lobbisti occulti, nascoste tra le pieghe di emendamenti approvati da improbabili maggioranze trasversali. Logrolling spudorati dietro le porte chiuse delle commissioni tra parlamentari che vengono dagli angoli opposti d'Italia e probabilmente si odiano, ma che per l'occasione sono pronti a votare volentieri ognuno il sub-emendamento che fa piovere soldi nel collegio dell'altro, in cambio del favore reciproco. Insomma, il solito assalto alla diligenza, stavolta reso ancora più cruento dalla vicinanza con l'appuntamento elettorale.
Quella definitiva sarà così, come sempre, una Finanziaria assai più pesante, quanto a lunghezza e numero degli articoli, di quella che ci racconteranno oggi, e molto più debole sotto il profilo del rigore, anche se, come sempre, ministro, viceministro e relatore giureranno il contrario prima di correre a casa a tagliare il panettone.
Il governo farà la parte della vittima innocente, ma non lo sarà.
Primo. Perché una parte consistente degli emendamenti in Parlamento li avrà presentati l'esecutivo stesso. Un po' perché, rileggendo il testo, si accorgerà, come sempre, di averlo imbottito di strafalcioni. E un po' perché nemmeno il governo è sordo al pianto del lobbista e alle necessità preelettorali.
Secondo. Perché in questi anni il governo e la maggioranza hanno avuto l'opportunità di varare l'unico provvedimento in grado di dare dignità e stabilità alla spesa pubblica: rendere la Finanziaria inemendabile, sul modello della Gran Bretagna. L'esecutivo la presenta e il Parlamento può votarla in blocco o bocciarla, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano istituzionale. E così addio leggine (almeno quelle più spudorate), addio sub-emendamenti, addio logrolling. Il governo e la maggioranza hanno avuto l'opportunità di spedire questo scempio su History Channel, ma non l'hanno sfruttata.
Perché la Finanziaria 2006, quella vera, la conosceremo solo pochi giorni prima di Natale. E sarà diversissima da quella che leggeremo domani sui giornali e oggi sulle agenzie e sul televideo. Perché nel frattempo la legge dovrà passare in Parlamento, dove le faranno di tutto. Entrerà come una ragazza giovane e più o meno carina, ne uscirà come una vecchia grassa maitresse che ha assistito a tutte le lordure della vita. Vere e proprie leggine di spesa dalla copertura puramente virtuale, promosse da lobbisti occulti, nascoste tra le pieghe di emendamenti approvati da improbabili maggioranze trasversali. Logrolling spudorati dietro le porte chiuse delle commissioni tra parlamentari che vengono dagli angoli opposti d'Italia e probabilmente si odiano, ma che per l'occasione sono pronti a votare volentieri ognuno il sub-emendamento che fa piovere soldi nel collegio dell'altro, in cambio del favore reciproco. Insomma, il solito assalto alla diligenza, stavolta reso ancora più cruento dalla vicinanza con l'appuntamento elettorale.
Quella definitiva sarà così, come sempre, una Finanziaria assai più pesante, quanto a lunghezza e numero degli articoli, di quella che ci racconteranno oggi, e molto più debole sotto il profilo del rigore, anche se, come sempre, ministro, viceministro e relatore giureranno il contrario prima di correre a casa a tagliare il panettone.
Il governo farà la parte della vittima innocente, ma non lo sarà.
Primo. Perché una parte consistente degli emendamenti in Parlamento li avrà presentati l'esecutivo stesso. Un po' perché, rileggendo il testo, si accorgerà, come sempre, di averlo imbottito di strafalcioni. E un po' perché nemmeno il governo è sordo al pianto del lobbista e alle necessità preelettorali.
Secondo. Perché in questi anni il governo e la maggioranza hanno avuto l'opportunità di varare l'unico provvedimento in grado di dare dignità e stabilità alla spesa pubblica: rendere la Finanziaria inemendabile, sul modello della Gran Bretagna. L'esecutivo la presenta e il Parlamento può votarla in blocco o bocciarla, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano istituzionale. E così addio leggine (almeno quelle più spudorate), addio sub-emendamenti, addio logrolling. Il governo e la maggioranza hanno avuto l'opportunità di spedire questo scempio su History Channel, ma non l'hanno sfruttata.