La Casa dei morti viventi
Tutto quello che ho da dire sulla Cdl, il governo e Forza Italia. Senza peli sulla lingua.
di Fausto Carioti
Sveliamo il segreto di Pulcinella. Da mesi, ormai, molti esponenti del centrodestra (sì, anche di Forza Italia), a microfoni spenti dicono che la partita del 2006 è già persa e che quindi tanto vale perderla dando a quegli infami dei propri alleati la minima soddisfazione possibile. E proprio con questo intento fratricida molti di loro stanno lavorando alla spartizione dei collegi tra i partiti della Casa delle Libertà. Tra quelli che preferiscono stare zitti, c’è chi non parla perché nell’ombra sta trattando con il centrosinistra le condizioni per un appoggio più o meno esterno all’inevitabile (secondo loro) futuro governo Prodi. Non è proprio quello che gli elettori della Cdl si aspettano dai loro rappresentanti. Persa per persa, Renato Brunetta, europarlamentare e consigliere economico del presidente del Consiglio, ieri ha usato l’elettroshock. Mai sentito niente di così duro e così vero da parte di un esponente di Forza Italia. A Gubbio, in un seminario pubblico davanti ai colonnelli del suo partito, Brunetta ha detto quello che pensa chiunque osservi da vicino la situazione del governo e abbia un minimo a cuore le idee che hanno fatto vincere a questa maggioranza le elezioni del 2001. Concetti ai quali i lettori di Libero sono abituati, ma che detti in quella circostanza sono stati accolti dagli officianti come una bestemmia in chiesa. Peggio: come il primo tentativo di aprire il dibattito dentro Forza Italia.
Ha detto, Brunetta, che le scelte prese dai governi dell’Ulivo nella passata legislatura e la crisi successiva all’11 Settembre non bastano a spiegare l’attuale stagnazione economica: governo e maggioranza hanno le loro colpe e devono assumersele, perché potevano fare di più, sul terreno delle riforme, e non l’hanno fatto. Ha invitato Sandro Bondi e gli altri a non lamentarsi perché la sinistra non riconosce legittimità a questa maggioranza: la dignità politica, come quella individuale, bisogna innanzitutto riconoscersela da soli, anche smettendo di omaggiare i poteri forti e l’opposizione, perché usare simili gentilezze è come portare fiori al boia nella speranza che ti decapiti senza farti troppo male (il paragone è nostro, ma Brunetta e quelli che la pensano come lui lo sottoscriverebbero). Ha fatto i conti: delle 700 nomine firmate a Palazzo Chigi in questi anni, meno dell’uno per cento sono state funzionali al governo e alla sua attività. La logica che ha prevalso in tutti gli altri casi è stata quella di elemosinare la benevolenza altrui, indicando nomi graditi all’opposizione e/o al Quirinale. Nomi che con la maggioranza e i suoi elettori non avevano nulla a che fare. Tipo quello di Lorenzo Bini Smaghi, il grand commis che il governo italiano ha scelto per la Banca centrale europea. Col risultato, ha ricordato Brunetta, di vederlo attaccare la politica fiscale del governo dinanzi al Parlamento di Strasburgo. Identico discorso per i nomi che già si fanno per il dopo-Fazio: Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi: tutta gente «che sta dall’altra parte».
Soprattutto, Brunetta si è permesso di far notare che la politica del Paese è in mano a ottime persone, che però non si sono mai candidate a un’elezione in vita loro. Iniziando da Carlo Azeglio Ciampi, passando per il suo consigliere Gaetano Gifuni e per lo stesso braccio destro del premier, Gianni Letta, per finire al ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco. Questo affidarsi a nomi fuori dalla politica, a tecnici e ciambellani di rango, non è forse il segnale più chiaro che in questi anni è stata persa un’occasione d’oro, quella di creare una classe dirigente politica degna di questo nome? Certo che lo è. Ma allora, perché solo ieri qualcuno della Cdl ha avuto il coraggio di dirlo in pubblico?
Discorso che si può allargare alla continua e umiliante ricerca di mediazioni a tutti i costi, sempre nella speranza di essere accolti da un editoriale non proprio negativo sui quotidiani della buona borghesia, gli stessi che un giorno bastonano l’esecutivo per le riforme che annuncia e quello dopo lo accusano di immobilismo. Ma Berlusconi e i suoi, il 13 maggio del 2001, furono mandati al governo per cambiare il Paese, non per scendere a compromessi con chi il Paese non lo vuole cambiare.
Se la diagnosi di Brunetta ha una colpa è quella di arrivare tardi, quando tutto rischia di essere già compromesso. Le reazioni alla sua denuncia fotografano lo scollamento drammatico tra i dirigenti di Forza Italia e la base che dovrebbero rappresentare. La platea ha accolto le sue parole come un assetato fa con la borraccia. Applausi a scroscio, atmosfera da stadio e lunga standing ovation finale. Le prime file, imbarazzate, hanno invece fatto a gara con gli esponenti di sinistra a chi meglio riusciva a prendere le distanze da parole tanto oltraggiose nei confronti del Quirinale. Lo stesso Berlusconi, da Roma, ha espresso la sua «assoluta e totale condanna» per il coinvolgimento del Capo dello Stato nel dibattito interno al partito e alla coalizione. Così, però, si va poco lontano.
L’economista ha detto a tutti che il re, se non cambia subito marcia (e magari uomini), è destinato alla sconfitta. Il che non sarebbe un gran peccato (Berlusconi avrà sicuramente di che consolarsi), se non fosse che con lui finirebbe sconfitta almeno metà degli elettori di questo Paese. Gente che vuole liberare il mercato dalle catene dei sindacati e delle corporazioni e sa che tutto questo non lo potrà mai avere da Prodi; gente che in questi anni ha visto con stupore, per la prima volta, il proprio Paese schierato senza imbarazzi accanto agli Stati Uniti e alle altre democrazie occidentali. Gente che non vuole tornare indietro. È per loro che vale la pena di provarci. Oggi a Gubbio è previsto l’arrivo di Berlusconi. Silvio, se ci sei batti un colpo.
© Libero. Pubblicato il 10 settembre 2005.
See also: La Casa dei morti viventi 2 (featuring Romano Prodi)
di Fausto Carioti
Sveliamo il segreto di Pulcinella. Da mesi, ormai, molti esponenti del centrodestra (sì, anche di Forza Italia), a microfoni spenti dicono che la partita del 2006 è già persa e che quindi tanto vale perderla dando a quegli infami dei propri alleati la minima soddisfazione possibile. E proprio con questo intento fratricida molti di loro stanno lavorando alla spartizione dei collegi tra i partiti della Casa delle Libertà. Tra quelli che preferiscono stare zitti, c’è chi non parla perché nell’ombra sta trattando con il centrosinistra le condizioni per un appoggio più o meno esterno all’inevitabile (secondo loro) futuro governo Prodi. Non è proprio quello che gli elettori della Cdl si aspettano dai loro rappresentanti. Persa per persa, Renato Brunetta, europarlamentare e consigliere economico del presidente del Consiglio, ieri ha usato l’elettroshock. Mai sentito niente di così duro e così vero da parte di un esponente di Forza Italia. A Gubbio, in un seminario pubblico davanti ai colonnelli del suo partito, Brunetta ha detto quello che pensa chiunque osservi da vicino la situazione del governo e abbia un minimo a cuore le idee che hanno fatto vincere a questa maggioranza le elezioni del 2001. Concetti ai quali i lettori di Libero sono abituati, ma che detti in quella circostanza sono stati accolti dagli officianti come una bestemmia in chiesa. Peggio: come il primo tentativo di aprire il dibattito dentro Forza Italia.
Ha detto, Brunetta, che le scelte prese dai governi dell’Ulivo nella passata legislatura e la crisi successiva all’11 Settembre non bastano a spiegare l’attuale stagnazione economica: governo e maggioranza hanno le loro colpe e devono assumersele, perché potevano fare di più, sul terreno delle riforme, e non l’hanno fatto. Ha invitato Sandro Bondi e gli altri a non lamentarsi perché la sinistra non riconosce legittimità a questa maggioranza: la dignità politica, come quella individuale, bisogna innanzitutto riconoscersela da soli, anche smettendo di omaggiare i poteri forti e l’opposizione, perché usare simili gentilezze è come portare fiori al boia nella speranza che ti decapiti senza farti troppo male (il paragone è nostro, ma Brunetta e quelli che la pensano come lui lo sottoscriverebbero). Ha fatto i conti: delle 700 nomine firmate a Palazzo Chigi in questi anni, meno dell’uno per cento sono state funzionali al governo e alla sua attività. La logica che ha prevalso in tutti gli altri casi è stata quella di elemosinare la benevolenza altrui, indicando nomi graditi all’opposizione e/o al Quirinale. Nomi che con la maggioranza e i suoi elettori non avevano nulla a che fare. Tipo quello di Lorenzo Bini Smaghi, il grand commis che il governo italiano ha scelto per la Banca centrale europea. Col risultato, ha ricordato Brunetta, di vederlo attaccare la politica fiscale del governo dinanzi al Parlamento di Strasburgo. Identico discorso per i nomi che già si fanno per il dopo-Fazio: Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi: tutta gente «che sta dall’altra parte».
Soprattutto, Brunetta si è permesso di far notare che la politica del Paese è in mano a ottime persone, che però non si sono mai candidate a un’elezione in vita loro. Iniziando da Carlo Azeglio Ciampi, passando per il suo consigliere Gaetano Gifuni e per lo stesso braccio destro del premier, Gianni Letta, per finire al ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco. Questo affidarsi a nomi fuori dalla politica, a tecnici e ciambellani di rango, non è forse il segnale più chiaro che in questi anni è stata persa un’occasione d’oro, quella di creare una classe dirigente politica degna di questo nome? Certo che lo è. Ma allora, perché solo ieri qualcuno della Cdl ha avuto il coraggio di dirlo in pubblico?
Discorso che si può allargare alla continua e umiliante ricerca di mediazioni a tutti i costi, sempre nella speranza di essere accolti da un editoriale non proprio negativo sui quotidiani della buona borghesia, gli stessi che un giorno bastonano l’esecutivo per le riforme che annuncia e quello dopo lo accusano di immobilismo. Ma Berlusconi e i suoi, il 13 maggio del 2001, furono mandati al governo per cambiare il Paese, non per scendere a compromessi con chi il Paese non lo vuole cambiare.
Se la diagnosi di Brunetta ha una colpa è quella di arrivare tardi, quando tutto rischia di essere già compromesso. Le reazioni alla sua denuncia fotografano lo scollamento drammatico tra i dirigenti di Forza Italia e la base che dovrebbero rappresentare. La platea ha accolto le sue parole come un assetato fa con la borraccia. Applausi a scroscio, atmosfera da stadio e lunga standing ovation finale. Le prime file, imbarazzate, hanno invece fatto a gara con gli esponenti di sinistra a chi meglio riusciva a prendere le distanze da parole tanto oltraggiose nei confronti del Quirinale. Lo stesso Berlusconi, da Roma, ha espresso la sua «assoluta e totale condanna» per il coinvolgimento del Capo dello Stato nel dibattito interno al partito e alla coalizione. Così, però, si va poco lontano.
L’economista ha detto a tutti che il re, se non cambia subito marcia (e magari uomini), è destinato alla sconfitta. Il che non sarebbe un gran peccato (Berlusconi avrà sicuramente di che consolarsi), se non fosse che con lui finirebbe sconfitta almeno metà degli elettori di questo Paese. Gente che vuole liberare il mercato dalle catene dei sindacati e delle corporazioni e sa che tutto questo non lo potrà mai avere da Prodi; gente che in questi anni ha visto con stupore, per la prima volta, il proprio Paese schierato senza imbarazzi accanto agli Stati Uniti e alle altre democrazie occidentali. Gente che non vuole tornare indietro. È per loro che vale la pena di provarci. Oggi a Gubbio è previsto l’arrivo di Berlusconi. Silvio, se ci sei batti un colpo.
© Libero. Pubblicato il 10 settembre 2005.
See also: La Casa dei morti viventi 2 (featuring Romano Prodi)