Gli zombies di Kyoto
Un motivo per leggere l'odierna pagina degli editoriali del Wall Street Journal è il commento sul trattato di Kyoto. Dove si spiega perché il trattato sia, di fatto, già morto, nonostante la conferenza delle Nazioni Unite che si è tenuta a Montreal l'abbia dichiarato ipocritamente «fully operational». Riassumo.
- India e Cina, esentate dal protocollo di Kyoto in quanto Paesi non ancora industrializzati a sufficienza, non hanno alcuna intenzione di tagliare le emissioni nel futuro prevedibile. E la Cina è la seconda "fabbrica" di gas serra del pianeta. Gli Stati Uniti (primi in classifica) hanno già detto che non ratificheranno il trattato di Kyoto. Chi critica George W. Bush per questa decisione, sappia che Bill Clinton, dopo aver fatto firmare il trattato ad Al Gore, lo ha chiuso in un cassetto guardandosi bene dal sottoporlo al giudizio del Senato.
- Gli obiettivi del trattato sono ritenuti irrealizzabili dagli stessi firmatari. Il protocollo di Kyoto prevede di portare le emissioni di gas serra, entro il 2012, a un livello inferiore del 5% a quello del 1990. Eppure nel 2003 questi livelli erano superiori del 10% a quelli del 1990 in Italia e Giappone, di oltre il 20% in Irlanda e Canada, di oltre il 40% in Spagna. Per dirla con Tony Blair, «la verità brutale è che nessun Paese vorrà sacrificare la sua crescita economica per raggiungere simili obiettivi».
- Gli unici due Paesi seriamente industrializzati che sinora hanno rispettato gli obiettivi, Gran Bretagna e Germania, l'hanno fatto più per ragioni incidentali che altro: la fine del carbone inglese e il crollo dell'industria della Germania Est (probabilmente tra le più inquinanti a memoria d'uomo).
- La stessa comunità scientifica è tutt'altro che convinta della serietà degli assunti su cui si basa il protocollo di Kyoto. La curva a forma di mazza da hockey, pubblicata sulla rivista "Nature" nel 1998, che secondo i fedeli del mantra di Kyoto mostrerebbe in modo incontrovertibile il nesso causale tra industrializzazione e aumento della temperatura del globo, è il frutto di una serie di errori di valutazione grossolani, smascherati, tra gli altri, dai canadesi Stephen McIntyre e Ross McKitrick (qui il loro lavoro, formato Pdf, e qui altri link utili). Non solo: è provato che durante il Medio Evo il pianeta subì una fase di riscaldamento simile a quella attuale. All'epoca, però, non vi erano industrie né automobili fuoristrada. Morale: la temperatura della Terra risponde più a cause naturali (eruzioni vulcaniche e attività solare, ad esempio) che all'attività dell'uomo. Ed esistono prove consistenti che in molte aree del pianeta, persino industrializzate come la Gran Bretagna, la temperatura media vada scendendo, piuttosto che aumentare.
- Intanto Stati Uniti, Giappone, Cina, Corea del Sud, India e Australia, che messe insieme valgono quasi metà della popolazione mondiale, a gennaio s'incontreranno a Sydney, per lanciare un accordo parallelo a quello di Kyoto, ma dagli obiettivi ben diversi: invece di penalizzare le industrie e la crescita economica, usare la tecnologia per arrivare al più presto allo sfruttamento delle fonti d'energia pulite del futuro (vedi alla voce idrogeno). E anche questa è una prova del fatto che il protocollo di Kyoto è considerato politicamente defunto dai suoi stessi firmatari (vale la pena di ricordare che Kyoto è in Giappone).
PS: detto tutto questo, il blog italiano di riferimento per ogni questione relativa al trattato di Kyoto è, notoriamente, Happytrails, dell'ottimo Carlo Stagnaro.
Addendum: Anche Carlo Lottieri si è occupato della questione per conto dell'Istituto Bruno Leoni.
- India e Cina, esentate dal protocollo di Kyoto in quanto Paesi non ancora industrializzati a sufficienza, non hanno alcuna intenzione di tagliare le emissioni nel futuro prevedibile. E la Cina è la seconda "fabbrica" di gas serra del pianeta. Gli Stati Uniti (primi in classifica) hanno già detto che non ratificheranno il trattato di Kyoto. Chi critica George W. Bush per questa decisione, sappia che Bill Clinton, dopo aver fatto firmare il trattato ad Al Gore, lo ha chiuso in un cassetto guardandosi bene dal sottoporlo al giudizio del Senato.
- Gli obiettivi del trattato sono ritenuti irrealizzabili dagli stessi firmatari. Il protocollo di Kyoto prevede di portare le emissioni di gas serra, entro il 2012, a un livello inferiore del 5% a quello del 1990. Eppure nel 2003 questi livelli erano superiori del 10% a quelli del 1990 in Italia e Giappone, di oltre il 20% in Irlanda e Canada, di oltre il 40% in Spagna. Per dirla con Tony Blair, «la verità brutale è che nessun Paese vorrà sacrificare la sua crescita economica per raggiungere simili obiettivi».
- Gli unici due Paesi seriamente industrializzati che sinora hanno rispettato gli obiettivi, Gran Bretagna e Germania, l'hanno fatto più per ragioni incidentali che altro: la fine del carbone inglese e il crollo dell'industria della Germania Est (probabilmente tra le più inquinanti a memoria d'uomo).
- La stessa comunità scientifica è tutt'altro che convinta della serietà degli assunti su cui si basa il protocollo di Kyoto. La curva a forma di mazza da hockey, pubblicata sulla rivista "Nature" nel 1998, che secondo i fedeli del mantra di Kyoto mostrerebbe in modo incontrovertibile il nesso causale tra industrializzazione e aumento della temperatura del globo, è il frutto di una serie di errori di valutazione grossolani, smascherati, tra gli altri, dai canadesi Stephen McIntyre e Ross McKitrick (qui il loro lavoro, formato Pdf, e qui altri link utili). Non solo: è provato che durante il Medio Evo il pianeta subì una fase di riscaldamento simile a quella attuale. All'epoca, però, non vi erano industrie né automobili fuoristrada. Morale: la temperatura della Terra risponde più a cause naturali (eruzioni vulcaniche e attività solare, ad esempio) che all'attività dell'uomo. Ed esistono prove consistenti che in molte aree del pianeta, persino industrializzate come la Gran Bretagna, la temperatura media vada scendendo, piuttosto che aumentare.
- Intanto Stati Uniti, Giappone, Cina, Corea del Sud, India e Australia, che messe insieme valgono quasi metà della popolazione mondiale, a gennaio s'incontreranno a Sydney, per lanciare un accordo parallelo a quello di Kyoto, ma dagli obiettivi ben diversi: invece di penalizzare le industrie e la crescita economica, usare la tecnologia per arrivare al più presto allo sfruttamento delle fonti d'energia pulite del futuro (vedi alla voce idrogeno). E anche questa è una prova del fatto che il protocollo di Kyoto è considerato politicamente defunto dai suoi stessi firmatari (vale la pena di ricordare che Kyoto è in Giappone).
PS: detto tutto questo, il blog italiano di riferimento per ogni questione relativa al trattato di Kyoto è, notoriamente, Happytrails, dell'ottimo Carlo Stagnaro.
Addendum: Anche Carlo Lottieri si è occupato della questione per conto dell'Istituto Bruno Leoni.