Castro è malato e la sinistra l'ha già seppellito

di Fausto Carioti
Fidel Castro e la sua dittatura puzzano di morto. La conferma viene dai compagni italiani, come Massimo D’Alema, e dal governo spagnolo di José Luis Rodríguez Zapatero, che in questi giorni, con curiosa coincidenza di tempi, hanno celebrato in anticipo le esequie del tiranno cubano e della sua tragica esperienza politica.
D’Alema, pochi giorni fa, intervistato dal quotidiano paraguayano Abc, ha gettato la prima palata di terra sulla tomba del dittatore: «Non siamo d’accordo con Castro per le violazioni dei diritti umani che commette. Si reprimono i dissidenti. Vi sono cose inaccettabili. (...) Conosco Fidel da 30 anni. Lo ammiravo. Era un rivoluzionario. Ma ora è un conservatore. È un ostacolo per il suo paese. Cuba ha bisogno di democrazia, di cambiamento di leadership». Non una voce, nemmeno tra gli imbarazzati Comunisti italiani, si è alzata contro queste parole.
Pochi giorni dopo, analoga mossa è stata compiuta da José Bono, ministro della Difesa spagnolo e membro del partito socialista, lo stesso di Zapatero. Parlando del presidente venezuelano Hugo Chávez, ha detto che «non è giunto al potere come ci arrivò Fidel Castro o come ci arrivò Pinochet. Ci è arrivato grazie alle urne». Ragionamento inconfutabile, che però ha fatto imbestialire Castro: il paragone con Pinochet non è l’accostamento più gradito a un’icona globale della sinistra. L'ambasciatore spagnolo all'Havana è stato convocato d'urgenza e Bono ha fatto una mezza rettifica, che comunque non cambia di molto il suo giudizio politico sul dittatore: il sentimento di «ripugnanza» nei confronti di «un assassino come Pinochet», ha detto il ministro, non è lo stesso che nutre nei confronti di Castro, tra i due vi sono «delle differenze».
Non è un caso che la rottamazione di Castro sia diventata, all’improvviso, l’ultima moda della sinistra continentale. La notizia che l’anziano tiranno (classe 1926), già colpito da una mezza dozzina di ischemie cerebrali e da alcune patologie polmonari, sia ora affetto dal morbo di Parkinson, è stata diffusa dalla Cia, ma è ritenuta credibile, e certo fa riflettere il paragone che lo stesso Castro, pur negando di essere malato, ha appena fatto tra le sue condizioni di salute e quelle di Giovanni Paolo II , «che aveva il Parkinson e ha passato un mucchio di anni in giro per il mondo». «Sotto voce», racconta uno degli esuli cubani più illustri, lo scrittore Carlos Alberto Montaner, «la classe dirigente cubana calcola che a Castro rimangano un paio d’anni di vita». Non pare stare molto meglio l’erede designato, il fratello Raúl (classe 1931), il cui fegato sarebbe in condizioni disastrose. «Siamo nelle mani di due malati terminali», è la frase di un esponente del regime dell’Havana che già in passato, in occasione di “soffiate” analoghe fornite agli americani, ha dato prova di essere ben informato e credibile. Tra gli esuli cubani di Miami e dintorni la sensazione di essere alla fine dell’attesa non è mai stata così forte. A Cuba si sta chiudendo un’epoca e la sinistra italiana, che ha ripudiato il marxismo per abbracciare la realpolitik, l’ha capito bene.

© Libero. Pubblicato il 30 novembre 2005.

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