Se Fidel Castro si converte...

Ne avevamo accennato qui. Ora sul sito di Antonio Socci è arrivato il suo splendido articolo sul dittatore morente:
«Fidel Castro in ospedale sente avvicinarsi la morte e ha paura. Del giudizio di Dio. Lo ha spiegato, in un’intervista al Corriere della sera uscita ieri, sua figlia Alina che nel 1993 è fuggita dall’isola dove suo padre ha schiavizzato un intero popolo. Due flash bastano a capire la sua storia: “papà non c’era mai. Lo vedevo parlare alla tv nove ore al giorno”, “ricordo che all’età di tre anni i cartoni animati di Topolino furono rimpiazzati in televisione dalle esecuzioni ordinate da mio padre. Fu per me un trauma”.

Il tiranno comunista, a 80 anni, in condizioni pessime ora è in crisi, divorato dai morsi della coscienza. Ripensa a tutti i suoi crimini, al fiume di poveracci che ha fatto straziare, al mare di lacrime che ha fatto piangere, alla voce delle sue vittime indifese. Per decenni è riuscito a impedire che quella voce fosse udita fuori, ma da bamino ebbe un’educazione cattolica e ora, vecchio e carico di crimini, si è ricordato che la voce piangente delle vittime, sebbene rinchiusa nel carcere più buio, perfino la voce più flebile, arriva sempre al trono dell’Onnipotente, giusto Giudice. Arriva sempre. E non resta mai inascoltata. E Dio, come dice Maria nel Magnificat, è colui che “disperde i superbi”, che “rovescia i potenti dai troni” e che “innalza gli umili”. E’ colui che – secondo le parole di Gesù – giudicherà per l’eternità i malvagi: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno…” (Mt 25, 41).

Devono essere di questo tipo i pensieri neri che si affollano nella mente del vecchio despota comunista».
Il resto qui, sul sito di Socci.

Solita piccola selezione cubana da questo blog:
"Il male di Fidel Castro è incurabile. Non arriverà al 2007"
La Leni Riefenstahl di Guevara e Castro
Andy Garcia contro Castro e Guevara (c'è una Hollywood che pensa)
Il libro nero del comunismo cubano (ovvero il conto del macellaio)

Post popolari in questo blog

L'articolo del compagno Giorgio Napolitano contro Aleksandr Solzhenitsyn

La bottiglia ricavata dal mais, ovvero quello che avremmo potuto essere