Napoli senza retorica

In attesa di un auspicabile quanto improbabile ripristino in tempi brevi dell'efficacia della legislazione italiana in quel di Napoli, sarebbe bello e dignitoso che i politici e i media, per una volta, si astenessero dalla mistica della "mobilitazione delle coscienze", della società civile che alza la testa e da altri simili esercizi di retorica infondata. A puro titolo d'esempio:

Le fiaccolate. Quelle con il sindaco, i sindacalisti, gli esponenti politici di ogni schieramento e tanta brava gente al seguito, tutti a sfilare in piazza davanti alle telecamere per dire "Mai più!". Tanto lo sanno tutti che al mattino dopo ogni cosa sarà esattamente come prima. Non si cambiano le cose accendendo una candela e tenendosi per mano. Si cambiano entrando in commissariato e raccontando quello che si sa sull'omicidio cui si è assistito in piazza mezz'ora prima. E questo, di norma, si fa di nascosto, lontani dalle telecamere. Se non si ha il coraggio di farlo, magari perché si tiene famiglia, è perfettamente comprensibile. Però, allora, evitiamo pure di scendere in piazza con la nostra candelina per atteggiarci a lievito del cambiamento. E, se qualcuno lo fa, non fingiamo di credere che possa servire a qualcosa.

I temi dei bambini. Quelli che poi magari vengono letti al telegiornale, quelli in cui i piccoli devono mostrare di avere imparato a memoria la lezione su quanto è brutta la camorra. Quelli con cui le maestre si illudono di cambiare a colpi di frasi fatte ciò che le famiglie sanno o non sanno trasmettere ai loro figli. I piccoli che oggi - povere anime - sono costretti a scrivere quei temini, tutti scontati e tutti uguali, domani saranno chi poliziotto, chi camorrista, chi tabaccaio con la pistola nascosta sotto la cassa. Il senso dello Stato non lo impari a pappagallo sui banchi di scuola. Lo impari vedendo che lo spacciatore sotto casa, invece di cambiare una Porsche al mese e girare sempre circondato da donne, è oggetto della più esplicita riprovazione sociale e un bel giorno viene arrestato dai carabinieri, tra gli applausi degli abitanti del quartiere.

Le interviste per strada sulla "situazione di Napoli". Quei servizi inutili dei telegiornali, privi di ogni valore documentale e statistico, il cui contenuto viene deciso in sala di montaggio (registri 20 minuti di interviste, mandi in onda 40 secondi in cui metti quello che ti pare). La verità è che ce li appioppano perché sono facili da fare, costano pochissimo e servono solo a riempire il vuoto d'idee del direttore e della redazione del telegiornale. Vale sempre, ma se è accettabile che simili interviste vengano mandate in onda quando l'argomento è lo shopping natalizio, sono umilianti per chi le fa e chi le osserva quando riguardano cose molto serie come i morti ammazzati.

Le formule a effetto. Le sanno inventare tutti, ma bisogna ammettere che i sindaci di sinistra sono i più bravi. Qualche anno fa, ai tempi di Leoluca Orlando, andava di moda la "primavera palermitana". Tutti i palermitani, all'improvviso, erano diventati nemici della mafia per il semplice fatto di essere andati alle urne a votare in massa per Orlando. Per poi tornare, con la stessa rapidità, inspiegabilmente omertosi, conniventi o collusi quando, con percentuali simili, decisero di votare per Forza Italia e per il centrodestra. Dopo, per un po', si è parlato di "rinascimento partenopeo", ovviamente con Antonio Bassolino nei panni di Leonardo da Vinci. Di norma, certe baggianate spuntano fuori dopo un periodo particolarmente difficile, per generare negli elettori l'illusione della svolta. La speranza è che stavolta ci vengano risparmiate. Intediamoci: i politici fanno il loro mestiere quando sparano simili cavolate. La vergogna sono i giornalisti e i sedicenti intellettuali che sgomitano per controfirmarle.

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