Markus Wolf e i cinesi che si mangiavano la carta

Non solo bambini (settimo capitolo dei "Nine commentaries on the Communist Party": Silvio Berlusconi aveva ragione). I comunisti cinesi si mangiavano anche la carta. Interi faldoni. Il racconto nella splendida autobiografia, ormai quasi introvabile, di quel pezzo di storia scomparso ieri, Markus Wolf, per tre decenni alla guida della Hauptverwaltung Aufklärung (Hva), il dipartimento per lo spionaggio estero della famigerata Stasi, i servizi segreti della Germania Orientale.

E' il gennaio 1965. Wolf, l'"uomo senza volto", è in volo su un turboelica Antonov 124, «il più grande velivolo da trasporto della flotta aerea dell'Urss». Direzione Cuba, quattro anni dopo la caduta di Fulgencio Batista, per insegnare l'arte dello spionaggio a Fidel Castro Ruz e ai suoi sgherri. Gli unici non russi sull'aereo sono due corrieri diplomatici cinesi. L'aereo carico di spie è costretto ad atterrare a New York, aeroporto John F. Kennedy. E' bloccato sulla pista. Le "barbe finte" hanno il terrore che gli americani entrino nel velivolo, requisiscano tutto il materiale e fotografino e interroghino gli occupanti. Racconta Wolf:

«Passai in rassegna le implicazioni della mia presenza a New York dal punto di vista dello spionaggio. Di cosa avrei potuto essere accusato, se fossi stato identificato? C’erano capi di imputazione che permettessero di trattenermi, o addirittura di processarmi qui? (...)

Questo corso di pensieri fu interrotto da un colpetto sulla spalla di uno dei miei colleghi. Vidi che accennava ai cinesi seduti di fronte a noi: i due corrieri diplomatici avevano aperto le valigette, e avevano cominciato a mangiare le carte che si trovavano all’interno. Il loro senso del dovere ci commosse. Masticare e inghiottire erano le sole armi che avessero a disposizione in quel momento contro il nemico di classe. Ma i fascicoli erano spessi, e loro non avevano neanche un po' d’acqua. Dovevamo aiutarli, nel nome dell'internazionalismo proletario? Ci consultammo brevemente, e concludemmo con un certo sollievo che un gesto simile poteva rappresentare un’indebita ingerenza nelle questioni interne cinesi, con imprevedibili conseguenze sui rapporti tra i nostri paesi. Nel frattempo, la temperatura all’interno dell’aereo era precipitata. L’unica forma di ventilazione era costituita dalla fredda aria invernale che entrava da fuori. Il termometro segnava una temperatura inferiore a zero, e i passeggeri rabbrividivano, vestiti com’erano in previsione del clima mite di Cuba. Trascorsero ore sempre più sgradevoli, finché comparve il console sovietico con un thermos di tè bollente. Quanto a quello che stava succedendo, apparentemente ne sapeva poco anche lui. "Mosca e Washington stanno negoziando" ripeté più di una volta. L’aereo era stato costretto ad atterrare perché aveva esaurito il carburante. All’indomani della crisi dei missili del 1961, tutte le facilitazioni di atterraggio e rifornimento ai velivoli del blocco sovietico erano state sospese, nel quadro delle sanzioni al regime di Fidel Castro.

Nell’insieme, passarono diciotto ore prima che la gentile hostess del Kgb mi sussurrasse che Washington stava per autorizzare l’Antonov a fare rifornimento e a decollare, a condizione che a bordo ci fossero due ufficiali dell’Air Force come osservatori — e si poteva star certi che avrebbero osservato, a cominciare dalla fisionomia dei passeggeri.

Cercai di comunicare la buona notizia ai cinesi, col solo risultato di allarmarli ancora di più. Nel frattempo, la loro capacità digestiva si era esaurita, ed essi avevano cominciato a utilizzare la toilette a turno, per completare l’orgia di distruzione. Per un momento, attraverso la porta socchiusa, scorsi uno dei due che, chinato sul lavandino, si indaffarava con la dura saponetta sovietica su un foglio di seta, che doveva essere coperto di messaggi cifrati. Forse, si trattava di istruzioni per le organizzazioni della guerriglia latino-americana, molte delle quali si consideravano direttamente agli ordini del presidente Mao. Comunque andasse a finire, era chiaro che le istruzioni sarebbero state impartite solo oralmente. All’incirca ogni cinque minuti, l’acqua scorreva nel water. Ripartimmo verso mezzanotte; finì così il mio primo, fortuito soggiorno negli Stati Uniti. Non ne avevo visto molto: solo il profilo dei grattacieli, in lontananza, e un tratto dell’autostrada che conduceva all’aeroporto».

Non so se a tutti fa lo stesso effetto. Ma io il racconto dei cinesi che passano ore a mangiarsi i pesanti faldoni del compagno Mao l'ho trovato divertentissimo. E mi è tornato in mente appena ho letto della scomparsa di Wolf.

Per chi vuole saperne di più su Markus Wolf: Morto Markus Wolf, la spia della guerra fredda, su Walking Class.
A proposito della Germania Est e del Muro di Berlino: Berlino Est 1961-1989: si scappava così, su questo stesso blog.

Post popolari in questo blog

L'articolo del compagno Giorgio Napolitano contro Aleksandr Solzhenitsyn

La bottiglia ricavata dal mais, ovvero quello che avremmo potuto essere