Contribuenti italiani, spremuti e derisi

di Fausto Carioti

Hanno ottime ragioni i contribuenti per pensare tutto il male possibile del governo Prodi, gli elettori della Casa delle Libertà per scendere in piazza il 2 dicembre e i reduci del ceto medio per voltare le spalle all’Unione, come certificano ormai tutti i sondaggi. Dopo aver aumentato le tasse su ogni cosa su cui era possibile aumentarle, dopo aver ignorato le preoccupazioni della Banca d’Italia e della Corte dei Conti per il nuovo carico fiscale messo sulla groppa di famiglie e imprese italiane, dal governo era lecito aspettarsi almeno un certo rispetto per i contribuenti che, con il loro portafogli, sono chiamati a mantenere in piedi una coalizione dove comandano quelli che sono andati al governo per fare la lotta di classe. E invece, assieme alla stangata, è arrivata la beffa.

Ieri Vincenzo Visco, viceministro dell’Economia in quota ds, visto l’incremento delle entrate fiscali registrato a novembre (+12,2% rispetto al 2005, con il gettito Iva in crescita del 13,1%) ha promesso di ridurre le tasse «domani, fra sei mesi, appena possibile». I contribuenti non avevano fatto in tempo a credere alla favola del Visco dal volto umano, che subito è riapparso quello di sempre. Purtroppo, ha chiarito poco dopo, bisognerà aspettare: «Dipendesse da me, lo farei anche subito, se fossimo sicuri sul lato della spesa». Il merito dell’aumento del gettito, che definisce «inatteso nell’entità», Visco ovviamente lo ascrive tutto al suo governo, cioè a se stesso: «È stata importante la manovra di luglio, che ha chiuso possibilità di evasione ed elusione», come dimostra la crescita del gettito Iva. È chiaro il tentativo di Visco da un lato di svuotare di significato le manifestazioni di piazza attese per i prossimi giorni (se il governo sta per ridurre le tasse, è il messaggio di Visco, è inutile che perdiate tempo a manifestare), dall’altro di togliere a se stesso e ai Ds l’etichetta di succhiasangue dei contribuenti.

Solo che c’è ben poco di credibile in quello che ha detto Visco. Non è assolutamente plausibile, infatti, che un simile aumento delle entrate fosse inatteso: il gettito fiscale è in crescita forte e costante da prima che Visco e Prodi tornassero al governo e da ben prima che varassero la manovra di luglio. E quindi non solo non è vero che il merito è del governo Prodi, ma appare anche stravagante la sorpresa di Visco dinanzi ai numeri resi noti ieri. Già nei primi tre mesi del 2006, prima delle elezioni, le entrate tributarie erano aumentate del 7,6% e il gettito Iva era cresciuto dell’8%. Mentre il governo Prodi stava nascendo, le entrate fiscali, trainate dalla ripresa dell’economia e dai provvedimenti firmati dal governo Berlusconi, lievitavano con percentuali a due cifre: a maggio il gettito dei tributi complessivi era cresciuto del 16,3% e quello prodotto dall’Iva del 13,6%.

A settembre, quando i tecnici del governo si sono seduti per scrivere la Finanziaria da 35 miliardi (l’80 per cento dei quali garantito da nuove tasse, tanto per gradire), i dati delle entrate fiscali nei primi sette mesi dell’anno (+12,6% il gettito complessivo, +9,4% il gettito Iva) erano già noti. Visco e i suoi colleghi, quindi, se solo avessero voluto, avrebbero potuto varare una manovra assai meno vessatoria nei confronti dei contribuenti. E ancora adesso, se davvero credesse in ciò che dice, Visco potrebbe annunciare un emendamento alla Finanziaria in modo da azzerare o ridurre la stangata. Ma non lo fa, perché non può. La verità è che il governo, pur avendo a disposizione strade diverse, ha scelto a tavolino di gravare di tasse il ceto medio e le imprese, soprattutto piccole, perché così chiede la forte ala massimalista dell’Unione.

Nelle parole dette dal viceministro c’è però una mezza verità: laddove ammette che il taglio delle tasse dovrà comunque essere accompagnato da analoghe sicurezze sul lato della spesa. Infatti queste certezze non potranno mai esserci, perché l’aumento e la redistribuzione della spesa pubblica sono le ragioni politiche per cui Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi, oltre a una larga parte dei Ds, stanno al governo. E così la sparata di Visco, gratta gratta, si rivela per quello che è. Un tentativo mediatico per sottrarsi, almeno per un giorno, alla nomea di vampiro fiscale. Un messaggio ad uso interno dell’Unione, destinato agli alleati più a sinistra di lui. Ma non un impegno serio dinanzi ai contribuenti, beffati così una seconda volta.

© Libero. Pubblicato il 26 novembre 2006.

Update del 27 novembre. Dio, come sono prevedibili. Ha appena parlato il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa. Ha detto che, nonostante il buon andamento del gettito fiscale, il taglio delle aliquote fiscali «è un'operazione che non può essere fatta immediatamente». Tranquillo, nessuno si era illuso.

Update 2. Non ce n'era bisogno, ma anche Prodi ci tiene a confermare che quelle di Visco erano sparate senza alcun fondamento: «Appena riusciremo a far ordine nel bilancio dello Stato ci sarà una riduzione delle tasse, ma solo quando l'economia sarà risanata».

Lettura complementare consigliata: Tutto va Bonino, madama la marchesa, dell'ottimo Phastidio.

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