Bella carità cristiana, cardinal Martino

L'Ucoii, la più integralista delle associazioni islamiche italiane, ha chiesto, nei giorni scorsi, di istituire l'insegnamento di religione islamica nelle scuole pubbliche italiane. La gara a fare il primo che sbraca è stata vinta dal cardinale Raffaele Renato Martino (e chi lo conosce mi dice che non c'è da stupirsi). Parole sue: «Se ci sono persone di altra religione nella realtà italiana, bisogna rispettarle nella loro identità culturale e religiosa. Se attendiamo la reciprocità nei paesi rispettivi dove ci sono cristiani, allora ci dovremmo mettere sullo stesso piano di quelli che negano questa possibilità».
Il cardinale fa il gioco delle tre carte, e lo fa molto male. Primo. Perché il punto non è il diritto del bambino islamico a seguire gli insegnamenti religiosi che la sua famiglia ritiene migliori per lui, ma l'obbligo da parte dello Stato - cioè del contribuente - a pagargli questo insegnamento con i soldi pubblici. Che è cosa ben diversa: riconoscere il primo (sacrosanto, siamo in Occidente, siamo gente civile, qui le religioni altrui sono rispettate) non vuol dire imporre il secondo. Ma tra l'alternativa di vedere tolti i privilegi di cui gode oggi la religione cattolica e vederli estesi ad altri culti, il cardinale non ha dubbi e preferisce la seconda. Anche qui non ci sono dubbi e - a malincuore, per tutto ciò che significa il cristianesimo per noi - il giorno, forse non lontano, in cui l'alternativa secca dovesse essere questa, si sceglierebbe la prima opzione. Costa meno e non ci fa cedere dinanzi ai ricatti degli integralisti.
Secondo punto, e più importante. Quando il cardinal Martino dice che non dobbiamo puntare alla "reciprocità" confonde le acque. Nessuno sano di mente pretende infatti che nelle scuole dei Paesi islamici si insegni il catechismo: sappiamo tutti di avere a che fare con gente che, salvo rarissime eccezioni, dei diritti umani ha la stessa visione liberale che avevano i nostri antenati, in Europa, mille anni fa. Molto più modestamente, ci si accontenterebbe che venissero tolte la pena di morte e il carcere e le punizioni corporali a carico di chi diffonde e abbraccia i precetti del cristianesimo e delle altre religioni non islamiche: se non ci date la parità assoluta, almeno evitate di tagliarci la testa, grazie.
Proprio quello di cui parla un Marcello Pera molto perplesso dalla presa di posizione del cardinale: «Il rispetto reciproco è al fondamento di qualsiasi possibile dialogo. Lo stesso Papa Benedetto XVI qualche giorno fa, salutando il nuovo ambasciatore del Marocco, aveva insistito su questo concetto. C’è da chiedersi: come è possibile invocare ad ogni momento il dialogo e appellarsi continuamente all’Islam moderato se poi al dialogo non si chiede di essere reciproco e l’Islam moderato viene tenuto nella stessa considerazione di quello radicale?».
Aggiungiamo che rinunciare a pretendere il minimo indispensabile di rispetto reciproco equivale ad abbandonare ai loro carnefici coloro che in Arabia Saudita e nel resto del mondo musulmano sono uccisi, incarcerati e torturati semplicemente perché professano una religione diversa dall'Islam. Bella carità cristiana, cardinale.

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