Venticinque anni fa, Ronnie

Un quarto di secolo fa, Ronald Reagan entrava alla Casa Bianca. Il primo giorno di otto anni in cui (grazie a lui) cambiò tutto: gli Stati Uniti, le relazioni transatlantiche, il comunismo, l'Unione Sovietica, il modo di intendere il rapporto tra crescita economica e politica fiscale, la spocchiosità dei liberal. Per chi mette l'individuo prima dello Stato (perché è lo Stato che è nato per servire l'individuo, non viceversa) ed è convinto che «il miglior programma sociale sia un posto di lavoro», questa è la data da ricordare.
Due frasi, dal suo imperdibile discorso di insediamento del 20 gennaio 1981:
«We have every right to dream heroic dreams. Those who say that we are in a time when there are no heroes just don't know where to look. You can see heroes every day going in and out of factory gates. Others, a handful in number, produce enough food to feed all of us and then the world beyond. You meet heroes across a counter--and they are on both sides of that counter. There are entrepreneurs with faith in themselves and faith in an idea who create new jobs, new wealth and opportunity. They are individuals and families whose taxes support the Government and whose voluntary gifts support church, charity, culture, art, and education. Their patriotism is quiet but deep. Their values sustain our national life».
«As for the enemies of freedom, those who are potential adversaries, they will be reminded that peace is the highest aspiration of the American people. We will negotiate for it, sacrifice for it; we will not surrender for it--now or ever».
Più attuale oggi di allora. Inutile dire che il discorso di insediamento del più grande presidente americano vale la pena di essere letto tutto.
Lettura complementare: "Still Morning in America", from The Wall Street Journal Editorial Page.

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