Ratzinger smaschera le ambiguità di Prodi

di Fausto Carioti

Da ieri, la scelta per i cattolici italiani è chiara. O stanno con Romano Prodi, presidente del consiglio e sedicente «cattolico adulto», o stanno con Joseph Ratzinger, capo della Chiesa di Roma. Tertium non datur, non esiste una terza possibilità. In materia di famiglia, argomento centrale per ogni cristiano, specie se impegnato in politica, Prodi e Ratzinger dicono ormai cose opposte. Nel giro di poche ore, si è assistito a un botta e risposta tra i due che rende ridicolo ogni ulteriore tentativo dei cattolici di sinistra di far credere che le loro posizioni rientrino all’interno del vasto recinto nel quale la Chiesa fa pascolare i suoi fedeli. Le ultime, sempre più complicate argomentazioni con cui lo stesso Prodi, Rosy Bindi e l’elite intellettuale dei cosiddetti cattolici democratici hanno cercato di convincerci che i credenti possono stare sia con loro che con il Vaticano, sono state demolite da Ratzinger. Con poche e precise parole. «La famiglia», ha detto Benedetto XVI, «mostra segni di cedimento sotto la pressione di lobby che hanno la capacità di incidere sui processi legislativi. La famiglia merita la nostra attenzione prioritaria: essa può nascere solo dal matrimonio, che è l’unione stabile e fedele tra un uomo e una donna». Poco prima, parlando alla radio, Prodi aveva sostenuto l’esatto contrario, e cioè che nel suo disegno di legge per il riconoscimento giuridico e assistenziale delle coppie conviventi «non c’è una virgola che possa mettere a rischio l’istituto familiare». Anche se le parole del Papa non volevano essere una risposta diretta a quelle del presidente del Consiglio, di fatto lo sono state. E ora il contrasto tra i due è sotto gli occhi di tutti, clamoroso e lampante.

La scenetta andava avanti da settimane. I vescovi italiani continuavano a lanciare le loro accuse, esplicite sin dall’inizio, ma ogni volta in modo più diretto e circostanziato. E ogni volta dal mondo cattolico di sinistra spuntavano fuori professori universitari, intellettuali e parlamentari impegnati in complesse spiegazioni, il cui succo era che il Vaticano non può avercela davvero con loro e con la proposta di legge sui Dico, perché da essa non ha niente da temere. Come fatto ieri da Prodi, cercano di ridurre il confronto con le gerarchie ecclesiastiche a una spiegazione dettagliata della legge, per diffondere l’impressione che quello della Chiesa sia un giudizio istintivo, infondato dal punto di vista tecnico. Comprensibile: Prodi e i tanti esponenti della Margherita coinvolti, a partire dalla Bindi, ministro per la Famiglia, debbono rassicurare gli elettori cattolici che il loro voto non è stato tradito per mantenere in piedi la traballante alleanza con comunisti, postcomunisti e radicali. Ma il problema con la Chiesa, come ovviamente sanno benissimo Prodi, la Bindi e gli altri, non è tecnico.

Lo stesso tentativo di concentrare il dibattito pubblico sul riconoscimento, per quanto in forma “soft”, delle unioni omosessuali, conferma che i cattolici di sinistra hanno scelto di ignorare il punto vero dell’attacco mosso dalla Chiesa, che riguarda la tenuta della famiglia. Certo, la “questione gay” è importante e nel giudizio dei vescovi pesa, ma non meno dell’altro grande timore del Vaticano. E cioè che i Dico offrano alle coppie eterosessuali la possibilità di legarsi tramite un vincolo assai più debole del matrimonio, come tale molto più facile a rompersi appena qualcosa inizia a girare per il verso sbagliato. Col risultato di rendere le coppie ancora meno stabili di quelle attuali, la comparsa dei figli un evento ancora più raro e il rischio che questi crescano senza avere accanto ambedue i genitori una eventualità sempre più frequente. Il governo avrebbe potuto evitare tutto questo: sarebbe bastato che i Dico fossero stati riservati alle sole coppie omosessuali, lasciando agli “etero” le alternative che hanno già oggi: semplice convivenza, matrimonio civile e matrimonio religioso. Ma ha scelto di non farlo. Da un lato, in ossequio al politicamente corretto: riservare i Dico ai soli gay sarebbe sembrato una discriminazione sessuale, intollerabile per la sinistra. Ma è difficile, d’altro lato, non vedere in questa scelta l’impronta del forte pregiudizio ideologico che gran parte della sinistra ha nei confronti della famiglia “tradizionale”, destinata a trovarsi ancora più debole qualora la norma dovesse essere davvero approvata.

Ora, le parole del papa fanno piazza pulita delle ambiguità dei cattolici progressisti. Ratzinger, del resto, non è tipo da compromessi facili: la verità la mette prima di tutto, anche se fa male e può guastare i rapporti con una parte importante del mondo cattolico. Tra i primi compiti del cristiano, spiegava il Ratzinger teologo, c’è proprio quello di non cedere alla tentazione di «sedersi comodi nella storia». Liberissimi, Prodi e gli altri cattolici democratici, di continuare a portare avanti il loro disegno di legge (parlare di ingerenza dei vescovi è ridicolo, a meno di voler vietare alla Chiesa quel diritto a esprimersi liberamente che tutti riconosciamo all’Arcigay, all’Arcilesbica e alle altre associazioni che si battono per i Pacs). Quello che non potranno più fare è continuare a dire che la loro proposta è tollerabile da parte della Chiesa. No, non lo è assolutamente, e ieri non il “solito” Camillo Ruini che la sinistra freme per vedere in pensione, ma Ratzinger in persona lo ha detto in termini che più chiari non si poteva. Benedetto XVI ha portato nel confronto politico quella chiarezza che Prodi aveva tutto l’interesse a non volere. Sarà anche un cattolico “adulto”, il presidente del Consiglio, ma certe responsabilità non sembra ancora in grado di assumerle da solo. Ci ha pensato Benedetto XVI a mettergliele sulle spalle.

© Libero. Pubblicato il 18 febbraio 2007.

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