Calcio, dalla tragedia alla farsa in tempi da record
di Fausto Carioti
È l’ennesimo record del governo Prodi. Dalla tragedia della morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti alla farsa dell’esibizione muscolare di Giuliano Amato in appena cinque giorni. Il governo che con tutta la goffaggine e l’entusiasmo di cui sono capaci i neofiti aveva appena imparato a balbettare quella parola dal suono così ostico per la sinistra, “liberalizzazioni”, non trova soluzione migliore ai guai del calcio che mettere una lunga serie di divieti e proibizioni. Che servono soprattutto a mascherare il dato più evidente di queste ore: l’incapacità di Romano Prodi e dei suoi ministri di gestire politicamente e tecnicamente anche questa faccenda.
C’è il divieto per tutti i tifosi (compresi quelli in possesso di regolare abbonamento) di entrare negli stadi non a norma, senza alcuna intenzione di distinguere caso per caso. Con o senza tornelli, San Siro è uno stadio sicuro, eppure le prossime domeniche sarà vuoto. Come la gran parte degli impianti: questo fine settimana, tra serie A e serie B, saranno aperti appena otto stadi. Domanda: chi risarcisce gli abbonati? C’è il divieto di usare i petardi e persino i semplici fumogeni: non solo durante la partita, ma anche 24 ore prima e 24 ore dopo l’incontro. Chi vuol festeggiare con i botti la propria laurea, il compleanno o il sospirato divorzio dalla moglie, farà bene a informarsi: se nelle ore seguenti da qualche parte si gioca una partita, farà meglio ad astenersi. C’è il divieto per i giornalisti di esercitare liberamente il loro mestiere, rispondendone solo alla propria etica e al codice deontologico. Nasce infatti, per decreto ministeriale, il «Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione delle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi». Un organismo che di ingombrante e patetico non ha solo il nome: composto da politici e burocrati, un terzo dei quali nominati dal ministro Giovanna Melandri, avrà il compito di valutare se la critica di Aldo Biscardi all’operato dell’arbitro durante la moviola è stata troppo dura, e quindi tale da instillare nei telespettatori pensieri violenti. Se il giornalista è andato un po’ sopra le righe, scatta la sanzione.
A rendere ancora più goffo il tutto, è lo strabismo con il quale il governo ha deciso di affrontare il tema della violenza. Se il problema vero - come si intuisce dalle confuse decisioni adottate ieri a palazzo Chigi - è punire chi aizza i violenti, Prodi per decenza avrebbe dovuto rimettere il proprio mandato e chiedere al Quirinale lo scioglimento delle Camere: i primi coltivatori di violenza, infatti, sono i suoi alleati. Vogliono chiudere gli stadi dopo che c’è scappato il morto. Eppure, dopo la guerriglia urbana che caratterizzò il G8 di Genova, ispirata e condotta in prima linea dagli antagonisti dei centri sociali, nessuno a sinistra ha ventilato la chiusura del Leonkavallo, del Rivolta e degli altri covi del teppismo rosso. Al contrario: i protagonisti e i sobillatori di quelli scontri, Prodi e Bertinotti li hanno portati in Parlamento, e al violento Carlo Giuliani hanno dedicato un’aula del Senato. Il messaggio che hanno spedito ai giovani è chiaro e inequivocabile: picchia e disobbedisci, che diventi famoso e rispettato e fai un pacco di soldi.
Viene vietato qualsiasi rapporto economico tra i club e le tifoserie. Ma che ne facciamo di tutti i rapporti economici a doppio e triplo filo (rosso) che legano la stragrande maggioranza delle amministrazioni locali di sinistra ai centri sociali delle rispettive città, per i quali sindaci e assessori si sono inventati affitti a costo zero, contratti di consulenza su misura e foraggiamenti di ogni tipo, portando in cambio ai cittadini - con i cui soldi sono state finanziate tutte queste marchette - violenza e illegalità ostentate? Prodi e i suoi ministri, quando annunciano provvedimenti seri contro la violenza, riescono a essere persino più ridicoli di quando parlano di politica estera.
© Libero. Pubblicato l'8 febbraio 2007.
Update: il numero di stadi in cui questo fine settimana si giocherà a porte aperte non è ancora chiaro, come confermano le due differenti tabelle pubblicate da Corriere della Sera e Repubblica.
È l’ennesimo record del governo Prodi. Dalla tragedia della morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti alla farsa dell’esibizione muscolare di Giuliano Amato in appena cinque giorni. Il governo che con tutta la goffaggine e l’entusiasmo di cui sono capaci i neofiti aveva appena imparato a balbettare quella parola dal suono così ostico per la sinistra, “liberalizzazioni”, non trova soluzione migliore ai guai del calcio che mettere una lunga serie di divieti e proibizioni. Che servono soprattutto a mascherare il dato più evidente di queste ore: l’incapacità di Romano Prodi e dei suoi ministri di gestire politicamente e tecnicamente anche questa faccenda.
C’è il divieto per tutti i tifosi (compresi quelli in possesso di regolare abbonamento) di entrare negli stadi non a norma, senza alcuna intenzione di distinguere caso per caso. Con o senza tornelli, San Siro è uno stadio sicuro, eppure le prossime domeniche sarà vuoto. Come la gran parte degli impianti: questo fine settimana, tra serie A e serie B, saranno aperti appena otto stadi. Domanda: chi risarcisce gli abbonati? C’è il divieto di usare i petardi e persino i semplici fumogeni: non solo durante la partita, ma anche 24 ore prima e 24 ore dopo l’incontro. Chi vuol festeggiare con i botti la propria laurea, il compleanno o il sospirato divorzio dalla moglie, farà bene a informarsi: se nelle ore seguenti da qualche parte si gioca una partita, farà meglio ad astenersi. C’è il divieto per i giornalisti di esercitare liberamente il loro mestiere, rispondendone solo alla propria etica e al codice deontologico. Nasce infatti, per decreto ministeriale, il «Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione delle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi». Un organismo che di ingombrante e patetico non ha solo il nome: composto da politici e burocrati, un terzo dei quali nominati dal ministro Giovanna Melandri, avrà il compito di valutare se la critica di Aldo Biscardi all’operato dell’arbitro durante la moviola è stata troppo dura, e quindi tale da instillare nei telespettatori pensieri violenti. Se il giornalista è andato un po’ sopra le righe, scatta la sanzione.
A rendere ancora più goffo il tutto, è lo strabismo con il quale il governo ha deciso di affrontare il tema della violenza. Se il problema vero - come si intuisce dalle confuse decisioni adottate ieri a palazzo Chigi - è punire chi aizza i violenti, Prodi per decenza avrebbe dovuto rimettere il proprio mandato e chiedere al Quirinale lo scioglimento delle Camere: i primi coltivatori di violenza, infatti, sono i suoi alleati. Vogliono chiudere gli stadi dopo che c’è scappato il morto. Eppure, dopo la guerriglia urbana che caratterizzò il G8 di Genova, ispirata e condotta in prima linea dagli antagonisti dei centri sociali, nessuno a sinistra ha ventilato la chiusura del Leonkavallo, del Rivolta e degli altri covi del teppismo rosso. Al contrario: i protagonisti e i sobillatori di quelli scontri, Prodi e Bertinotti li hanno portati in Parlamento, e al violento Carlo Giuliani hanno dedicato un’aula del Senato. Il messaggio che hanno spedito ai giovani è chiaro e inequivocabile: picchia e disobbedisci, che diventi famoso e rispettato e fai un pacco di soldi.
Viene vietato qualsiasi rapporto economico tra i club e le tifoserie. Ma che ne facciamo di tutti i rapporti economici a doppio e triplo filo (rosso) che legano la stragrande maggioranza delle amministrazioni locali di sinistra ai centri sociali delle rispettive città, per i quali sindaci e assessori si sono inventati affitti a costo zero, contratti di consulenza su misura e foraggiamenti di ogni tipo, portando in cambio ai cittadini - con i cui soldi sono state finanziate tutte queste marchette - violenza e illegalità ostentate? Prodi e i suoi ministri, quando annunciano provvedimenti seri contro la violenza, riescono a essere persino più ridicoli di quando parlano di politica estera.
© Libero. Pubblicato l'8 febbraio 2007.
Update: il numero di stadi in cui questo fine settimana si giocherà a porte aperte non è ancora chiaro, come confermano le due differenti tabelle pubblicate da Corriere della Sera e Repubblica.