Tutte le bugie della sinistra sulla devolution
E' un enorme gioco delle parti. Con la sinistra che grida al colpo di Stato, alla fine dell'unità nazionale, allo spezzettamento della sanità etc etc. La Lega che sta al gioco e dice che adesso cambierà tutto. Il resto della Cdl che probabilmente non ha capito di cosa si sta parlando e alza la mano col pilota automatico.
Al dunque. Tutte le dichiarazioni che si leggono sulla devolution in queste ore sono false. Non c'è, per dirla con le parole del primo che trovo sulle agenzie, cioè l'ex presidente Rai Roberto Zaccaria, oggi deputato della Margherita, nessuna «demolizione dello Stato sociale nei suoi cardini contenuti nella prima parte della Costituzione: lavoro, informazione, giustizia, sanità, scuola e cultura». Non c'è nessuna «vittoria del movimento più separatista, antitaliano e più estraneo alla civiltà italiana», come dice il bollito. E' una balla quella del rifondarolo che dice: «I cittadini di ogni regione avranno condizioni differenti di tutela sanitaria, di formazione scolastica e, persino, di sicurezza». Perché queste differenze, per scuola e sanità, già esistono, e con la devolution non cambierà nulla.
La verità è che la modifica approvata oggi alla Camera e che presto sarà votata dal Senato, su tutti i temi oggetto della polemica (sanità, scuola, sicurezza) o non cambia nulla o riforma in senso addirittura centralista il testo attuale della Costituzione, quello disegnato dall'Ulivo nella scorsa legislatura.
E per capirlo basta saper leggere. Basta confrontare il testo attuale della Costituzione (art.117, innanzitutto) con il disegno di legge costituzionale che lo modifica, votato oggi. Basta leggere (qui, formato pdf) quello che dice uno dei pochi costituzionalisti senza paraocchi ideologici, come Stefano Ceccanti, di area diessina.
Sanità
Oggi, come stabilisce il testo attuale della Costituzione (articolo 117, terzo comma, quello sulle materie a legislazione concorrente), la sanità è tra le materie per le quali «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
Da domani, una volta varata la devolution (art. 39 del disegno di legge costituzionale), la «tutela della salute» esce dalle materie a legislazione concorrente per entrare in quelle a potestà legislativa esclusiva dello Stato. Alle Regioni va poi la potestà legislativa in materia di «assistenza e organizzazione sanitaria». Quindi, con la devolution, la legislazione in materia sanitaria apparterrà allo Stato, la parte organizzativa alle Regioni.
Potrà apparire confuso, magari lo è, ma di certo non rappresenta un decentramento né un incasinamento rispetto alla situazione attuale, voluta dalla sinistra (in questi anni nessuno ha capito bene come funzionasse la sanità «a legislazione concorrente»). Come riconoscono i costituzionalisti onesti. Tipo, appunto, Ceccanti.
Scuola
Oggi allo Stato appartengono le «norme generali sull'istruzione». Il resto della materia è soggetto a legislazione concorrente, «salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale» (art. 117, comma 3 della Costituzione).
Con la devolution, le «norme generali sull'istruzione» restano potestà esclusiva dello Stato. Mentre «organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche», nonché «definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione» diventano potestà legislativa esclusiva della Regione.
Cambia qualcosa? No. Come spiega il costituzionalista, quelle che la devolution assegna direttamente alle Regioni «sono competenze già concesse dal titolo V riscritto dal centrosinistra. E la sentenza 13/2004 della Consulta conferma appunto che le Regioni hanno già quello che la devolution prevede».
Energia, Tlc e infrastrutture
Oggi, si legge nella Costituzione (art. 117, comma 3), «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti di trasporto e di navigazione» sono materie a legislazione concorrente.
Con la devolution, «produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza» diventano materie a legislazione esclusiva dello Stato.
Centralizzazione, quindi.
Sicurezza
Con la devolution, niente polizia regionale. Ma solo «polizia amministrativa regionale e locale». La polizia amministrativa locale già esiste. La differenza è che, con la devolution, le Regioni che vorranno potranno creare una polizia regionale in grado di svolgere solo funzioni puramente amministrative, analoghe a quelle vigili urbani. Che già operano a livello locale. A livello di sicurezza, non cambia nulla.
Clausola di salvaguardia nazionale
Nella devolution spunta la clausola di difesa dell'interesse nazionale (art. 45). In sostanza, un nuovo comma dell'articolo 127 della Costituzione. Che assegna al governo il potere di chiedere alla Regione prima, e se la Regione non fa nulla al Parlamento poi, di annullare una legge regionale qualora ritenga che essa o parte di essa «pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica». Prima una simile norma non c'era, l'Ulivo non ci aveva pensato.
La morale è la solita: ma perché parlano?
Della stessa fortunata serie:
Finanziaria, tutti gli sprechi delle giunte rosse (e non solo)
Tutte le balle della sinistra sull'aumento della povertà
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Al dunque. Tutte le dichiarazioni che si leggono sulla devolution in queste ore sono false. Non c'è, per dirla con le parole del primo che trovo sulle agenzie, cioè l'ex presidente Rai Roberto Zaccaria, oggi deputato della Margherita, nessuna «demolizione dello Stato sociale nei suoi cardini contenuti nella prima parte della Costituzione: lavoro, informazione, giustizia, sanità, scuola e cultura». Non c'è nessuna «vittoria del movimento più separatista, antitaliano e più estraneo alla civiltà italiana», come dice il bollito. E' una balla quella del rifondarolo che dice: «I cittadini di ogni regione avranno condizioni differenti di tutela sanitaria, di formazione scolastica e, persino, di sicurezza». Perché queste differenze, per scuola e sanità, già esistono, e con la devolution non cambierà nulla.
La verità è che la modifica approvata oggi alla Camera e che presto sarà votata dal Senato, su tutti i temi oggetto della polemica (sanità, scuola, sicurezza) o non cambia nulla o riforma in senso addirittura centralista il testo attuale della Costituzione, quello disegnato dall'Ulivo nella scorsa legislatura.
E per capirlo basta saper leggere. Basta confrontare il testo attuale della Costituzione (art.117, innanzitutto) con il disegno di legge costituzionale che lo modifica, votato oggi. Basta leggere (qui, formato pdf) quello che dice uno dei pochi costituzionalisti senza paraocchi ideologici, come Stefano Ceccanti, di area diessina.
Sanità
Oggi, come stabilisce il testo attuale della Costituzione (articolo 117, terzo comma, quello sulle materie a legislazione concorrente), la sanità è tra le materie per le quali «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
Da domani, una volta varata la devolution (art. 39 del disegno di legge costituzionale), la «tutela della salute» esce dalle materie a legislazione concorrente per entrare in quelle a potestà legislativa esclusiva dello Stato. Alle Regioni va poi la potestà legislativa in materia di «assistenza e organizzazione sanitaria». Quindi, con la devolution, la legislazione in materia sanitaria apparterrà allo Stato, la parte organizzativa alle Regioni.
Potrà apparire confuso, magari lo è, ma di certo non rappresenta un decentramento né un incasinamento rispetto alla situazione attuale, voluta dalla sinistra (in questi anni nessuno ha capito bene come funzionasse la sanità «a legislazione concorrente»). Come riconoscono i costituzionalisti onesti. Tipo, appunto, Ceccanti.
Scuola
Oggi allo Stato appartengono le «norme generali sull'istruzione». Il resto della materia è soggetto a legislazione concorrente, «salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale» (art. 117, comma 3 della Costituzione).
Con la devolution, le «norme generali sull'istruzione» restano potestà esclusiva dello Stato. Mentre «organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche», nonché «definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione» diventano potestà legislativa esclusiva della Regione.
Cambia qualcosa? No. Come spiega il costituzionalista, quelle che la devolution assegna direttamente alle Regioni «sono competenze già concesse dal titolo V riscritto dal centrosinistra. E la sentenza 13/2004 della Consulta conferma appunto che le Regioni hanno già quello che la devolution prevede».
Energia, Tlc e infrastrutture
Oggi, si legge nella Costituzione (art. 117, comma 3), «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti di trasporto e di navigazione» sono materie a legislazione concorrente.
Con la devolution, «produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza» diventano materie a legislazione esclusiva dello Stato.
Centralizzazione, quindi.
Sicurezza
Con la devolution, niente polizia regionale. Ma solo «polizia amministrativa regionale e locale». La polizia amministrativa locale già esiste. La differenza è che, con la devolution, le Regioni che vorranno potranno creare una polizia regionale in grado di svolgere solo funzioni puramente amministrative, analoghe a quelle vigili urbani. Che già operano a livello locale. A livello di sicurezza, non cambia nulla.
Clausola di salvaguardia nazionale
Nella devolution spunta la clausola di difesa dell'interesse nazionale (art. 45). In sostanza, un nuovo comma dell'articolo 127 della Costituzione. Che assegna al governo il potere di chiedere alla Regione prima, e se la Regione non fa nulla al Parlamento poi, di annullare una legge regionale qualora ritenga che essa o parte di essa «pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica». Prima una simile norma non c'era, l'Ulivo non ci aveva pensato.
La morale è la solita: ma perché parlano?
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