Scalfarotto, ovvero l'ipocrisia della sinistra

(Attenzione, post molto lungo!)
Ivan Scalfarotto non è interessante in quanto Ivan Scalfarotto, che in sé, da un punto di vista politico, è inesistente, come attesta il suo programma. Scalfarotto è interessante perché ribadisce tutta l'ipocrisia della sinistra di governo nei confronti di quella che chiamano "società civile". Da un lato la guardano con diffidenza, la percepiscono come ostile. A ragione: ogni volta che ne fanno salire qualche esponente su un palco, come accaduto con Nanni Moretti a piazza Navona, per la nomenklatura sono ceffoni. Dall'altro, però, essendo di sinistra e quindi presunti paladini di tutto ciò che viene dal basso, i leader dell'Unione sono costretti a nascondere questo sentimento antidemocratico e a fingere il contrario. Al punto da inventarsi un'epica nella quale la società civile è l'humus prezioso dal quale germogliano le migliori idee della sinistra, la risorsa indispensabile per cambiare il Paese («La Storia siamo noi, nessuno si senta escluso»). Così, a parole, i leader della sinistra si fingono debitori nei confronti della "società civile". Nei fatti, però, una volta cavato da essa tutto il tornaconto elettorale che se ne può trarre, stanno ben attenti a tenerne a bada gli esponenti, ad averli sempre almeno un gradino più sotto, impedendo loro l'entrata nella cerchia dirigente dell'Unione. Anche perché si rendono conto che le facce della "società civile" (vedi quelle di Pancho Pardi e Paolo Flores D'Arcais) spesso agli occhi degli elettori sono spocchiose e antipatiche più di quelle degli stessi leader dell'opposizione. (Sull'antipatia della sinistra, qui un grande Giampaolo Pansa e qui il bellissimo libro "Perché siamo antipatici?", del sociologo Luca Ricolfi).
Scalfarotto è l'ennesima conferma di questa ipocrisia. Se il suo stesso programma lo avesse presentato un qualunque parlamentare di centrosinistra sarebbe stato ignorato, affogato in un mare di sbadigli. Invece l'ha presentato un esponente della mitica società civile, quindi non solo è vietato parlarne male, ma è d'obbligo sorridere e dire in giro che la sua candidatura è qualcosa di bello e di innovativo. Così tra i giornalisti delle testate care alla sinistra e gli opinion maker politicamente corretti è iniziata la gara a chi lo sovraespone di più, attingendo a piene mani dalla retorica del nuovo, del progetto che «parte dal basso». Come Michele Serra, che dopo aver letto questa intervista di Scalfarotto a Repubblica l'ha definita nientemeno che «la migliore intervista a un "politico" che leggo da qualche anno, o quantomeno l'unica nella quale ho potuto identificarmi, come elettore di centrosinistra, nella maniera più totale». Leggetela: sfido chiunque a trovarci un'idea che una.
Ma quale innovativo. Il programma di Scalfarotto semplicemente non esiste e, per quel poco che dice, è un concentrato dell'ovvio dei popoli, di luoghi comuni sinistresi, dal quale non si cava fuori mezza proposta concreta, scritto nella prosa vuota di tutti i programmi della sinistra italiana. Una versione molto artigianale del libretto giallo di Romano Prodi.
- Punto uno del suo programma: "Aprire il Paese alle sue forze migliori". Copio e incollo. «In Italia, troppo spesso chi si trova all’apice delle proprie forze professionali e fisiche, viene mortificato da un sistema corporativo, un sistema chiuso, un sistema ingiusto». Lo leggi e pensi: che bello, finalmente qualcuno a sinistra che si batte contro le corporazioni, uno che ha il coraggio di portare nella sinistra italiana il linguaggio e le ricette di Tony Blair. Più mercato e più meritocrazia, vai Scalfarotto, fagliela vedere. Poi leggi la terapia: «La flessibilità declinata dal governo Berlusconi ha soltanto aumentato la precarietà e l’insicurezza, senza essere nemmeno vantaggiosa per l’economia. Bisogna invertire questa direzione. Coinvolgendo i sindacati e le associazioni imprenditoriali è necessario governare la flessibilità per arricchirla di nuove certezze». Ora, a parte l'ignoranza politica, perché la flessibilità è figlia sia del pacchetto Treu, varato dalla sinistra, sia della legge Biagi, opera dell'attuale maggioranza. A parte l'ignoranza economica, perché negli ultimi cinque anni sono aumentati sia i posti di lavoro a termine, altrimenti detti "precari", sia quelli a tempo indeterminato (cioè "stabili"), e quindi i precari di oggi sono quelli che ieri erano disoccupati, non quelli che ieri avevano un posto fisso (qui per maggiori approfondimenti). A parte un paio di luoghi comuni del tutto infondati, insomma, a chi si rivolge il nuovo che avanza a sinistra per cambiare questo Paese avvolto in «un sistema corporativo, un sistema chiuso, un sistema ingiusto»? Ai «sindacati» e alle «associazioni imprenditoriali». Cioè agli stessi ai quali si rivolge da sempre tutta la sinistra, gli stessi che hanno costruito e chiuso le gabbie dalle quali Scalfarotto dice che vuole farci uscire. Affidarci alla Cgil per tagliare i lacci e lacciuoli. Come se chiedessimo al Ku-Klux-Klan di risolvere il problema del razzismo nel sud degli Stati Uniti, o affidassimo agli ultrà diffidati il compito di far tornare gli stadi di calcio un posto per famiglie, o se l'Onu desse ad Al Zarqawi il mandato di democratizzare l'Iraq.
E ancora: «Le origini sociali, le opinioni, il sesso, l’orientamento sessuale, la propria fede religiosa, devono cessare di essere elementi discriminatori nella carriera, nelle aziende pubbliche e private, nell’università». Detta così, è l'ennesima banalità. Siccome una frase simile la sottoscriverebbero tutti, dall'estrema sinistra all'estrema destra, il suo contenuto politico è uguale a zero. Il nodo è un altro: in che modo Scalfarotto (delle cui tendenze sessuali, per capirsi, detta alla romana "nun me ne pò fregà de meno") vuole raggiungere questo risultato? Vuole introdurre sanzioni per la aziende che discriminano? Ma le sanzioni già ci sono (qui la norma in vigore), ormai qualunque dipendente non venga promosso giura di essere discriminato e prepara la causa per mobbing. Scalfarotto vuole forse inasprire le sanzioni? Oppure vuole introdurre provvedimenti di "affirmative action" (qui il vaccino consigliato), tipo le quote per i gay, per i musulmani, o i neri, all'interno della pubblica amministrazione e/o delle aziende private? Nel suo programma non lo dice. Ma qualcosa invece dovrebbe dirla: in politica una cattiva idea è meglio di nessuna idea, specie per uno sfidante.
- Punto due del suo programma: "La laicità, la democrazia". Vi si legge che «l’Italia è troppo spesso un paese sessista, dove la presenza delle donne ai vertici della politica e dell’economia non riflette il ruolo da loro svolto alla base della società». In linea di principio si può anche sottoscrivere, ma la soluzione? Il "come"? Quote per per le donne nei posti da parlamentare e da dirigente d'azienda? Niente, solo silenzio e tanto sonno. Scrive, Scalfarotto, che «alle persone omosessuali devono essere riconosciuti gli stessi diritti che godono oggi le persone eterosessuali». Ma perché non scrive «voglio i matrimoni gay», ammesso che sia questo che intende, così tutti capiamo? Come fa a definire se stesso «qualcosa di nuovo a sinistra» se poi si rifiuta persino di chiamare le cose con il loro nome e si rifugia dietro perifrasi da pranzo parrocchiale? Ha paura di spaventare gli elettori moderati scrivendo «nozze tra omosessuali» nel programma? Ma allora lasci perdere subito l'avventura politica, che di sepolcri imbiancati, specie a sinistra, ne abbiamo già a centinaia.
- Punto tre del suo programma: "La nostra Europa e la pace". Inizia così: «In questo momento l’Italia sta perdendo la sfida della globalizzazione, ma non è troppo tardi (lo dice quello che vuole ridisegnare l'Italia assieme ai sindacati, ndr). L’Italia nell’Europa la può ancora vincere se saprà mettere in campo le sue migliori energie e proposte politiche chiare». Ok. Quali sono queste proposte? «L’Europa ha parlato troppo di contenitori e troppo poco di contenuti; troppo di procedure e poco di obiettivi e ideali. In Europa ora è il tempo della politica». Quali contenuti, quali obiettivi, quali ideali, quale politica? Parla, Scalfarotto, dì qualcosa! «Quando sarà al governo, l’Unione dovrà cercare alleanze con altri governi nazionali e nel Parlamento Europeo, per far sì che l’Europa modifichi l’ordine delle sue priorità». E diccele queste priorità, sono 4.592 battute del tuo programma che parli senza dire nulla. Dice: «Le istituzioni Europee (il capitolo Italia è già archiviato, prego notare, ndr) devono alleggerirsi, smettere di svolgere compiti che possano efficacemente tornare nella competenza degli stati membri, e concentrarsi su quattro obiettivi chiave: crescita dell’occupazione, rilancio della ricerca, promozione della pace nelle aree più turbolente del pianeta, favorire lo sviluppo economico dei paesi più poveri. In particolare, l’Europa deve promuovere un sistema economico internazionale più giusto, favorendo un commercio equo con i paesi in via di sviluppo». Ma che significa, veltronismi a parte? Come e perché deve essere l'Europa a occuparsi del mercato del lavoro? E come la persegui la pace nel pianeta? Vuoi creare un esercito europeo? Vuoi esautorare l'Onu? Se è così forse ti voto pure, ma devi dirmelo. Parla, Scalfarotto, perché questo è il tuo quarto d'ora di celebrità, e un treno così in tutta la tua vita non passerà più.
Vale, per Scalfarotto, quello che Ricolfi, nel libro già citato, scrive sul linguaggio della sinistra: «Parole astratte, generiche, sfocate. Parole che nascondono le cose, e da cui nulla trapela sulle intenzioni della sinistra». Ma se parla senza dire un cavolo come parla da decenni l'élite della sinistra che ha deciso di sfidare, se non ha un'idea nuova che una, dov'è la novità, la "rottura" di Scalfarotto? Nel fatto che sino ad oggi non ha fatto il politico, ma un altro mestiere? Tutto qui? Ma questo può essere un punto di merito solo a destra, dove è radicata una sana cultura qualunquista, e funziona solo se ti chiami Silvio Berlusconi, hai creato tre televisioni e vinto qualche coppa dei Campioni.
Scalfarotto non è «qualcosa di nuovo a sinistra». Scalfarotto è un'occasione persa per la sinistra. Avrebbe potuto, nel suo piccolo, recitare la parte del Blair italiano, fare il guastafeste che provava a dare la sveglia alla sinistra più imbolsita d'Europa. Avrebbe avuto davanti a sé un'autostrada da percorrere in beata solitudine. Ha scelto di scimmiottare i suoi stessi leader, di fare la copia smunta di Veltroni, senza manco avere il libro delle citazioni di Kennedy sul tavolo. Bene che gli vada, finirà per fare l'indipendente di sinistra nella commissione Pari opportunità. Così Massimo D'Alema e Piero Fassino continueranno a farci credere che della società civile gliene frega qualcosa.

Addendum. See also "Scalfarotto e Panzino, la nuova sinistra è nata morta".

PS: salvo imprevisti, il prossimo aggiornamento di questo blog non avverrà prima di mercoledì 5 ottobre.

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