Tutte le balle della sinistra sull'aumento della povertà

Sono ignoranti, è noto. Ma l'ignoranza non basta a spiegare quello che hanno detto. Sono appena usciti i dati Istat sulla povertà relativa nel 2004. Prima leggiamo i loro commenti, poi vediamo i numeri.
Livia Turco, ex ministro diessino per la Solidarietà sociale (sic): «Certificato il fallimento del governo».
Rosi Bindi, ex ministro della Sanità, Margherita: «E' la prova del disastro sociale a cui hanno portato le dissennate politiche del governo».
Maura Cossutta, Comunisti italiani: «I drammatici dati sull'aumento della povertà sono la conseguenza diretta delle politiche delle destre che hanno portato il paese al declino economico, senza sviluppo e senza futuro».
Luana Zanella, deputata dei Verdi (giuro, esiste davvero): «Un Paese in ginocchio, la Cdl ne tragga le conseguenze».
La Cgil: «La situazione è drammatica».
Teniamo a mente queste parole: «fallimento», «disastro sociale», «declino economico», «Paese in ginocchio», «situazione drammatica».
Ora andiamo a guardare i dati. Guardiamoli tutti. Dal 1997, quando l'Ulivo era appena arrivato al governo e l'Istat ha iniziato a usare il metodo di calcolo attuale per la povertà, al 2001, quando l'Ulivo se ne è andato, sino ai dati del 2004, appena usciti.

Povertà relativa. Secondo la definizione Istat, la soglia di povertà relativa «per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media procapite nel Paese». Tradotto, vuol dire che è "relativamente povero" chi ha un potere di spesa uguale o inferiore a metà del potere di spesa dell'italiano medio. Questi i dati dei "relativamente poveri" dal 1997 in poi.
1997: 7.427.000 persone
1998: 7.418.000
1999: 7.508.000
2000: 7.948.000
2001: 7.828.000
2002: 7.140.000
2003: 6.829.000
2004: 7.588.000

Povertà assoluta. Secondo la definizione Istat, è il livello al di sotto del quale non è possibile acquistare un paniere di beni e servizi essenziali. Insomma, è il potere di spesa minimo al di sotto del quale puoi sopravvivere solo grazie alla generosità altrui. Questa è la serie storica di coloro che vivono al di sotto di questa soglia.
1997: 2.998.000 persone
1998: 2.942.000
1999: 3.277.000
2000: 2.937.000
2001: 3.028.000
2002: 2.916.000
2003: Rilevazione sospesa perché è allo studio una nuova metodologia di calcolo
2004: Idem

Tirando le somme.
A - Non esiste un solo indicatore di povertà che durante il governo dell'Ulivo non sia peggiorato. Dal 1997 al 2001, anno del passaggio di consegne a palazzo Chigi nonché ultimo anno gestito da una Finanziaria dell'Ulivo, i poveri in termini relativi sono aumentati di 401.000 unità (questo sì un disastro sociale). I poveri in termini assoluti sono aumentati di 30.000 unità (un numero, quest'ultimo, oggettivamente piccolo, al confine con il possibile errore statistico).
B - Non esiste un solo indicatore di povertà che durante il governo della Cdl non sia migliorato. Dal 2001 al 2004 i poveri in termini relativi sono diminuiti di 240.000 unità. I poveri in termini assoluti, sin dove è possibile fare un raffronto, e cioè tra il 2001 e il 2002, sono diminuiti di 112.000 unità.
Ma allora, perché quelli là sopra non stanno zitti? E soprattutto. Se oggi siamo al «fallimento», al «disastro sociale», al «declino economico», al «Paese in ginocchio», alla «situazione drammatica», nel 2001, quando c'erano 240.000 italiani in condizione di povertà relativa in più rispetto ad adesso, come si stava?

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