Wojtyla Nobel, un'occasione persa. Per l'Europa


di Fausto Carioti
Premesso che l’aver ricevuto il premio Nobel è un indice affidabile del curriculum di un personaggio tanto quanto la posizione di Urano e Giove al momento della sua nascita; premesso che, di tutti i Nobel, quello per la pace è di gran lunga il più dequalificato, la “provocazione” di Oscar Giannino di assegnare il riconoscimento a Giovanni Paolo II, avanzata sul Riformista di ieri, è un’idea che fa scandalo, quindi da condividere. Scrive Giannino: «Diranno i cacadubbi che in tempo di “guerra di civiltà” scegliere per il Nobel un capo della Chiesa cattolica potrebbe sembrare irrispettoso verso i musulmani e i seguaci di tutte le altre fedi». Ed è questo il nodo, perché a tanto arriva la dittatura del politicamente corretto, di cui il comitato norvegese per il Nobel, composto da cinque membri nominati dal Parlamento di Oslo, è allo stesso tempo vittima e promotore. L’ipotesi di un papa Nobel per la pace imbarazza, scandalizza persino se si tratta del pontefice su cui tutti hanno provato a mettere le mani, compreso Fausto Bertinotti, che è riuscito a definirlo «il primo papa no global della Storia».
Il nome del vincitore del Nobel per la Pace sarà reso noto domattina, ma lo scandalo non è di questi giorni. Il regolamento (qui) prevede che il Nobel non possa essere assegnato a un defunto. Quindi, anche nell’ipotesi - improbabile - che il nome di Karol Wojtyla sia entrato nella rosa segretissima (sarà resa nota tra cinquant’anni) dei candidati decisa a febbraio, la sua scomparsa in aprile rende impossibile l’assegnazione del premio.
Lo scandalo dura dal crollo del socialismo reale in Europa, enorme evento di pace e democrazia che il papa polacco ha contribuito a creare più di ogni altro. Da allora hanno ricevuto il Nobel per la pace, tra gli altri, la guatemalteca Rigoberta Menchù (1992), la cui autobiografia, passaporto per il Nobel, si è rivelata poi essere un sapiente mix di verità, storie successe ad altri e storie mai accadute (come rivelato in questo libro); il leader palestinese Yasser Arafat (1994), noto più per il suo curriculum di terrorista e amico dei terroristi che non di pacificatore; Kofi Annan (2001), presidente delle Nazioni Unite nei suoi anni peggiori, quelli, col senno di poi (ma non tanto), di Oil for Food e degli scandali sessuali. Lo stesso Annan che, quando guidava le operazioni di peace-keeping dell’Onu, scelse la linea del non intervento, dando così via libera al massacro ruandese ad opera delle milizie hutu (un milione di morti, 1994) e al massacro di Srebrenica (settemila musulmani uccisi dai serbi, 1995). (Questo libro per chi vuole saperne di più).
In tutti questi anni si è parlato di Wojtyla come possibile candidato al Nobel solo nel 2003. Per spiegare la sua mancata premiazione si è detto anche che il capo di una religione non può essere insignito del Nobel, perché il suo incarico di pastore universale è assai più importante. Obiezione sensata, ma non spiega come mai nel 1989 il Dalai Lama abbia più che degnamente ricevuto il Nobel per la pace, senza sentirsene offeso. La verità è che il Nobel a Giovanni Paolo II è un’occasione persa non certo per il grande papa, ma per un continente che si vergogna a dirsi cristiano tanto da preferire a lui terzomondiste dalla fervida immaginazione, terroristi conclamati e burocrati incapaci.

© Libero. Pubblicato il 6 ottobre 2005 col titolo "Il Nobel al Papa, uno scandalo da approvare".

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