La proposta indecente di via Solferino a Prodi
E quando la partita era ormai terminata, dopo essersi giocati la faccia e qualche migliaio di copie per tirare la volata al candidato che alla fine ha vinto, in via Solferino si accorsero di avere perso. C’era questa triste consapevolezza, assieme a molte altre cose, nell’ultimo editoriale del Corriere della Sera, firmato da Angelo Panebianco.
E’ andata così. E’ andata che Paolo Mieli, il 28 marzo scorso, nel suo editoriale, ha spiegato di augurarsi, per le elezioni, «un esito favorevole ad una delle due parti in competizione: il centrosinistra». Questo perché al Corriere, argomentava il direttore, erano «convinti che la coalizione costruita da Romano Prodi abbia i titoli atti a governare al meglio per i prossimi cinque anni anche per il modo con il quale in questa campagna elettorale Prodi stesso ha affrontato le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento». E’ andata che il centrosinistra, seppure di strettissima misura, ha vinto. Ora, però, al Corriere si sono accorti che i «titoli atti» il centrosinistra forse non ce li ha più. Così Panebianco tira fuori la sua proposta: Romano Prodi non faccia entrare nel governo gli esponenti di Rifondazione, dei comunisti italiani e dei Verdi. Il leader dell’Unione deve «individuare come ministri solo politici genuinamente riformatori (come, ad esempio, Enrico Letta, Pierluigi Bersani ed Emma Bonino), fare scelte nettamente caratterizzate in senso occidentale-liberale in politica estera e in politica economica». Altrimenti, se accettasse «di dare spazio nel governo anche ai molti nemici della modernizzazione che il centrosinistra comprende», la sorte dell'esecutivo «sarebbe subito segnata. Il costituendo governo non potrebbe reggere a lungo sotto la doppia pressione dei contrasti interni e di una forte opposizione che, certo, non farà sconti».
Una proposta ridicola. Primo. Perché Prodi ha vinto grazie ai voti della sinistra estrema, con la quale si è alleato, ha stretto un accordo di cui tutti erano a conoscenza, si presume anche al Corriere, e non si vede perché adesso debba trattare comunisti e Verdi da soci di serie B, e non dare così rappresentanza ai loro elettori, solo perché la loro presenza turba Mieli e Panebianco.
Secondo. Perché se pensavano che Prodi non dovesse portare al governo i “nemici della modernizzazione” i signorini del Corriere avrebbero dovuto avere l’onestà intellettuale di chiederglielo prima del voto, e soprattutto di avvisare i lettori che la presenza di questi figuri nell’esecutivo sarebbe stata una jattura. E invece hanno fatto il contrario: hanno scritto che Prodi aveva saputo affrontare con successo «le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento», garantendo così la riuscita dell’“operazione Unione” dinanzi ai lettori del Corriere. Sbagliando di brutto nel migliore dei casi, mentendo nel peggiore.
Terzo. Perché se Silvio Berlusconi non è riuscito a fare la Thatcher è ridicolo pensare che possa farlo Prodi, il quale, ammesso che sappia scrivere il cognome dell’ex primo ministro inglese, non ha alcuna intenzione di provare ad imitarla. Con quale faccia si chiede di «fare scelte nettamente caratterizzate in senso occidentale-liberale in politica estera» a chi nel proprio programma giudica (pag. 102) la presenza dei militari che hanno portato la democrazia in Iraq «un’occupazione», e ha promesso che «immediatamente», in caso di vittoria dell’Unione, sarebbe proposto in Parlamento il ritiro delle nostre truppe? Come si fa a pretendere una politica economica «occidentale-liberale» da chi si è impegnato (pag. 163) per il «superamento della legge Maroni» (alias legge Biagi, è che si vergognano di scriverlo)?
Prodi ha vinto con Fausto Bertinotti, Oliviero Diliberto, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Cento e compagni. Senza di loro avrebbe perso. Ora è giusto che governi con loro e che i loro partiti abbiano nell’esecutivo un peso proporzionale al risultato elettorale ottenuto. Era alleato con loro quando il Corriere li ha appoggiati nel modo più sfacciato; con loro è giusto che governi; con loro, quando sarà (speriamo presto), dovrà cadere.
Se si sono accorti di avere aiutato a vincere una coalizione imbottita di comunisti e veteroecologisti nemici della modernità, delle liberalizzazioni e dell'Occidente, al Corriere non possono prendersela con Prodi, che i suoi alleati li ha sempre dichiarati alla luce del sole, ma solo con se stessi: hanno voluto il governo dell'Unione, ora se lo tengano. La proposta del Corriere è più che moralmente scandalosa, più che politicamente indecente: è intellettualmente infantile.
E’ andata così. E’ andata che Paolo Mieli, il 28 marzo scorso, nel suo editoriale, ha spiegato di augurarsi, per le elezioni, «un esito favorevole ad una delle due parti in competizione: il centrosinistra». Questo perché al Corriere, argomentava il direttore, erano «convinti che la coalizione costruita da Romano Prodi abbia i titoli atti a governare al meglio per i prossimi cinque anni anche per il modo con il quale in questa campagna elettorale Prodi stesso ha affrontato le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento». E’ andata che il centrosinistra, seppure di strettissima misura, ha vinto. Ora, però, al Corriere si sono accorti che i «titoli atti» il centrosinistra forse non ce li ha più. Così Panebianco tira fuori la sua proposta: Romano Prodi non faccia entrare nel governo gli esponenti di Rifondazione, dei comunisti italiani e dei Verdi. Il leader dell’Unione deve «individuare come ministri solo politici genuinamente riformatori (come, ad esempio, Enrico Letta, Pierluigi Bersani ed Emma Bonino), fare scelte nettamente caratterizzate in senso occidentale-liberale in politica estera e in politica economica». Altrimenti, se accettasse «di dare spazio nel governo anche ai molti nemici della modernizzazione che il centrosinistra comprende», la sorte dell'esecutivo «sarebbe subito segnata. Il costituendo governo non potrebbe reggere a lungo sotto la doppia pressione dei contrasti interni e di una forte opposizione che, certo, non farà sconti».
Una proposta ridicola. Primo. Perché Prodi ha vinto grazie ai voti della sinistra estrema, con la quale si è alleato, ha stretto un accordo di cui tutti erano a conoscenza, si presume anche al Corriere, e non si vede perché adesso debba trattare comunisti e Verdi da soci di serie B, e non dare così rappresentanza ai loro elettori, solo perché la loro presenza turba Mieli e Panebianco.
Secondo. Perché se pensavano che Prodi non dovesse portare al governo i “nemici della modernizzazione” i signorini del Corriere avrebbero dovuto avere l’onestà intellettuale di chiederglielo prima del voto, e soprattutto di avvisare i lettori che la presenza di questi figuri nell’esecutivo sarebbe stata una jattura. E invece hanno fatto il contrario: hanno scritto che Prodi aveva saputo affrontare con successo «le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento», garantendo così la riuscita dell’“operazione Unione” dinanzi ai lettori del Corriere. Sbagliando di brutto nel migliore dei casi, mentendo nel peggiore.
Terzo. Perché se Silvio Berlusconi non è riuscito a fare la Thatcher è ridicolo pensare che possa farlo Prodi, il quale, ammesso che sappia scrivere il cognome dell’ex primo ministro inglese, non ha alcuna intenzione di provare ad imitarla. Con quale faccia si chiede di «fare scelte nettamente caratterizzate in senso occidentale-liberale in politica estera» a chi nel proprio programma giudica (pag. 102) la presenza dei militari che hanno portato la democrazia in Iraq «un’occupazione», e ha promesso che «immediatamente», in caso di vittoria dell’Unione, sarebbe proposto in Parlamento il ritiro delle nostre truppe? Come si fa a pretendere una politica economica «occidentale-liberale» da chi si è impegnato (pag. 163) per il «superamento della legge Maroni» (alias legge Biagi, è che si vergognano di scriverlo)?
Prodi ha vinto con Fausto Bertinotti, Oliviero Diliberto, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Cento e compagni. Senza di loro avrebbe perso. Ora è giusto che governi con loro e che i loro partiti abbiano nell’esecutivo un peso proporzionale al risultato elettorale ottenuto. Era alleato con loro quando il Corriere li ha appoggiati nel modo più sfacciato; con loro è giusto che governi; con loro, quando sarà (speriamo presto), dovrà cadere.
Se si sono accorti di avere aiutato a vincere una coalizione imbottita di comunisti e veteroecologisti nemici della modernità, delle liberalizzazioni e dell'Occidente, al Corriere non possono prendersela con Prodi, che i suoi alleati li ha sempre dichiarati alla luce del sole, ma solo con se stessi: hanno voluto il governo dell'Unione, ora se lo tengano. La proposta del Corriere è più che moralmente scandalosa, più che politicamente indecente: è intellettualmente infantile.