Ci hanno provato - Le inquietanti soluzioni
Si chiude ufficialmente il primo concorso a premi di A Conservative Mind, che a questo punto, dopo poco più di 24 ore, ha già il sapore di un esercizio di archeologia politica. Ecco le risposte.
a) Qual è la differenza tra i due comunicati dell'ufficio stampa di Romano Prodi emessi nella serata di sabato 6 maggio? Ovviamente la differenza era nella parte finale. La prima versione recitava: «Nel corso dei colloqui tra Letta e Levi è emerso che da parte della Casa delle libertà non è, per ora, stata manifestata disponibilità nei confronti di alcun candidato dell'Unione». La versione riveduta e corretta dopo l'intervento di Gianfranco Fini recitava invece: «Nel corso dei colloqui tra Letta e Levi è emerso che, per ora, da parte della Casa delle libertà non è stata manifestata disponibilità nei confronti della proposta di candidatura dell'Unione». Va da sé che tutti i partecipanti al concorso hanno indovinato.
b) Come mai gli uomini di Prodi ci hanno provato? Il senso della risposta corretta era: perché volevano far credere di aver usato il "metodo Ciampi", del quale gli stessi protagonisti della vicenda darebbero probabilmente dieci definizioni diverse, ma che comunque, secondo la versione che va per la maggiore, prevede che la maggioranza presenti una rosa di candidati all'opposizione e questa scelga. La verità, per capirsi, è che dopo l'incontro di sabato con Letta i prodiani erano più che soddisfatti. L'eventualità che più temevano, ovvero che Letta chiedesse loro altri nomi di centrosinistra su cui eventualmente costruire un'intesa bipartisan, o addirittura proponesse lui stesso, a nome della Cdl, il nome di un esponente dell'Unione, non si era verificata. Un chiaro segnale a puntare dritti su D'Alema.
c) Perché il giochino è stato smascherato da Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, mentre né Gianni Letta né alcun altro berlusconiano hanno pensato di intervenire? Questo quesito non fa parte del concorso, dal momento che è emerso successivamente, nei commenti al post. Di fatto, far credere che la trattativa si era chiusa con un muro contro muro faceva comodo sia a Prodi che a Berlusconi, i cui ambasciatori, è evidente, hanno lavorato - anche per quanto riguarda la stesura del primo comunicato - in intesa quantomeno tacita, se non addirittura esplicita. Il "no" della Cdl a una ipotetica rosa di nomi proposta dall'Unione liberava Prodi dall'obbligo di trattare ulteriormente, e lo autorizzava, salvata pubblicamente la faccia, a tirare dritto su D'Alema. Berlusconi, a questo punto, era libero di mettere in pratica la strategia che preferiva: gridare all'occupazione delle poltrone da parte della sinistra (comunista e post comunista!) e chiamare la piazza alla rivolta contro la dittatura della maggioranza, come ha fatto addirittura in anticipo, minacciando lo sciopero fiscale. Non solo: l'elezione di D'Alema al Quirinale avrebbe sancito il principio per cui non vi è più alcun obbligo che il presidente della Repubblica sia un uomo super partes. Immaginando che questa legislatura duri almeno due anni e mezzo (ovvero mezza legislatura, il minimo indispensabile perché i parlamentari maturino il diritto all'assegno vitalizio a partire dal compimento dei 65 anni), ci sono ottime probabilità che il dodicesimo presidente della Repubblica sia eletto la prossima legislatura. E una volta passato il principio per cui può tranquillamente essere mandato sul Colle un leader della maggioranza, e considerato che Berlusconi conta di riprendersi il Parlamento dopo aver fatto logorare l'Unione al Senato in questa legislatura, non è difficile indovinare quali fossero i retropensieri del Cavaliere. Questo, di per sé, non implicava né l'appoggio ufficiale di Forza Italia o dell'intera Cdl alla candidatura di D'Alema (appoggio ufficiale che non ci sarebbe stato mai), né qualche "aiutino" a D'Alema nel segreto dell'urna. Aiutino che comunque sarebbe arrivato lo stesso: Gianfranco Rotondi e Raffaele Lombardo erano già pronti a dargli i voti dei loro uomini, e la Lega stessa, nelle votazioni successive alla terza, non escludeva di votarlo.
Il giochino sarebbe riuscito se non fossero intervenuti Fini e Casini, che ovviamente non condividevano affatto la strategia di Berlusconi. Il leader di An, insospettito dal primo comunicato, aveva chiesto a chi aveva partecipato all'incontro quali erano le altre candidature messe sul tavolo da Levi. Quando gli è stato risposto che in realtà la candidatura era solo una, Fini ha mangiato la foglia ed è intervenuto con il seguente comunicato: «Non si può dire, come ha fatto Prodi, che la Cdl non ha manifestato disponibilità sui nomi proposti. Ciò per la semplice ragione che al momento l'Unione ha presentato una sola candidatura, sulla quale non è possibile per la Cdl convergere». Si critica Prodi, ma in realtà si tirano le orecchie anche a chi aveva raggiunto un tacito accordo con lui. Era questo intervento che costringeva l'ufficio stampa di Prodi a correggere il primo comunicato. Il giorno dopo, ovvero domenica, Fini esplicitava il suo pensiero in termini chiarissimi: «Penso che la Cdl, senza fare barricate, debba guardare dentro il centrosinistra per vedere se c'è una personalità autorevole che, a differenza del presidente dei Ds, possa essere espressione di una maggioranza più larga». Una sonora bocciatura della linea di Berlusconi, il quale poco prima si era detto contrario ad appoggiare qualsiasi candidato di sinistra. Così, nel vertice di domenica pomeriggio con i rappresentanti dell'Unione, al quale Fini e Casini erano presenti di persona (niente deleghe in bianco a Letta, stavolta...) , la Cdl, Lega esclusa, proponeva i nomi di Giuliano Amato, Lamberto Dini, Franco Marini e Mario Monti. Con scorno di Berlusconi, il quale sceglieva di non partecipare al vertice.
Tutta roba vecchia, a questo punto. Superata dagli eventi successivi. Vedremo presto se quella di Giorgio Napolitano è una candidatura "finta" tirata fuori con l'intento principale di mettere il cerino in mano alla Cdl oppure se il senatore a vita ha davvero qualche chance di essere eletto. Qui, a caldo, si propende per la prima ipotesi, ma sinora nessun analista, primo tra tutti chi scrive, aveva saputo pronosticare gli sviluppi incredibili che hanno portato alla candidatura di Napolitano.
Al dunque. Il concorso è stato vinto da Mario Seminerio, alias Phastidio (gran bel blog, peccato mortale non linkarlo), che pur rispondendo per primo, e quindi senza poter usare alcun "suggerimento", ci è andato vicinissimo, e da Orso di Corbiniano, che ci ha azzeccato praticamente in toto. A costoro devo una spuma al baretto sotto la redazione, o laddove avrò il piacere di incontrarli. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato al concorso e lo hanno seguito.
PS. Gianmario Mariniello, invece, vince un pranzo. Anche se la candidatura di Napolitano è un pretesto per snidare la Cdl, fare bocciare il senatore a vita, mostrare che esiste una pregiudiziale nei confronti dei Ds e (ri) candidare D'Alema (e non sono solo io a pensarla così), era stato l'unico a prevedere che il presidente dei Ds non sarebbe stato il candidato ufficiale dell'Unione.
a) Qual è la differenza tra i due comunicati dell'ufficio stampa di Romano Prodi emessi nella serata di sabato 6 maggio? Ovviamente la differenza era nella parte finale. La prima versione recitava: «Nel corso dei colloqui tra Letta e Levi è emerso che da parte della Casa delle libertà non è, per ora, stata manifestata disponibilità nei confronti di alcun candidato dell'Unione». La versione riveduta e corretta dopo l'intervento di Gianfranco Fini recitava invece: «Nel corso dei colloqui tra Letta e Levi è emerso che, per ora, da parte della Casa delle libertà non è stata manifestata disponibilità nei confronti della proposta di candidatura dell'Unione». Va da sé che tutti i partecipanti al concorso hanno indovinato.
b) Come mai gli uomini di Prodi ci hanno provato? Il senso della risposta corretta era: perché volevano far credere di aver usato il "metodo Ciampi", del quale gli stessi protagonisti della vicenda darebbero probabilmente dieci definizioni diverse, ma che comunque, secondo la versione che va per la maggiore, prevede che la maggioranza presenti una rosa di candidati all'opposizione e questa scelga. La verità, per capirsi, è che dopo l'incontro di sabato con Letta i prodiani erano più che soddisfatti. L'eventualità che più temevano, ovvero che Letta chiedesse loro altri nomi di centrosinistra su cui eventualmente costruire un'intesa bipartisan, o addirittura proponesse lui stesso, a nome della Cdl, il nome di un esponente dell'Unione, non si era verificata. Un chiaro segnale a puntare dritti su D'Alema.
c) Perché il giochino è stato smascherato da Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, mentre né Gianni Letta né alcun altro berlusconiano hanno pensato di intervenire? Questo quesito non fa parte del concorso, dal momento che è emerso successivamente, nei commenti al post. Di fatto, far credere che la trattativa si era chiusa con un muro contro muro faceva comodo sia a Prodi che a Berlusconi, i cui ambasciatori, è evidente, hanno lavorato - anche per quanto riguarda la stesura del primo comunicato - in intesa quantomeno tacita, se non addirittura esplicita. Il "no" della Cdl a una ipotetica rosa di nomi proposta dall'Unione liberava Prodi dall'obbligo di trattare ulteriormente, e lo autorizzava, salvata pubblicamente la faccia, a tirare dritto su D'Alema. Berlusconi, a questo punto, era libero di mettere in pratica la strategia che preferiva: gridare all'occupazione delle poltrone da parte della sinistra (comunista e post comunista!) e chiamare la piazza alla rivolta contro la dittatura della maggioranza, come ha fatto addirittura in anticipo, minacciando lo sciopero fiscale. Non solo: l'elezione di D'Alema al Quirinale avrebbe sancito il principio per cui non vi è più alcun obbligo che il presidente della Repubblica sia un uomo super partes. Immaginando che questa legislatura duri almeno due anni e mezzo (ovvero mezza legislatura, il minimo indispensabile perché i parlamentari maturino il diritto all'assegno vitalizio a partire dal compimento dei 65 anni), ci sono ottime probabilità che il dodicesimo presidente della Repubblica sia eletto la prossima legislatura. E una volta passato il principio per cui può tranquillamente essere mandato sul Colle un leader della maggioranza, e considerato che Berlusconi conta di riprendersi il Parlamento dopo aver fatto logorare l'Unione al Senato in questa legislatura, non è difficile indovinare quali fossero i retropensieri del Cavaliere. Questo, di per sé, non implicava né l'appoggio ufficiale di Forza Italia o dell'intera Cdl alla candidatura di D'Alema (appoggio ufficiale che non ci sarebbe stato mai), né qualche "aiutino" a D'Alema nel segreto dell'urna. Aiutino che comunque sarebbe arrivato lo stesso: Gianfranco Rotondi e Raffaele Lombardo erano già pronti a dargli i voti dei loro uomini, e la Lega stessa, nelle votazioni successive alla terza, non escludeva di votarlo.
Il giochino sarebbe riuscito se non fossero intervenuti Fini e Casini, che ovviamente non condividevano affatto la strategia di Berlusconi. Il leader di An, insospettito dal primo comunicato, aveva chiesto a chi aveva partecipato all'incontro quali erano le altre candidature messe sul tavolo da Levi. Quando gli è stato risposto che in realtà la candidatura era solo una, Fini ha mangiato la foglia ed è intervenuto con il seguente comunicato: «Non si può dire, come ha fatto Prodi, che la Cdl non ha manifestato disponibilità sui nomi proposti. Ciò per la semplice ragione che al momento l'Unione ha presentato una sola candidatura, sulla quale non è possibile per la Cdl convergere». Si critica Prodi, ma in realtà si tirano le orecchie anche a chi aveva raggiunto un tacito accordo con lui. Era questo intervento che costringeva l'ufficio stampa di Prodi a correggere il primo comunicato. Il giorno dopo, ovvero domenica, Fini esplicitava il suo pensiero in termini chiarissimi: «Penso che la Cdl, senza fare barricate, debba guardare dentro il centrosinistra per vedere se c'è una personalità autorevole che, a differenza del presidente dei Ds, possa essere espressione di una maggioranza più larga». Una sonora bocciatura della linea di Berlusconi, il quale poco prima si era detto contrario ad appoggiare qualsiasi candidato di sinistra. Così, nel vertice di domenica pomeriggio con i rappresentanti dell'Unione, al quale Fini e Casini erano presenti di persona (niente deleghe in bianco a Letta, stavolta...) , la Cdl, Lega esclusa, proponeva i nomi di Giuliano Amato, Lamberto Dini, Franco Marini e Mario Monti. Con scorno di Berlusconi, il quale sceglieva di non partecipare al vertice.
Tutta roba vecchia, a questo punto. Superata dagli eventi successivi. Vedremo presto se quella di Giorgio Napolitano è una candidatura "finta" tirata fuori con l'intento principale di mettere il cerino in mano alla Cdl oppure se il senatore a vita ha davvero qualche chance di essere eletto. Qui, a caldo, si propende per la prima ipotesi, ma sinora nessun analista, primo tra tutti chi scrive, aveva saputo pronosticare gli sviluppi incredibili che hanno portato alla candidatura di Napolitano.
Al dunque. Il concorso è stato vinto da Mario Seminerio, alias Phastidio (gran bel blog, peccato mortale non linkarlo), che pur rispondendo per primo, e quindi senza poter usare alcun "suggerimento", ci è andato vicinissimo, e da Orso di Corbiniano, che ci ha azzeccato praticamente in toto. A costoro devo una spuma al baretto sotto la redazione, o laddove avrò il piacere di incontrarli. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato al concorso e lo hanno seguito.
PS. Gianmario Mariniello, invece, vince un pranzo. Anche se la candidatura di Napolitano è un pretesto per snidare la Cdl, fare bocciare il senatore a vita, mostrare che esiste una pregiudiziale nei confronti dei Ds e (ri) candidare D'Alema (e non sono solo io a pensarla così), era stato l'unico a prevedere che il presidente dei Ds non sarebbe stato il candidato ufficiale dell'Unione.