The second best

Silvio Berlusconi non l'ha presa bene e cerca di uscirne fuori in qualche modo. E' comprensibile. Però, fosse stato possibile immaginare un risultato a tavolino che fosse utile alla Casa delle Libertà, la seconda scelta da fare a mente fredda (dopo la vittoria con ampia maggioranza parlamentare in ambedue i rami, ça va sans dire) sarebbe stata proprio questa, ovvero la vittoria dell'Unione con una maggioranza impalpabile nella Camera storicamente più difficile da controllare, nel periodo più difficile dell'anno. Ogni altra alternativa sarebbe stata peggiore.
Aver conquistato il Senato per un pugno di voti, infatti, si sarebbe rivelato una jattura. A quel punto ognuna delle due coalizioni avrebbe avuto il controllo di una Camera. L'Unione, grazie al premio di maggioranza, avrebbe avuto un forte controllo di Montecitorio, mentre la Cdl sarebbe stata sopra di pochi senatori a palazzo Madama. Però tanto sarebbe bastato ad attribuire alle due coalizioni identiche responsabilità. Per il centrodestra questo si sarebbe tradotto, con ogni probabilità, nell'obbligo morale e politico ("per il bene del Paese...") di sostenere un governo tecnico o un esecutivo "di solidarietà nazionale" a guida Mario Monti o affini. Ma alla Cdl è andata bene così. Primo: perché gli elettori detestano simili inciuci, che li fanno disamorare dei loro eletti. Secondo: perché il prossimo governo avrà come compito principale di varare la Finanziaria 2007. Un compito, anch'esso, elettoralmente devastante.
Posizione ancora meno invidiabile sarebbe stato trovarsi al posto dell'Unione. Esposto a ogni vento e a ogni ricatto di ogni singolo senatore, il centrodestra avrebbe avuto il compito ingrato di varare la Finanziaria con la certezza di vedere il proprio documento stravolto a palazzo Madama. E si sa che è proprio tra novembre e dicembre che è più alta la mortalità dei governi, specie quelli che poggiano su maggioranze esigue. Insomma, la Cdl sarebbe stata costretta a stare sulla graticola per mesi, forse un anno (impossibile che un governo con una simile maggioranza possa durare di più), facendosi prendere a schiaffi dall'opposizione senza avere lo spazio di manovra necessario a varare una riforma degna di questo nome. Per inciso, chi conosce quella palude chiamata Senato sa che questo è difficile da controllare anche con maggioranze di venti senatori. Figuriamoci quando il vantaggio su cui si può contare è di un uomo e due figure: basta una piccola epidemia d'influenza al momento sbagliato per far cadere un governo.
Ora in questa posizione difficile ci si trova l'Unione e il cerino acceso è nelle mani di Romano Prodi. Il quale mostra di non aver capito molto di ciò che è successo. Dice che governerà cinque anni, che la sua è stata una grande vittoria e parla davvero come se avesse ricevuto un'investitura popolare. L'uomo che aveva promesso di unire l'Italia se ne sta semplicemente fregando della maggioranza degli italiani. Chiedendo di avere il mandato a governare ha firmato il suo suicidio politico. Lo hanno capito bene i Ds, i quali usano infatti un linguaggio assai più cauto. Gavino Angius insiste perché la presidenza di una delle Camere sia data a un esponente della Cdl, con la quale secondo lui andrebbe concordata anche l'elezione del presidente della Repubblica. Massimo D'Alema, dopo le prime figuracce, si guarda bene dal suonare la tromba: ora parla di un «paese spaccato» e di un risultato «molto tirato, al di là di quello che era prevedibile». Piero Fassino tira il freno a mano e dice che il loro governo «rappresenterà l'intero Paese facendosi carico delle aspettative e delle esigenze di tutti, con attenzione e scrupolo anche di chi ha votato il centrodestra». Parole pesate e pensate, che fanno intravedere l'atmosfera pesante che si respira da quelle parti. Già pensano a quando si dovranno votare provvedimenti come il rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero o i primi decreti fiscali o quando qualcuno dei tanti parlamentari della sinistra estrema tirerà fuori la proposta di legge sui Pacs o la libertà di ricerca sugli embrioni. Tutti temi sui quali al Senato, sulla carta, esiste già una maggioranza diversa dall'Unione.
La verità è che hanno paura: presto il compito ingrato di tirare la carretta prendendo gli sputi della minoranza toccherà a loro. La Cdl lascia il governo e inizia la sua campagna elettorale nel modo migliore: con le mani libere, all'opposizione, sapendo di poter contare su più elettori di quanti ne abbia l'Unione. Tra un anno si vota. E la Cdl li indicherà e dirà agli italiani: hanno avuto la loro occasione, ecco come l'hanno usata.

Update. Tanto per capire che anche a sinistra chi usa il cervello si guarda bene dal festeggiare:
"Anche Prodi è uno sconfitto", di Emanuele Macaluso sul Riformista;
"La fortuna è comunista?" di Luca Ricolfi sulla Stampa;
"Lo spettro di Arcore", di Gabriele Polo sul Manifesto.

Update/2. Importante per capire cosa succederà a Palazzo Madama:
"La mina del numero legale", sul Sole-24 Ore.

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