Ici, ecco il piano del governo (copertura compresa)
di Fausto Carioti
Vendere agli attuali inquilini gli immobili di proprietà dei comuni, destinare il ricavato alla riduzione del debito degli enti locali e usare i soldi così risparmiati sotto forma di interessi per finanziare l’abolizione dell’Ici sulla prima casa: la proposta lanciata da Silvio Berlusconi al termine del match con Romano Prodi è arrivata a sorpresa, ma è figlia di un piano preparato in queste settimane dallo staff del presidente del Consiglio, e in particolare dal suo consigliere economico, Renato Brunetta. L’annuncio del premier è infatti complementare al progetto tracciato dall’economista azzurro e allo stesso programma della Casa delle Libertà, laddove, al punto 5, si legge che «mentre quasi tutto il debito pubblico è del governo centrale (dello Stato), il grosso del patrimonio pubblico che può essere collocato e valorizzato sul mercato – circa i due terzi del totale – è dei governi locali (Regioni, Province, Comuni)».
La prima cosa da fare è quantificare il gettito che verrebbe a mancare con l’abolizione dell’Ici sulle prime case. In ballo c’è il 23% del gettito complessivo prodotto dall’Ici, ovvero circa 2,3 miliardi. Il resto delle entrate dovute all’imposta, infatti, proviene da immobili destinati a uso commerciale e industriale (circa 6,7 miliardi) e, per un miliardo, dagli appartamenti dove non risiedono i proprietari (in sostanza, quindi, dalle case di villeggiatura). Dunque, per coprire il “buco” aperto dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa la Cdl deve recuperare 2,3 miliardi. Per inciso, si tratta di una cifra di gran lunga inferiore a quella richiesta dal progetto dell’Unione di tagliare di cinque punti il cuneo fiscale sul costo del lavoro, che richiederebbe una copertura di dieci miliardi.
È qui che torna utile il “piano Brunetta”, che già prevede di vendere agli inquilini, tramite un patto tra Stato, Comuni e Regioni, le case popolari ex-Iacp. Il progetto è stato inserito nel programma della Cdl, dove è annunciato «il riscatto da parte degli inquilini delle case di proprietà pubblica e il conseguente finanziamento di mutui per acquisto, affitti e costruzione di abitazioni per giovani coppie». Si tratta di un milione di alloggi, che ceduti mediante una formula studiata per agevolare l’acquisto di chi già li abita (nei casi limite è prevista una rata mensile pari al canone attuale) dovrebbero portare in cassa una ventina di miliardi di euro.
L’idea che Brunetta ha passato a Berlusconi è quella di fare altrettanto con le case e gli immobili “non strategici” di proprietà dei comuni italiani: ipotesi peraltro già contenuta nella Finanziaria 2006. Gli enti locali, in sostanza, come già previsto per gli appartamenti ex Iacp, dovrebbero vendere le case agli attuali inquilini in base a un prezzo calcolato sul valore del canone (non sull’irrisorio valore catastale, quindi, né su quello, assai più alto, fissato dal mercato), mentre gli immobili ad uso commerciale sarebbero venduti al valore di mercato. Da questa manovra dovrebbero entrare in cassa, secondo le stime del consigliere economico di Palazzo Chigi, «almeno 30-40 miliardi di euro». Cifra che andrebbe usata interamente per ridurre il debito dei comuni. I quali risparmierebbero così una cifra tra i 2 e i 3 miliardi l’anno, sotto forma di minori interessi da pagare ai creditori. Una somma equivalente al mancato gettito causato dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa.
Grazie a questo intervento, secondo il progetto, otterrebbero una casa di proprietà altre 500mila famiglie, che si aggiungerebbero alla quota, già elevatissima, pari all’87%, delle famiglie italiane proprietarie di un appartamento. «In sostanza», spiega a Libero Brunetta, «con la vendita delle case ex Iacp diamo una casa di proprietà a un milione di persone e, col ricavato, finanziamo un milione di mutui agevolati per le giovani coppie. Mentre con la vendita del mezzo milione di case dei comuni creiamo altri 500mila proprietari ed eliminiamo l’Ici sulla prima casa, a tutto vantaggio dell’87% delle famiglie italiane».
© Libero. Pubblicato il 5 aprile 2006.
Vendere agli attuali inquilini gli immobili di proprietà dei comuni, destinare il ricavato alla riduzione del debito degli enti locali e usare i soldi così risparmiati sotto forma di interessi per finanziare l’abolizione dell’Ici sulla prima casa: la proposta lanciata da Silvio Berlusconi al termine del match con Romano Prodi è arrivata a sorpresa, ma è figlia di un piano preparato in queste settimane dallo staff del presidente del Consiglio, e in particolare dal suo consigliere economico, Renato Brunetta. L’annuncio del premier è infatti complementare al progetto tracciato dall’economista azzurro e allo stesso programma della Casa delle Libertà, laddove, al punto 5, si legge che «mentre quasi tutto il debito pubblico è del governo centrale (dello Stato), il grosso del patrimonio pubblico che può essere collocato e valorizzato sul mercato – circa i due terzi del totale – è dei governi locali (Regioni, Province, Comuni)».
La prima cosa da fare è quantificare il gettito che verrebbe a mancare con l’abolizione dell’Ici sulle prime case. In ballo c’è il 23% del gettito complessivo prodotto dall’Ici, ovvero circa 2,3 miliardi. Il resto delle entrate dovute all’imposta, infatti, proviene da immobili destinati a uso commerciale e industriale (circa 6,7 miliardi) e, per un miliardo, dagli appartamenti dove non risiedono i proprietari (in sostanza, quindi, dalle case di villeggiatura). Dunque, per coprire il “buco” aperto dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa la Cdl deve recuperare 2,3 miliardi. Per inciso, si tratta di una cifra di gran lunga inferiore a quella richiesta dal progetto dell’Unione di tagliare di cinque punti il cuneo fiscale sul costo del lavoro, che richiederebbe una copertura di dieci miliardi.
È qui che torna utile il “piano Brunetta”, che già prevede di vendere agli inquilini, tramite un patto tra Stato, Comuni e Regioni, le case popolari ex-Iacp. Il progetto è stato inserito nel programma della Cdl, dove è annunciato «il riscatto da parte degli inquilini delle case di proprietà pubblica e il conseguente finanziamento di mutui per acquisto, affitti e costruzione di abitazioni per giovani coppie». Si tratta di un milione di alloggi, che ceduti mediante una formula studiata per agevolare l’acquisto di chi già li abita (nei casi limite è prevista una rata mensile pari al canone attuale) dovrebbero portare in cassa una ventina di miliardi di euro.
L’idea che Brunetta ha passato a Berlusconi è quella di fare altrettanto con le case e gli immobili “non strategici” di proprietà dei comuni italiani: ipotesi peraltro già contenuta nella Finanziaria 2006. Gli enti locali, in sostanza, come già previsto per gli appartamenti ex Iacp, dovrebbero vendere le case agli attuali inquilini in base a un prezzo calcolato sul valore del canone (non sull’irrisorio valore catastale, quindi, né su quello, assai più alto, fissato dal mercato), mentre gli immobili ad uso commerciale sarebbero venduti al valore di mercato. Da questa manovra dovrebbero entrare in cassa, secondo le stime del consigliere economico di Palazzo Chigi, «almeno 30-40 miliardi di euro». Cifra che andrebbe usata interamente per ridurre il debito dei comuni. I quali risparmierebbero così una cifra tra i 2 e i 3 miliardi l’anno, sotto forma di minori interessi da pagare ai creditori. Una somma equivalente al mancato gettito causato dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa.
Grazie a questo intervento, secondo il progetto, otterrebbero una casa di proprietà altre 500mila famiglie, che si aggiungerebbero alla quota, già elevatissima, pari all’87%, delle famiglie italiane proprietarie di un appartamento. «In sostanza», spiega a Libero Brunetta, «con la vendita delle case ex Iacp diamo una casa di proprietà a un milione di persone e, col ricavato, finanziamo un milione di mutui agevolati per le giovani coppie. Mentre con la vendita del mezzo milione di case dei comuni creiamo altri 500mila proprietari ed eliminiamo l’Ici sulla prima casa, a tutto vantaggio dell’87% delle famiglie italiane».
© Libero. Pubblicato il 5 aprile 2006.