Timothy Garton Ash su Fitna e l'islam
Analisi assai liberale e molto sensata dello storico ed editorialista Timothy Garton Ash su Fitna, il film di Geert Wilders. Il film non gli piace, ma meno ancora gli piace l'atteggiamento vigliacco di tanti leader internazionali dinanzi alle minacce di morte ricevute da Wilders.
Quanto al sottoscritto, quello che pensa di Fitna lo ha scritto qui. Non è troppo diverso da quello che scrive Garton Ash. Soprattutto nei giudizi su Ban Ki-moon.
Che Wilders non meriti la morte per aver fatto un film vi sembrerà forse una cosa talmente ovvia che non c'è neanche bisogno di dirla. Invece va detto e ribadito. Anzi, è la prima cosa da dire. Perché una delle realtà più corrosive del nostro tempo è che, non una, ma tante persone in tutto il mondo sono minacciate di morte, vivono nascoste o sotto protezione 24 ore su 24, semplicemente perché hanno detto, disegnato o fatto qualcosa che viene considerato "un affronto all'Islam".L'articolo di Garton Ash in Italia è stato pubblicato oggi su Repubblica (da cui ho preso la traduzione), che ovviamente gli ha dato un titolo assai più critico di quello con cui è apparso originariamente su The Guardian. Titolo inglese: "Intimidation and censorship are no answer to this inflammatory film". Titolo di Repubblica: "Quel film è orribile ma censurarlo è peggio". Non occorre essere madrelingua per capire che "orribile" non è la traduzione di "inflammatory". Peraltro, la parola "horrible" non appare mai nel suo articolo. Ma tant'è.
Troppi leader olandesi e internazionali si sono affrettati a deplorare il film di Wilders senza prima condannare chi lo minaccia di morte. Un esempio eclatante viene dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, che pur condannando esplicitamente il film (ma non le minacce di morte), nega che in questa vicenda sia in gioco il diritto alla libertà di espressione. Che idiozia, anche un bambino di dieci anni capisce che non è vero. Ban non ha diritto di dire certe cose a nostro nome.
Quanto al sottoscritto, quello che pensa di Fitna lo ha scritto qui. Non è troppo diverso da quello che scrive Garton Ash. Soprattutto nei giudizi su Ban Ki-moon.