Ma per An il difficile comincia adesso

di Fausto Carioti

I tanti che negli ultimi giorni, un po’ per pochezza intellettuale un po’ perché spinti dal terrore, da sinistra hanno gridato all’arrivo della «marea nera», del «marcio su Roma», hanno avuto dagli elettori la risposta che meritavano: Gianni Alemanno è il nuovo sindaco della capitale, con oltre il 53% dei voti. A conferma che gli italiani - e i romani non fanno eccezione - non sono quegli indigeni sprovveduti che credono gli opinionisti dell’Unità e del Manifesto, e pretendono argomentazioni un po’ più serie di quelle sfoderate dai nostalgici del clima da dopoguerra. Pure le calunnie fatte circolare su Alemanno, che lo volevano in qualche modo “regista” dello stupro compiuto il 16 aprile nella borgata di La Storta da un rumeno (calunnie diffuse anche da un membro dello staff del ministro Rosi Bindi), sono state trattate dagli elettori per quello che erano: immondizia. Alla fine, come hanno dimostrato le urne, hanno fatto male a chi le aveva cavalcate. Così il partito di Gianfranco Fini può permettersi di chiudere nel modo migliore il suo percorso. Iniziato con l’archiviazione del Movimento sociale nel 1995, il cammino si conclude con il ritorno trionfale al governo, l’elezione dello stesso Fini alla presidenza della Camera (sarà la prima volta di uomo di destra alla guida di Montecitorio), la conquista del Campidoglio (altra primizia per la destra italiana) e il prossimo sbarco nel partito popolare europeo, la casa dei moderati del vecchio continente. Un “en plein” indiscutibile, dunque.

I festeggiamenti di queste ore e lo stato di depressione dell’opposizione, però, non devono far perdere di vista la portata della sfida che attende Alleanza nazionale. Se è vero che gli ex giovanotti in camicia nera non hanno più bisogno - da un pezzo - della patente di democraticità, perché se la sono conquistata sul campo, in anni di governo nazionale e locale, è vero anche che la credibilità di An come fabbrica di una nuova classe dirigente nazionale - moderna, di livello europeo - è ancora in gran parte da costruire. Il fatto che Alleanza nazionale sia destinata a confluire nel popolo delle Libertà non cambia i termini della faccenda: le radici, le esperienze, persino le letture degli esponenti di Forza Italia e di quelli di An sono così diverse che nessuno crede davvero che queste differenze si annulleranno subito. Insomma, An, con la sua identità, continuerà a vivere per un pezzo dentro al PdL. Potrà essere un valore aggiunto, per il nuovo partito, soprattutto se i suoi esponenti sapranno farsi indicare come esempi di buona amministrazione ai massimi livelli. E oggi, ad An, nonostante il suo forte radicamento nel territorio, manca l’equivalente di una Letizia Moratti o di un Roberto Formigoni. Per questo quello che farà Alemanno nei prossimi cinque anni sarà decisivo anche a livello nazionale.

Roma può diventare per An quel laboratorio di uomini e idee che Milano è per Forza Italia. Il modo per mettersi in luce non manca. Ancora ieri pomeriggio Ermete Realacci, portavoce del partito democratico, ribadiva che Roma è una città sicura, ben amministrata. È la dimostrazione che la batosta del 13 aprile non è servita a nulla: sono frasi come queste che li hanno condotti a due sconfitte storiche in due settimane. Dietro le luci della festa del cinema, delle notti bianche e delle altre trappole per gonzi orchestrate da Veltroni, c’è una città sempre più spaventata. Gli ultimi dati, diffusi pochi giorni fa dal ministero dell’Interno, dicono che a Roma, solo dal 2006 al 2007, gli stupri sono aumentati dell’8,8%, le rapine del 12,7%, i danneggiamenti e gli incendi dolosi del 20,3%, le estorsioni del 30,7%. Il nuovo sindaco dovrà dare subito un segnale forte su questo fronte. Da lui i romani si aspettano anche un’amministrazione più attenta ai soldi dei contribuenti, con meno consulenti in Campidoglio, e un barlume d’efficienza nella gestione dei trasporti.

Da anni si dice che il problema di An è la mancanza di alternative a Fini: dietro di lui c’è poco o niente, fa il ritornello. Un’accusa ingenerosa, che però nasconde un fondo di verità. Di sicuro, adesso sono tutti chiamati alla prova più importante della loro vita. Fini diventa la terza carica dello Stato ed entra in lizza per la successione a Silvio Berlusconi alla guida del PdL. Lascia le redini di An a un reggente, che con ogni probabilità sarà Ignazio La Russa. Alemanno si gioca tutto sul tavolo della capitale. Gli altri colonnelli avranno un incarico da ministro in una legislatura dove, visti i numeri in parlamento, nessuno potrà accampare scuse (Berlusconi per primo).

Gli italiani si sono fidati di loro, e li hanno sommersi di responsabilità. Ora, però, non staccheranno loro gli occhi di dosso. E la storia recente dei leader del centrosinistra insegna che la fiducia degli elettori fa presto a volatilizzarsi, se chi l’ha ricevuta non riesce a capitalizzarla nel modo migliore. Sulle loro nuove scrivanie, Fini, Alemanno e gli altri dovrebbero trovare un spazio per le foto di Walter Veltroni e Francesco Rutelli. Per quanto d’ostacolo a una buona digestione, le loro facce sono utili come ammonimento. Oggi gli esponenti di An si trovano nella stessa situazione in cui stavano i loro avversari due anni fa. Poi gli elettori li hanno spazzati via. Fini e i suoi dovranno fare meglio e più di loro per non finire nello stesso modo. Il difficile comincia adesso.

© Libero. Pubblicato il 29 aprile 2008.

Lettura complementare consigliata: Crollato il modello Roma ora Alemanno deve ricostruire, di Benedetto Marcucci, sull'Occidentale.

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