Sorpresa (si fa per dire): anche gli ebrei hanno scelto Alemanno
di Fausto Carioti
Ma davvero pensano che qualche elettore orienti il proprio voto in base a quello che gli suggeriscono loro? Se è così, farebbero bene a ridimensionare il rapporto con il loro ego. Furio Colombo e Gad Lerner, assieme a numerosi esponenti dell’ala sinistra della comunità ebraica, il 24 aprile avevano lanciato un appello appassionato per votare contro Gianni Alemanno. «Non ci ha convinto la sceneggiata di Alemanno che, mentre ribadiva che avrebbe corso da solo al ballottaggio per la poltrona di sindaco di Roma, ha espresso solidarietà a Storace», scrivevano allarmati. Il candidato sindaco del PdL, avvertivano, «avrà dalla sua anche i voti di Storace, quelli dei naziskin e di tutte le organizzazioni della peggiore destra, ben presenti a Roma». Per convincere i tanti elettori ebrei della capitale, non esitavano ad evocare lo spettro delle leggi razziali e dei campi di concentramento: «Non si difende la democrazia premiando l’antisemitismo e gli eredi morali del fascismo-nazismo».
Ora che si è votato e Alemanno ha stravinto, la vita nelle strade adiacenti alla sinagoga romana prosegue tranquilla. Nessuno ha venduto casa per scappare all’estero e l’unica crisi isterica registrata nei dintorni del portico d’Ottavia resta quella dei firmatari dell’appello. Del resto, quando Repubblica e altri quotidiani, nei giorni prima del voto, annunciavano mobilitazioni della «comunità ebraica romana» contro Alemanno, si scordavano di dire che l’agitazione riguardava solo una parte degli ebrei, ovviamente quella di sinistra. Anche a Tel Aviv tutto prosegue come prima: Gideon Meir, ambasciatore israeliano in Italia, ha chiamato il neosindaco di Roma per fargli le congratulazioni.
Non resta che misurare l’effetto dell’appello di Colombo, Lerner e compagni. Oggi è facile trovare residenti ebrei in tutte le zone della capitale, e molti di quelli che hanno un’attività commerciale nel ghetto sono pendolari provenienti da altri quartieri. Ma una quota importante di ebrei continua a risiedere nei dintorni della sinagoga. Costoro domenica e lunedì erano chiamati a votare nelle sezioni elettorali 1705 e 1706, in piazza del Collegio Romano. I risultati delle singole sezioni elettorali non sono ancora ufficiali, ma Libero ha potuto prenderne visione. Sono numeri sconfortanti per Francesco Rutelli e i suoi sponsor. In tutto, nelle due sezioni del ghetto ebraico, i voti validi sono stati 964, e 497 di questi, ovvero il 51,6%, sono andati al candidato sindaco del Popolo della Libertà, che ha battuto Rutelli per trenta voti, ovvero con tre punti percentuali abbondanti di scarto. Un risultato del tutto in linea con quelli registrati nel resto della capitale. Lo stesso è accaduto negli altri quartieri con una forte presenza di elettori ebrei, come Monteverde. Colpisce, semmai, il livello di astensionismo nelle due sezioni del ghetto, dove si è presentato al ballottaggio il 55,5% degli aventi diritto, contro il 63% registrato in tutta la città. Il significato sembra chiaro: gli ebrei che non nutrivano simpatie per Alemanno sono rimasti a casa, non ritenendo comunque il rischio tanto grave da dover andare al seggio per votare Rutelli.
La sensazione che gli ebrei romani, fregandosene dell’appello di Colombo e Lerner, avessero votato come gli altri elettori della capitale, era diffusa già domenica e lunedì. Tanto che il Manifesto in edicola ieri mattina titolava: «Gli ebrei di Roma votano Alemanno». I numeri delle singole sezioni ancora non c’erano, ma il presidente della comunità ebraica, Riccardo Pacifici, che prima del voto aveva annunciato la «totale indipendenza» nei confronti dei due candidati, a urne ancora calde spiegava al quotidiano comunista che i suoi correligionari, come gli altri romani, si erano schierati in maggioranza per l’esponente di An. «Molti si sono mobilitati e hanno votato per lui», ammetteva. Per almeno due motivi. Primo: l’opinione che gli ebrei della capitale hanno di Alemanno è rassicurante. Anche perché «quando in Israele Fini definì il fascismo come il male del mondo, al contrario di altri lui non protestò». Secondo: l’opinione che gli stessi ebrei hanno di una certa sinistra, alleata di Rutelli e nemica di Israele, è invece devastante. «Credo che, piano piano, questo abbia spostato parte dell’elettorato su posizioni di centrodestra», avvertiva Pacifici. È l’ennesima conferma del dramma che sta vivendo il centrosinistra: se si presenta da solo (come ha fatto Walter Veltroni) perde di brutto, ma se si allea con la sinistra estremista (come ha fatto Rutelli) rischia di uscirne persino peggio.
© Libero. Pubblicato il 30 aprile 2008.
Ma davvero pensano che qualche elettore orienti il proprio voto in base a quello che gli suggeriscono loro? Se è così, farebbero bene a ridimensionare il rapporto con il loro ego. Furio Colombo e Gad Lerner, assieme a numerosi esponenti dell’ala sinistra della comunità ebraica, il 24 aprile avevano lanciato un appello appassionato per votare contro Gianni Alemanno. «Non ci ha convinto la sceneggiata di Alemanno che, mentre ribadiva che avrebbe corso da solo al ballottaggio per la poltrona di sindaco di Roma, ha espresso solidarietà a Storace», scrivevano allarmati. Il candidato sindaco del PdL, avvertivano, «avrà dalla sua anche i voti di Storace, quelli dei naziskin e di tutte le organizzazioni della peggiore destra, ben presenti a Roma». Per convincere i tanti elettori ebrei della capitale, non esitavano ad evocare lo spettro delle leggi razziali e dei campi di concentramento: «Non si difende la democrazia premiando l’antisemitismo e gli eredi morali del fascismo-nazismo».
Ora che si è votato e Alemanno ha stravinto, la vita nelle strade adiacenti alla sinagoga romana prosegue tranquilla. Nessuno ha venduto casa per scappare all’estero e l’unica crisi isterica registrata nei dintorni del portico d’Ottavia resta quella dei firmatari dell’appello. Del resto, quando Repubblica e altri quotidiani, nei giorni prima del voto, annunciavano mobilitazioni della «comunità ebraica romana» contro Alemanno, si scordavano di dire che l’agitazione riguardava solo una parte degli ebrei, ovviamente quella di sinistra. Anche a Tel Aviv tutto prosegue come prima: Gideon Meir, ambasciatore israeliano in Italia, ha chiamato il neosindaco di Roma per fargli le congratulazioni.
Non resta che misurare l’effetto dell’appello di Colombo, Lerner e compagni. Oggi è facile trovare residenti ebrei in tutte le zone della capitale, e molti di quelli che hanno un’attività commerciale nel ghetto sono pendolari provenienti da altri quartieri. Ma una quota importante di ebrei continua a risiedere nei dintorni della sinagoga. Costoro domenica e lunedì erano chiamati a votare nelle sezioni elettorali 1705 e 1706, in piazza del Collegio Romano. I risultati delle singole sezioni elettorali non sono ancora ufficiali, ma Libero ha potuto prenderne visione. Sono numeri sconfortanti per Francesco Rutelli e i suoi sponsor. In tutto, nelle due sezioni del ghetto ebraico, i voti validi sono stati 964, e 497 di questi, ovvero il 51,6%, sono andati al candidato sindaco del Popolo della Libertà, che ha battuto Rutelli per trenta voti, ovvero con tre punti percentuali abbondanti di scarto. Un risultato del tutto in linea con quelli registrati nel resto della capitale. Lo stesso è accaduto negli altri quartieri con una forte presenza di elettori ebrei, come Monteverde. Colpisce, semmai, il livello di astensionismo nelle due sezioni del ghetto, dove si è presentato al ballottaggio il 55,5% degli aventi diritto, contro il 63% registrato in tutta la città. Il significato sembra chiaro: gli ebrei che non nutrivano simpatie per Alemanno sono rimasti a casa, non ritenendo comunque il rischio tanto grave da dover andare al seggio per votare Rutelli.
La sensazione che gli ebrei romani, fregandosene dell’appello di Colombo e Lerner, avessero votato come gli altri elettori della capitale, era diffusa già domenica e lunedì. Tanto che il Manifesto in edicola ieri mattina titolava: «Gli ebrei di Roma votano Alemanno». I numeri delle singole sezioni ancora non c’erano, ma il presidente della comunità ebraica, Riccardo Pacifici, che prima del voto aveva annunciato la «totale indipendenza» nei confronti dei due candidati, a urne ancora calde spiegava al quotidiano comunista che i suoi correligionari, come gli altri romani, si erano schierati in maggioranza per l’esponente di An. «Molti si sono mobilitati e hanno votato per lui», ammetteva. Per almeno due motivi. Primo: l’opinione che gli ebrei della capitale hanno di Alemanno è rassicurante. Anche perché «quando in Israele Fini definì il fascismo come il male del mondo, al contrario di altri lui non protestò». Secondo: l’opinione che gli stessi ebrei hanno di una certa sinistra, alleata di Rutelli e nemica di Israele, è invece devastante. «Credo che, piano piano, questo abbia spostato parte dell’elettorato su posizioni di centrodestra», avvertiva Pacifici. È l’ennesima conferma del dramma che sta vivendo il centrosinistra: se si presenta da solo (come ha fatto Walter Veltroni) perde di brutto, ma se si allea con la sinistra estremista (come ha fatto Rutelli) rischia di uscirne persino peggio.
© Libero. Pubblicato il 30 aprile 2008.