Frank Miller contro Hollywood (e Al Qaeda)

L'idealtipo weberiano della cultura pop italiana è il terzetto Liga-Jova-Pelù. Questo perché il mercato della cultura pop italiana è quello che è: pronto ad adagiarsi su ogni luogo comune terzomondista, pacifista e vetero-ecologista, nella convinzione che l'unico target che valga la pena di inseguire sia quello degli sprovveduti che vanno in giro con la maglietta di Che Guevara. Del resto, perché perdere tempo a pensare quando Manifesto e Repubblica hanno già scritto tutto? La buona notizia è che non è così ovunque. Chi conosce i fumetti sa che Frank Miller è uno degli autori più importanti del mondo. A lui si devono, per la Dc Comics, capolavori cupi come The Dark Knight returns e Batman: Year One, che hanno tolto Batman dal cronicario dei supereroi, rendendolo di nuovo appetibile per le ricche royalties cinematografiche; per la Marvel, Miller si è cimentato con Wolverine, Devil (altro personaggio rimosso di peso dalla naftalina e rilanciato alla grande, tanto che è finito pure lui sul grande schermo) e ha creato il personaggio di Elektra (altro film). E ancora Ronin, Sin City (ennesima pellicola) e altra roba di primissimo livello. Insomma, quando si parla di gotico americano Frank Miller sta al fumetto come Stephen King sta al romanzo.
Sbattendosene della cricca liberal di Hollywood, Miller ha deciso di fare quel che può per sostenere la guerra degli Stati Uniti al terrorismo: un nuovo fumetto (una graphic novel, per l'esattezza), intitolata "Holy Terror, Batman!" che vedrà l'uomo pipistrello impegnato a salvare Gotham City da Al Qaeda. Propaganda? Proprio così. Miller lo dice a testa alta: un «esercizio di propaganda», nel quale «Batman prende a calci in culo Al Qaeda». Propaganda «per ricordare, a chi sembra aver dimenticato, chi sono i nostri nemici». Né più né meno, ricorda, di quanto fecero Capitan America e Superman con Adolf Hitler negli anni Quaranta. Non sarà un fumetto buonista.

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