Pensierini politicamente scorretti sulle vignette e l'Islam

Per trovare qualche ragionamento lucido e liberale sulla vicenda delle vignette che hanno ispirato ai fondamentalisti islamici una nuova fatwa in terra europea bisogna leggere due periodici americani: il settimanale neocon The Weekly Standard e la rivista libertarian Reason.
«Una cosa è condannare il Jyllands-Posten (il quotidiano danese che per primo ha pubblicato le vignette, ndAcm)», scrive il Weekly Standard, «per avere offeso milioni di persone. E una cosa molto differente è criticare i danesi o altri governi, dal momento che una simile critica presume che il governo debba controllare i media. (...) Il premier danese Rasmussen deve dire agli ambasciatori egiziani e agli altri non solo che questi non sono affari che riguardano il governo danese, ma anche che, essendo loro ambasciatori di Paesi, e non di religioni, non sono nemmeno affari loro. Gli ambasciatori, specialmente i sauditi, potranno rispondere che loro non fanno una simile distinzione. La nostra risposta deve essere, forte e chiara, che noi una simile distinzione la facciamo, e che proteggere la libertà religiosa ci obbliga a difenderla nei nostri rapporti con gli altri».
E ancora: «Dobbiamo essere molto chiari nella distinzione tra tolleranza religiosa e libertà religiosa. La tolleranza religiosa significa che non dobbiamo insultare la religione altrui, ed è una buona cosa. Ma la libertà religiosa significa essere liberi di respingere la religione degli altri e persino di insultarla. Il governo deve incoraggiare i suoi cittadini a essere tolleranti l'uno con l'altro, ma il suo compito principale è proteggere i diritti e le libertà dei suoi cittadini. Il fatto che talvolta qualcuno possa sentirsene offeso è uno dei costi della libertà».
Da applausi, per lucidità e scorrettezza politica, anche il ragionamento di Reason: «Il caso del Jyllands-Posten scatena disordini, ma a conti fatti è un passo avanti nella giusta direzione sia per i musulmani sia per i laici. In un mondo ideale, o quantomeno in un mondo appena migliore di questo, nessuno disegnerebbe caricature di Maometto, perché non ci sarebbe alcuna esigenza di provocare i musulmani. Noi non viviamo in un simile mondo, così la cosa migliore che possiamo fare è far sì che la controversia divampi. E' l'unico modo di pulire l'aria». Quanto al ragionamento fatto dall'amministrazione americana, che ha condannato la pubblicazione delle vignette con l'evidente timore che questa estremizzi l'opinione pubblica islamica in un momento delicato (ma quando non lo è?) della guerra al terrorismo, esso deve essere respinto, poiché «la libertà di parola va difesa anche se indebolisce la lotta al terrorismo».
Se Weekly Standard e Reason mettono nero su bianco più o meno quello che ti aspetti, la gradita (e purtroppo breve) sorpresa è stata il settimanale giordano Shehann. Il cui direttore, Jihad Al-Mumani, ha pubblicato tre delle dodici vignette incriminate e (come raccontato qui) si è rivolto così ai suoi lettori: «Cosa fa più male all'Islam: uno che si impegna a disegnare il profeta oppure un musulmano con addosso una cintura esplosiva che si fa saltare a una festa di matrimonio ad Amman o in qualunque parte del mondo? Oppure lo sgozzamento di un ostaggio davanti alle telecamere al grido di Allah Akbar?». Parole sensate e molto coraggiose, visto dove sono state scritte. Ovviamente, subito dopo aver mandato in tipografia queste sue idee tanto eretiche, il direttore di Shehann è stato licenziato.
Se ad Amman c'è chi prova a tenere alta la testa, pagando un caro prezzo, in Europa c'è chi il capo lo china per indole naturale. Il bollito ha già detto di aver trovato quelle vignette di cattivo gusto, spiegando che «questo è un periodo in cui ci sono grandi sensibilità sulla convivenza tra culture e religioni diverse e sarebbe auspicabile tenerne conto. Quelle caricature erano del tutto inappropriate e certamente irrispettose». Insomma, il ragionamento opposto a quello di Reason: teniamoci buoni gli intolleranti e comportiamoci come ci dicono loro, altrimenti si arrabbiano. Quando si dice la libertà prima di tutto.
Stesso registro, del resto, adottato dalle Nazioni Unite. Dove l'alto commissario per i Diritti umani, la canadese Louise Arbour, già a dicembre, dinanzi alle minacce islamiche contro il Jyllands-Posten, aveva difeso la libertà d'espressione secondo tradizione della casa, dichiarando il proprio «disappunto» per la pubblicazione delle vignette, aprendo un'inchiesta per razzismo, chiedendo spiegazioni ufficiali al governo danese (alla faccia della libertà di stampa) e scrivendo, in una lettera ai Paesi islamici, le seguenti parole: «Comprendo il vostro atteggiamento verso le immagini che sono apparse nel giornale. Ritengo allarmante ogni comportamento che disprezza le credenze altrui. Si tratta di cose inaccettabili».
Ora. Se il "cattolico adulto" Romano Prodi giudica «inappropriate e irrispettose» le dodici vignette e se l'alto commissario Onu per i Diritti umani le ritiene «allarmanti e inaccettabili», chissà che toni preoccupati avranno usato i due (Prodi è stato presidente della Commissione europea) nei confronti dell'Arabia Saudita e di tutti gli altri Stati islamici riguardo al trattamento che ogni giorno questi riservano ai cristiani e ai fedeli di altre religioni. Chissà che parole di fuoco, chissà quali prese di posizione coraggiose.

See also: Voltaire, salvaci (da noi stessi)

Update. Buona domenica a tutti. Moderazione commenti attivata sino a lunedì (forse lunedì sera, vedremo). Statemi bene.

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