Post

Visualizzazione dei post da aprile, 2008

Sorpresa (si fa per dire): anche gli ebrei hanno scelto Alemanno

di Fausto Carioti Ma davvero pensano che qualche elettore orienti il proprio voto in base a quello che gli suggeriscono loro? Se è così, farebbero bene a ridimensionare il rapporto con il loro ego. Furio Colombo e Gad Lerner, assieme a numerosi esponenti dell’ala sinistra della comunità ebraica, il 24 aprile avevano lanciato un appello appassionato per votare contro Gianni Alemanno. «Non ci ha convinto la sceneggiata di Alemanno che, mentre ribadiva che avrebbe corso da solo al ballottaggio per la poltrona di sindaco di Roma, ha espresso solidarietà a Storace», scrivevano allarmati. Il candidato sindaco del PdL, avvertivano, «avrà dalla sua anche i voti di Storace, quelli dei naziskin e di tutte le organizzazioni della peggiore destra, ben presenti a Roma». Per convincere i tanti elettori ebrei della capitale, non esitavano ad evocare lo spettro delle leggi razziali e dei campi di concentramento: «Non si difende la democrazia premiando l’antisemitismo e gli eredi morali del fascismo-na

Ma per An il difficile comincia adesso

di Fausto Carioti I tanti che negli ultimi giorni, un po’ per pochezza intellettuale un po’ perché spinti dal terrore, da sinistra hanno gridato all’arrivo della «marea nera», del «marcio su Roma», hanno avuto dagli elettori la risposta che meritavano: Gianni Alemanno è il nuovo sindaco della capitale, con oltre il 53% dei voti. A conferma che gli italiani - e i romani non fanno eccezione - non sono quegli indigeni sprovveduti che credono gli opinionisti dell’Unità e del Manifesto, e pretendono argomentazioni un po’ più serie di quelle sfoderate dai nostalgici del clima da dopoguerra. Pure le calunnie fatte circolare su Alemanno, che lo volevano in qualche modo “regista” dello stupro compiuto il 16 aprile nella borgata di La Storta da un rumeno (calunnie diffuse anche da un membro dello staff del ministro Rosi Bindi), sono state trattate dagli elettori per quello che erano: immondizia. Alla fine, come hanno dimostrato le urne, hanno fatto male a chi le aveva cavalcate. Così il parti

Grillo, l'evoluzione (?) della sinistra

Avessero la coda e vivessero sugli alberi, gli antifascisti di professione, quelli che conosciamo da sempre, oggi sarebbero nella lista delle specie in via d’estinzione, ben prima dell’orango del Borneo e del lemure marrone. Chi pensa che la mazzata gliel’abbiano data Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini il 13 aprile, sbaglia. La colpa (o il merito, a seconda dei punti di vista) è di Beppe Grillo, e la data da segnare è quella del 25 aprile 2008. Ieri, per la prima volta nel dopoguerra, la sinistra che festeggia l’anniversario della Liberazione si è scoperta minoranza in piazza. E' apparsa una nuova creatura, che le ha rubato l’habitat e si candida a soppiantarla. È un’evoluzione della sinistra che nacque con la resistenza, e ne rivendica la discendenza: «Siamo noi i nuovi partigiani», ha sparato Grillo dal palco di Torino ai cinquantamila e passa che lo ascoltavano. Ma si tratta delle stesse attenzioni che l’uomo di Cro-Magnon concesse al suo predecessore nehanderthaliano prima di

Berlusconi, la sinistra e la "questione gay"

di Fausto Carioti In realtà, tutto quello che c’è da dire sull’argomento è già stato messo nero su bianco, con invidiabile capacità di sintesi, nella lettera che un operaio di Piombino ha inviato a Fabio Mussi, e che a dicembre il ministro mostrava ai giornalisti. «Non vi seguo più», scriveva il ruspante compagno maremmano al suo referente politico, «ormai vi occupate soltanto di carcerati, di finocchi e di negri». Ecco, lasciamo perdere i carcerati e i «negri», e occupiamoci della terza categoria. Bisogna farlo, perché la sinistra ha appena riesumato la questione omosessuale. In funzione antiberlusconiana, ovviamente. Al Cavaliere è bastato dire una ovvietà, e cioè che sarà meglio che il prossimo commissario Ue italiano si interessi «di infrastrutture e di trasporti invece che di omosessualità», per scatenare gli strepiti delle vestali del politicamente corretto: Berlusconi omofobo, destra berlusconiana fascista e impresentabile e così via. Il tutto, va da sé, tenendo un occhio preocc

Greenpeace e la scienza: il racconto di Patrick Moore

Quello di Patrick Moore è un nome assai noto tra chi si occupa di ambiente. Fu uno dei fondatori di Greenpeace, che ha lasciato nel 1986. Ha appena raccontato sul Wall Street Journal i motivi del suo addio a Greenpeace. E' una lettura istruttiva. Nel 1971 si stava radicando in Canada un'etica ambientalista e pacifista, e io decisi di partecipare. Appena ottenni il mio dottorato in Ecologia, misi assieme il mio background scientifico con le forti capacità mediatiche dei miei colleghi. Coerentemente con le nostre tesi pacifiste, fondammo Greenpeace. Ma dopo ho imparato che il movimento ambientalista non sempre è guidato dalla scienza. (...) Dapprima, molte delle cause che portammo avanti, come l'opposizione ai test nucleari e la protezione delle balene, scaturivano dalle nostre conoscenze scientifiche di fisica nucleare e biologia marina. Ma dopo sei anni passati come uno dei cinque direttori di Greenpeace International, mi resi conto che nessuno dei miei colleghi direttori

Déjà vu

Ventuno luglio dell'anno 2000. A Milano Walter Veltroni, Piero Fassino, Massimo Cacciari, Livia Turco, Pietro Folena e altri tengono a battesimo il coordinamento Ds del nord Italia . I toni sono da evento epocale. Fassino dice: «Noi qui compiamo oggi una scelta di grande rilievo... Stiamo facendo una scelta nel Nord che interessa tutto quanto il paese. Il Nord è, per l'accumulo di sviluppo economico, tecnologico, di piena occupazione, di professionalità e di competenze, il punto più alto dello sviluppo del Paese». Veltroni: «Considero la cosa che stiamo facendo oggi un momento storico, nel senso che cambia il modo di essere del più grande partito della sinistra italiana». E così via. Non hanno fatto nulla. Otto anni dopo sono sempre lì, a discutere se sia il caso o no di creare un Pd del Nord, davanti agli stessi problemi che intanto non sono riusciti a risolvere, usando le stesse parole, continuando a non capirci nulla come allora. Hat tip: Left Wing .

Meno male che Jimmy c'è

Ho un dubbio. Non so a chi dare retta. Se credere a Jimmy Carter, il quale dice che gli sgherri di Hamas sono pronti a riconoscere il diritto di Israele a vivere in pace , anche se entro i confini del 1967. O se credere direttamente al capo degli sgherri di Hamas, Khaled Meshaal, il quale, subito dopo aver incontrato Carter, sostiene che a riconoscere il diritto di Israele all'esistenza non ci pensano nemmeno . Humm. Chissà chi ha ragione.

Liberali per Mosley

Mario Vargas Llosa fa l'unica cosa che può fare un liberale davanti a un caso come questo. Difende Max Mosley e il suo diritto di divertirsi come gli pare, assieme ad altri adulti consenzienti, senza essere linciato. «Dirò, brevemente, che, a mio modesto parere, Mosley ha tutte le ragioni del mondo e che se a lui piace che lo sculaccino - come facevano le madri con i bambini che si comportavano male quando io ero piccolo - o ama sculacciare sederi altrui, è un fatto che riguarda solo lui e i suoi compagni di frustate. Nessun altro. A patto, ovviamente, che questi giochi di mano avvengano tra persone adulte che vi si prestino di loro volontà e in perfetta lucidità, come sembra sia accaduto nella circostanza». Il suo articolo, apparso su El Pais, è pubblicato oggi dalla Stampa . Io ne avevo scritto qui .

La prima volta di Montezemolo

di Fausto Carioti Girano due interpretazioni delle parole durissime con cui Luca Cordero di Montezemolo, nel suo ultimo discorso da presidente di Confindustria, ha salutato i sindacati e la sinistra. La prima, bonaria, è che certe cose le ha dette solo adesso perché prima glielo ha impedito il suo ruolo di leader degli imprenditori. La seconda, più perfida, è che per sparare ha aspettato di vedere l’avversario a terra, abbattuto dagli elettori e da Silvio Berlusconi. Qualunque sia la ragione che lo ha spinto, ieri, finalmente, il numero uno di viale dell’Astronomia ha parlato davvero fuori dai denti, senza riguardi. Ne ha avute per tutti. Per le sigle confederali, innanzitutto: «I lavoratori», ha detto, «sono molto più vicini alle nostre posizioni che a quelle dei sindacalisti». Non ce l’ha solo con la Cgil, ma anche con Cisl e Uil, e lo fa capire bene: «In quattro anni le tre sigle sindacali non hanno voluto o potuto raggiungere un accordo, badate bene, non con noi, ma tra di loro».

Cgil, operazione suicidio: ora il nemico è l'Ici

di Fausto Carioti C’è una poltrona libera, da qualche giorno: è quella di presidente del Partito democratico. Anche se con un certo ritardo, Romano Prodi ha preso atto che nel Pd non lo voleva più nessuno e che la sua presenza era solo motivo d’imbarazzo. Il successore dovrebbe essere uno tra Rosy Bindi e Franco Marini. Pacatamente, serenamente, ci permettiamo di suggerire un terzo nome: quello di Tafazzi, il personaggio televisivo noto per l’irruenza con cui si percuote i genitali a colpi di bottiglia. Sarebbe un “padre nobile” perfetto. Nessuno riassume meglio di lui il tratto caratteristico della sinistra italiana: la capacità di farsi del male, di insistere nell’errore anche dopo che la “base” ha fatto capire nel modo più chiaro che chi pretende di rappresentarla sta sbagliando tutto. L’ultimo gesto autolesionista l’ha appena compiuto Guglielmo Epifani. Il segretario generale della Cgil ha annunciato che il suo sindacato è contrario all’abolizione dell’imposta comunale sulla prima

Calearo sconfitto anche in casa sua

di Fausto Carioti Uomo d’impresa, «uomo del fare», come lui stesso si definisce con orgoglio, Massimo Calearo durante la campagna elettorale si era rimboccato le maniche. Aveva lavorato duro, da bravo veneto. Alla fine, dopo aver tanto seminato, era pronto a raccogliere. «Si sente aria di nuovo, c’è tanta gente che non avrebbe mai votato per il Pd, e che invece lo ha fatto, anche per la mia presenza. E molti che votavano Forza Italia sono venuti con noi», gongolava domenica l’ex presidente di Federmeccanica davanti al taccuino del giornalista di Repubblica. Raccontava che persino suo padre, l’ottantenne Alessio, che aveva sempre votato per il centrodestra, si era convinto e aveva messo la croce sul simbolo del Partito democratico. Cosa non si fa per i figli. Del resto, era proprio per la sua capacità di rastrellare voti laddove il Pd non ne avrebbe mai presi che Walter Veltroni aveva voluto candidare a tutti i costi il cinquantatreenne Massimo alla Camera e lo aveva messo capolista nel

Israele e Usa votano Berlusconi, Iran e Siria votano Pd

Leggere i risultati del voto all'estero è divertente e istruttivo. Niente di scientifico, per carità, ma se ne ricavano due forti impressioni. La prima è che gli italiani sparsi per il mondo siano molto attenti alla politica estera dei partiti in lizza. La seconda è che gli stessi elettori tendano a uniformarsi all'atteggiamento che ha, nei confronti dei partiti italiani, il Paese in cui vivono. In altre parole, vedono la politica italiana attraverso gli occhi dell'opinione pubblica che li circonda. Due fattori ovvi, che danno però risultati interessanti. L'esempio più lampante viene dal Medio Oriente. Israele ha premiato la lista di Silvio Berlusconi con un consenso "modello Vladimir Putin": 73,3% al Popolo delle libertà, 20% al Partito democratico. Penalizzato l'operato del governo Prodi e del ministro Massimo D'Alema: nel 2006 l'Unione aveva preso il 31% dei voti. L' Iran , con il 54,4% dei voti, premia invece il Partito democratico, e lo

Libertà di bavaglio

Lasciamo perdere la persona in questione. Immaginiamo che non si tratti di Brigitte Bardot, ma di un bischero qualunque. Ecco, il fatto che oggi, nel cuore dell'Europa, in Francia, patria di Voltaire e sedicente culla dei diritti civili, si possa essere processati e condannati per aver criticato il rituale islamico della macellazione animale e aver detto che i musulmani stanno «distruggendo noi e il nostro Paese, imponendoci i loro costumi», è semplicemente indecente. E conferma tutte le più fosche previsioni sul futuro del vecchio continente.

Il valore aggiunto di Calearo

Leviamoci lo sfizio e quantifichiamo la portata dell'effetto prodotto dalla candidatura nel Partito democratico dell'imprenditore Massimo Calearo, l'uomo che avrebbe dovuto far sterzare verso Walter Veltroni e la sua lista l'operoso Nordest. Mettiamo a confronto con le elezioni politiche del 2006 i voti appena ottenuti dal Pd nei posti dove la candidatura di Calearo è più significativa: il suo comune (Costabissara), la sua provincia (Vicenza), la sua regione (il Veneto). Notare che, a urne appena chiuse, Calearo aveva detto di aver ricevuto «ottimi segnali». «Vedrete, ne ho convinti tanti», assicurava . Massì, vediamo. Come noto, gli schieramenti stavolta erano diversi da quelli delle precedenti elezioni. Comunque ho confrontato il dato ottenuto dall'Ulivo nel 2006 (elezione della Camera dei deputati) con quello appena conseguito dal Pd, "regalando" così, di fatto, alla lista di Veltroni e Calearo i voti dei radicali, che due anni prima si erano presentati

Il politologo e il comico

«Il piano di Silvio era: prima gozzovigliare per cinque anni, poi perdere e lasciare due mesi di governo ai comunisti perché mettano a posto i bilanci - quelli lì ne sono capaci, sa? Così la gente fa i sacrifici, i comunisti sono gli unici che possono chiederglieli. Poi, quando i conti sono a posto, Silvio torna più bello di prima e fa un ribaltone a suo favore». Antonio Cornacchione, 12 aprile 2006 . «Dicono i sondaggi, con un margine di errore che va sempre tenuto ben presente, che il complesso degli indecisi sia da valutare attorno al 10 per cento dei presumibili votanti. Dicono anche che il 45 per cento di quel dieci sia orientato a votare Veltroni. E dicono infine che se quel 45 diventasse il 13 aprile il 60, alla Camera si potrebbe pareggiare, i due maggiori partiti si troverebbero spalla a spalla e uno dei due otterrebbe la vittoria con uno scarto minimo di voti. Se poi il Partito democratico convogliasse su di sé il 75 per cento degli indecisi la vittoria alla Camera diventereb

Resa incondizionata

«Il rapporto fra quest’uomo e l’Italia, a questo punto, assume effettivamente una dimensione storica. Sarà lui a decidere quando il proprio ciclo terminerà, e intanto tocca a lui decidere che tipo di rapporto instaurare con l’opposizione». Editoriale odierno di Europa, quotidiano della Margherita .

Waterloo 2008

Prima considerazione, a urne ancora calde, sulle elezioni politiche appena concluse. Dal parlamento italiano scompaiono i comunisti ed è ridotta a un ruolo assolutamente secondario l'unica forza democristiana che ha scelto di correre da sola: l'Udc. La marginalizzazione delle due forze politiche e culturali che hanno segnato il dopoguerra italiano è un evento epocale, la cui portata sarà valutabile in modo compiuto solo tra qualche tempo. Seconda considerazione: la legge elettorale attuale funziona anche al Senato. Dicevano in tanti, soprattutto a sinistra, che era una schifezza di legge, non in grado di garantire la governabilità. Era diventato un luogo comune, sempre sulla bocca anche dei più raffinati politologi. Ma era una solenne cavolata. La scorsa legislatura è stata caratterizzata da un Senato in equilibrio perché era stato in equilibrio il voto degli italiani. Stavolta che gli italiani si sono espressi in modo chiaro, premiando la coalizione di Berlusconi con uno scart

Abbiamo atteso lo scatto di Veltroni. Inutilmente

di Fausto Carioti E il botto? Lo abbiamo aspettato col fiato sospeso tutti quanti, i suoi elettori per primi. Attesa inutile: il gesto epocale non c’è stato. Walter Veltroni doveva fare «boom». Si è limitato a fare «plof». La sua campagna elettorale è finita come era iniziata: «troppo flaccida», per riprendere le parole usate qualche settimana fa dal professor Giovanni Sartori. Nessuna scossa, nessun lampo di genio, nessun guizzo decisivo al novantesimo minuto, come era lecito sperare. Tramortito da Romano Prodi, il popolo di sinistra aveva bisogno di un caffè triplo per ricominciare a sperare. Il sindaco di Roma gli ha servito - con molto garbo, per carità - un brodino vegetale, tiepidino e sciapetto. Nemmeno l’ombra della proposta che spariglia, l’equivalente dell’abolizione dell’Ici sulla prima casa, sparata da Silvio Berlusconi all’ultimo minuto della campagna elettorale del 2006 e rivelatasi decisiva per pareggiare i conti con l’Unione e segnare il destino della legislatura che si

Gli ultimi veleni prima del voto

di Fausto Carioti L'ultima polpetta avvelenata prima del voto è anche la più infame. Da qualche settimana, nelle ambasciate dei Paesi amici, nelle stanze ai piani alti di Confindustria e in altre sedi di isttituzioni importanti, girano brutte voci sullo stato di salute di Silvio Berlusconi. Con l'avvicinarsi della data del voto, queste voci si sono fatte più insistenti. Per essere più chiari, riguardano il ritorno dello stesso male che Berlusconi, un giorno del luglio del 2000, confidò di avere già sconfitto: «Ho avuto un cancro alla prostata», raccontò. «Ho vissuto mesi da incubo, ma ho continuato a lavorare senza far trasparire nulla. Poi sono stato operato e ce l’ho fatta. E ho ricominciato con più grinta». L’operazione avvenne nella primavera del 1997. Sono passati undici anni. Oggi - ne abbiamo la certezza - Berlusconi sta benissimo. Però il venticello della calunnia si sta facendo sentire, guarda caso in prossimità dell’appuntamento elettorale più importante

Timothy Garton Ash su Fitna e l'islam

Analisi assai liberale e molto sensata dello storico ed editorialista Timothy Garton Ash su Fitna , il film di Geert Wilders. Il film non gli piace, ma meno ancora gli piace l'atteggiamento vigliacco di tanti leader internazionali dinanzi alle minacce di morte ricevute da Wilders. Che Wilders non meriti la morte per aver fatto un film vi sembrerà forse una cosa talmente ovvia che non c'è neanche bisogno di dirla. Invece va detto e ribadito. Anzi, è la prima cosa da dire. Perché una delle realtà più corrosive del nostro tempo è che, non una, ma tante persone in tutto il mondo sono minacciate di morte, vivono nascoste o sotto protezione 24 ore su 24, semplicemente perché hanno detto, disegnato o fatto qualcosa che viene considerato "un affronto all'Islam". Troppi leader olandesi e internazionali si sono affrettati a deplorare il film di Wilders senza prima condannare chi lo minaccia di morte. Un esempio eclatante viene dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-m

Fuoco amico a sinistra

Il fenomeno ha un nome tecnico: è la "sindrome del macellaio di Valentino Parlato", che a sinistra è stato il primo a sinistra a teorizzarlo . Ricordate le elezioni politiche di due anni fa? I calcoli della vigilia dicevano che, se la percentuale dei votanti sarebbe stata alta, la Cdl avrebbe avuto ottime chances di agguantare l'Unione. Ed è proprio quello che successe. Ecco, stavolta, i ruoli sono invertiti. L'elettorato pigro, schifato, demotivato ora sta nel centrosinistra. Se Walter Veltroni vuole avere qualche speranza di pareggio al Senato, deve puntare su una fortissima partecipazione degli elettori. In parole povere, stavolta - ed è cosa davvero rara - l'astensione penalizza il centrosinistra. Si spiega così il riemergere dai sonni girotondini di Nanni Moretti. Che ha lanciato un appello - apparso su Repubblica - a tutti coloro che alle ultime elezioni hanno votato a sinistra e che adesso - tramortiti da Prodi e per nulla eccitati da Veltroni - intendono

Da Legambiente al nucleare: la conversione (tardiva) di Chicco Testa

di Fausto Carioti Chicco Testa scrive che «tra il lasciare il proprio figlio all’interno di una centrale nucleare e regalargli un motorino, la seconda scelta comporta rischi infinitamente superiori. Eppure regaliamo motorini ai nostri figli e scendiamo in piazza contro le centrali nucleari». Come tanti suoi compagni di strada, l’ex leader di Legambiente sbaglia di brutto: è convinto che chiunque di noi sia andato in piazza almeno una volta alzando cartelli col sole che ride. Classico errore della sua generazione: credere che non esistano percorsi politici al di fuori dei loro è un tratto tipico della presunzione sessantottina. Quanto al resto, però, Testa ha ragione: sull’ambiente e l’energia la sua generazione è responsabile di un disastro, e il prezzo adesso lo paghiamo tutti: famiglie, imprese e lavoratori. Lui, almeno, se ne è reso conto, e ci ha scritto sopra un libro appena uscito, che s’intitola “Tornare al nucleare?”, è pubblicato da Einaudi e costa 13,50 euro. Certo, ormai è t

Il satrapo del Bahrein che fa la morale a Mosley

di Fausto Carioti Lo sceicco Salman Bin Hamad Al Khalifa, principe ereditario del Bahrein e suprema autorità sportiva del suo Paese, ha dichiarato Max Mosley, numero uno della Federazione internazionale dell’automobile (Fia), «persona non grata». Il top manager inglese non potrà così recarsi in Bahrein per assistere al gran premio di Formula Uno in programma questo fine settimana, nonostante la Fia sia la federazione che organizza il grande circo Barnum dei motori. Lo sceicco ritiene Mosley un personaggio riprovevole, dopo che quest’ultimo è stato filmato da una banda di spioni e quindi sputtanato (è il caso di dirlo) in tutto il mondo, dove qualche miliardo di persone ha potuto vedere le immagini del sessantottenne boss della Formula Uno impegnato con un gruppo di ragazze in divisa durante quella che aveva tutta l’aria di essere un’orgetta fetish (un tempo si sarebbe detto “sadomaso”). Non ci fosse di mezzo una cosa seria come la libertà, saremmo davanti alla burla dell’anno. Il Bahre

Il caso Pizza e le colpe di Amato

di Fausto Carioti Di chi sia la colpa lo sanno tutti. Almeno per ora, però, nessuno punta l’indice accusatore. Quelli del partito democratico tacciono per convenienza di parte. I berlusconiani stanno zitti perché cercano di risolvere la grana assieme agli uomini di Veltroni, e quando si lavora in tandem non è carino dire cose cattive (anche se vere) a chi sta pedalando con te. Ma la verità è che l’enorme pasticcio causato dalla riammissione alla gara elettorale della Dc di Giuseppe Pizza ha un solo responsabile: Giuliano Amato. Se le elezioni rischiano di essere rinviate, lo si deve al ministro dell’Interno. Alla faccia del soprannome: il dottor Sottile si è comportato come l’ultimo dei dilettanti. Era stato lui, un mese fa, ad escludere la Democrazia cristiana di Pizza dalla competizione, sostenendo che il suo scudo crociato era troppo simile a quello dell’Udc. E questo nonostante diversi giudici amministrativi avessero stabilito il contrario. Dare una lettura maligna di questa scelta