Do the right thing (ovvero: la regola dei comunisti)
In certi casi vale la "regola dei nanetti" codificata da Giovanni Sartori. Con una piccola modifica. Scriveva Sartori: «Io mi affido alla "regola dei nanetti": una riforma elettorale che piace a loro è sicuramente cattiva per il Paese». Dove i "nanetti", ovviamente, sono «partitini, partitucci e cespugliotti» di destra, centro e sinistra. Ecco, mutatis mutandis, in casi come questo forse è meglio affidarsi alla "regola dei comunisti": se Fausto Bertinotti lo ritiene «una minaccia per la democrazia», se la feccia dei suoi elettori, comprensibilmente gasata dall'aver visto un'aula del Senato intestata a uno di loro, assalta i banchetti dei referendari in piazza San Giovanni e fa scomparire i moduli con le firme già compilati, convinta (a buona ragione) di restare impunita, ci sono altissime probabilità che questo referendum sia una cosa buona e giusta, e che valga la pena di metterci una firma. Cosa che da queste parti è stata fatta il primo giorno, accanto a Gianfranco Fini, ad Arturo Parisi e a un fottio di gente comune che vota nel modo più diverso. Brava gente, di quella che non andrebbe mai ad assalire il prossimo per il semplice fatto che la pensa diversamente.