Controlli antidroga nelle scuole. E anche in Parlamento
di Fausto Carioti
Bella idea, quella del ministro Livia Turco: portare i carabinieri dentro le scuole italiane, con tanto di cani antidroga al guinzaglio. Così bella che - senza alcuna ironia - viene voglia di estenderla: facciamolo anche nel Palazzo. Finora a caccia di droga in parlamento ci sono andate solo le Iene di Italia 1, e il risultato del loro test casereccio è che 16 onorevoli su 50 sono risultati reduci da uno spinello o da una sniffata di coca. Daniele Capezzone, che parla con cognizione di causa, dice che se entra un cane antidroga in Parlamento il naso della povera bestia va subito in tilt. Motivo in più per organizzare una carica dei 101 tra palazzo Madama, Montecitorio e palazzo Chigi. Se non altro per rispetto al principio, ormai demodé, che chi rappresenta il popolo debba essere il primo a dare il buon esempio.
È vero che portare i segugi dei Nas a sniffare negli zainetti degli adolescenti - e già che ci siamo anche negli armadietti di professori e bidelli, che promettono di essere non meno interessanti - fa molto posto di frontiera, tipo Tijuana («tequila, sexo y marijuana», dice la canzone). Così qualche anima bella, a sinistra, alza il sopracciglio e si rifiuta di assistere alla certificazione ufficiale dello sfascio della scuola italiana. Ad esempio Michele Serra, che su Repubblica si dice convinto che i carabinieri nelle scuole sarebbero «il segnale che l'autorità scolastica non è più in grado di riacciuffare per conto suo il bandolo della situazione». Ma è il solito vizietto del pensiero debole politicamente corretto, l'illusione che per esorcizzare i problemi basti non guardarli in faccia. Il «segnale» che l'autorità scolastica il «bandolo della situazione» lo ha già perso da un pezzo, e che non è in grado di «recuperare» alcunché, non è il cane antidroga. Quello, semmai, sarebbe parte della cura. Il «segnale» sono le notizie che arrivano quotidianamente dalle aule italiane.
Solo per stare agli ultimi giorni. Ieri gli esami condotti sul corpo del quindicenne di Cusano Milanino, morto in classe il 16 maggio dopo aver fumato uno spinello con alcuni compagni, hanno trovato tracce di cocaina nei suoi polmoni: probabilmente aveva fumato crack. A Rossano, in provincia di Cosenza, si è scoperto che i ragazzi di un istituto tecnico acquistavano hashish all'entrata di scuola e si fumavano indisturbati gli spinelli in classe, durante le lezioni. Particolare inquietante: la storia è venuta a galla non perché qualche insegnante si è svegliato, ma grazie al racconto di uno spacciatore arrestato. Per non smentirsi, il governo Prodi si è diviso pure su questo, tra chi è favorevole a sospendere gli autori della spinellata scolastica e chi, come il ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero, rifondarolo, sceglie la via perdonista. La settimana scorsa, intanto, un dodicenne era stato arrestato in una scuola media di Novara mentre stava per vendere hashish ai compagni durante l'intervallo. E, come noto, nel sangue dell'autista che guidava il pullman della scuola elementare del vercellese che si è ribaltato, uccidendo due bambini, sono state trovate tracce di droga e di alcool. Insomma, molte scuole italiane sono già adesso l'avamposto dei narcos de noantri.
La droga non è l'unico problema. A Ferrara, due ragazzi stranieri (si può scrivere «stranieri» o è razzista?) di 16 anni sono stati appena arrestati perché hanno violentato un compagno di scuola - disabile - nei bagni dell'istituto. Ovviamente hanno filmato la scena col telefonino, magari per metterla sul web, come previsto da un rituale già sperimentato a Torino, Padova, Frosinone e in altri posti. Fingere che in tutto questo la scuola non abbia le responsabilità principali, che la droga e il teppismo siano importati dall'esterno, come fa il ministro Giuseppe Fioroni, equivale a mettere la testa sotto la sabbia.
La fotografia della scuola italiana che emerge dalle pagine di cronaca, va da sé, è incompleta, se non altro perché quello che viene a galla è solo una parte del marcio. Dovrebbe comunque bastare a far capire che la situazione è fuori controllo, e che serve una scelta. Si può decidere che vendere, comprare e usare certe droghe, anche a scuola, è un peccato tutto sommato veniale, come sembra pensare parte della sinistra. Oppure si decide che la legge attuale va bene, e allora si fa di tutto per farla rispettare, iniziando dalle scuole, cioè dai posti in cui le famiglie affidano i loro figli allo Stato. Preso atto che le autorità scolastiche sono diventate una barzelletta, si affida il compito alle forze dell'ordine, rimaste una delle ultime istituzioni credibili. Avendo però la coerenza di fare gli stessi controlli antidroga anche nei palazzi della politica. Non si può pretendere dagli scolaretti della Seconda B quel comportamento che ministri e parlamentari non sono in grado di garantire.
© Libero. Pubblicato il 29 maggio 2007.
Update. Certe cose non fai in tempo a scriverle che già ne accadono di nuove.
Bella idea, quella del ministro Livia Turco: portare i carabinieri dentro le scuole italiane, con tanto di cani antidroga al guinzaglio. Così bella che - senza alcuna ironia - viene voglia di estenderla: facciamolo anche nel Palazzo. Finora a caccia di droga in parlamento ci sono andate solo le Iene di Italia 1, e il risultato del loro test casereccio è che 16 onorevoli su 50 sono risultati reduci da uno spinello o da una sniffata di coca. Daniele Capezzone, che parla con cognizione di causa, dice che se entra un cane antidroga in Parlamento il naso della povera bestia va subito in tilt. Motivo in più per organizzare una carica dei 101 tra palazzo Madama, Montecitorio e palazzo Chigi. Se non altro per rispetto al principio, ormai demodé, che chi rappresenta il popolo debba essere il primo a dare il buon esempio.
È vero che portare i segugi dei Nas a sniffare negli zainetti degli adolescenti - e già che ci siamo anche negli armadietti di professori e bidelli, che promettono di essere non meno interessanti - fa molto posto di frontiera, tipo Tijuana («tequila, sexo y marijuana», dice la canzone). Così qualche anima bella, a sinistra, alza il sopracciglio e si rifiuta di assistere alla certificazione ufficiale dello sfascio della scuola italiana. Ad esempio Michele Serra, che su Repubblica si dice convinto che i carabinieri nelle scuole sarebbero «il segnale che l'autorità scolastica non è più in grado di riacciuffare per conto suo il bandolo della situazione». Ma è il solito vizietto del pensiero debole politicamente corretto, l'illusione che per esorcizzare i problemi basti non guardarli in faccia. Il «segnale» che l'autorità scolastica il «bandolo della situazione» lo ha già perso da un pezzo, e che non è in grado di «recuperare» alcunché, non è il cane antidroga. Quello, semmai, sarebbe parte della cura. Il «segnale» sono le notizie che arrivano quotidianamente dalle aule italiane.
Solo per stare agli ultimi giorni. Ieri gli esami condotti sul corpo del quindicenne di Cusano Milanino, morto in classe il 16 maggio dopo aver fumato uno spinello con alcuni compagni, hanno trovato tracce di cocaina nei suoi polmoni: probabilmente aveva fumato crack. A Rossano, in provincia di Cosenza, si è scoperto che i ragazzi di un istituto tecnico acquistavano hashish all'entrata di scuola e si fumavano indisturbati gli spinelli in classe, durante le lezioni. Particolare inquietante: la storia è venuta a galla non perché qualche insegnante si è svegliato, ma grazie al racconto di uno spacciatore arrestato. Per non smentirsi, il governo Prodi si è diviso pure su questo, tra chi è favorevole a sospendere gli autori della spinellata scolastica e chi, come il ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero, rifondarolo, sceglie la via perdonista. La settimana scorsa, intanto, un dodicenne era stato arrestato in una scuola media di Novara mentre stava per vendere hashish ai compagni durante l'intervallo. E, come noto, nel sangue dell'autista che guidava il pullman della scuola elementare del vercellese che si è ribaltato, uccidendo due bambini, sono state trovate tracce di droga e di alcool. Insomma, molte scuole italiane sono già adesso l'avamposto dei narcos de noantri.
La droga non è l'unico problema. A Ferrara, due ragazzi stranieri (si può scrivere «stranieri» o è razzista?) di 16 anni sono stati appena arrestati perché hanno violentato un compagno di scuola - disabile - nei bagni dell'istituto. Ovviamente hanno filmato la scena col telefonino, magari per metterla sul web, come previsto da un rituale già sperimentato a Torino, Padova, Frosinone e in altri posti. Fingere che in tutto questo la scuola non abbia le responsabilità principali, che la droga e il teppismo siano importati dall'esterno, come fa il ministro Giuseppe Fioroni, equivale a mettere la testa sotto la sabbia.
La fotografia della scuola italiana che emerge dalle pagine di cronaca, va da sé, è incompleta, se non altro perché quello che viene a galla è solo una parte del marcio. Dovrebbe comunque bastare a far capire che la situazione è fuori controllo, e che serve una scelta. Si può decidere che vendere, comprare e usare certe droghe, anche a scuola, è un peccato tutto sommato veniale, come sembra pensare parte della sinistra. Oppure si decide che la legge attuale va bene, e allora si fa di tutto per farla rispettare, iniziando dalle scuole, cioè dai posti in cui le famiglie affidano i loro figli allo Stato. Preso atto che le autorità scolastiche sono diventate una barzelletta, si affida il compito alle forze dell'ordine, rimaste una delle ultime istituzioni credibili. Avendo però la coerenza di fare gli stessi controlli antidroga anche nei palazzi della politica. Non si può pretendere dagli scolaretti della Seconda B quel comportamento che ministri e parlamentari non sono in grado di garantire.
© Libero. Pubblicato il 29 maggio 2007.
Update. Certe cose non fai in tempo a scriverle che già ne accadono di nuove.