Caro Pizzetti, non c'è solo Sircana. Botta e risposta con il garante della Privacy

di Fausto Carioti

Egregio professor Francesco Pizzetti, presidente dell’Authority per la difesa della Privacy, le scrivo perché intendo approfittare del suo attuale momento di iperattivismo. Vorrei capire se, dopo essersi tanto agitato per difendere la privacy dei potenti dai giornalisti, intenda fare qualcosina anche per tutelare la privacy dei giornalisti dai potenti.

Come forse saprà, il sottoscritto è stato oggetto di una lunga e accurata rettoscopia informatica ad opera dei signori del Tiger Team, il gruppo di spioni messi a busta paga da Telecom Italia. Per sei mesi, dall’ottobre 2003 al marzo 2004, gli hacker remunerati con i soldi delle nostre bollette, interessati a capire cosa stessi scrivendo, hanno spiato i documenti che erano nel mio computer e controllato ogni attività svolta dal sottoscritto su Internet, compresi gli acquisti online e la mia normale corrispondenza di posta elettronica. Nel loro lavoro sono venuti a sapere numerosissimi particolari della mia vita privata: quali sono le mie amicizie e cosa ci scriviamo via mail, quali libri compro su Amazon, il numero della mia carta di credito e così via. Un cd rom contenente tutto il materiale copiato illegalmente dal mio computer è stato trovato le scorse settimane nella cassaforte dell’ufficio Telecom di Andrea Pompili, coordinatore del Tiger Team. Attenzioni similmente morbose sono state riservate dagli stessi individui anche a Davide Giacalone, collaboratore di Libero, e a Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera. Il racconto delle nostre vicende è stato pubblicato su tutti i principali giornali, ed è scontato che lei fosse al corrente di tutto.

Ovviamente, dei risvolti penali della vicenda se ne stanno occupando avvocati e magistrati. Però la violazione della nostra privacy per mano di personaggi al soldo della maggiore azienda di telecomunicazioni del Paese è materia sua, caro professore. Dopo la pubblicazione delle notizie sulle intrusioni informatiche ai nostri danni, la sua authority, forte dell’autonomia che le è stata data, avrebbe dovuto intraprendere un’azione in difesa della privacy dei giornalisti coinvolti e della categoria che rappresentano. Ad esempio, interpellando Telecom o facendo un’ispezione negli uffici del gruppo (cosa che è nei suoi poteri) per capire se quello che era apparso sui giornali era vero, e magari anche per controllare se, oltre ai nomi noti, erano state spiate altre persone, giornalisti o meno. Non le è venuta la curiosità di sapere se negli uffici Telecom ci fossero altri cd rom su cui è stata masterizzata la vita privata di qualche ignaro sventurato? A me sì. Se in queste sue indagini fosse incappato in qualche “notizia criminis”, sarebbe stato suo compito informarne i magistrati. Ma, al momento, non risulta che lei abbia adottato alcuna iniziativa nei confronti dell’azienda i cui uomini erano abituati a ficcanasare nella vita altrui. Il sito della sua authority non segnala l’apertura di alcun fascicolo recante l’intestazione “Tiger team”. Né lei ha chiesto a Telecom e agli altri gestori della telefonia di dare un giro di vite per garantire maggiore sicurezza a tutti. Non si ricorda nemmeno che abbia espresso dichiarazioni di semplice preoccupazione per le violazioni della privacy emerse grazie all’indagine dei magistrati milanesi.

Eppure, quando si è trattato di difendere la vita privata di Silvio Sircana, appena designato portavoce unico del governo Prodi, lei non ha perso un minuto. Prima ha esternato indignato: «Trovo inaccettabile che si metta a rischio l’immagine e la dignità stessa delle persone accostandole a fatti e vicende che dimostrano soltanto l’intenzione di perpetrare a loro danno ricatti e comportamenti criminosi». Cribbio, che partecipazione emotiva sa sfoderare in certe occasioni. Quindi, in tempi rapidissimi, ha varato un provvedimento per bloccare la diffusione sui giornali di «condotte private che non hanno interesse pubblico», prevedendo da tre mesi a due anni di carcere per chi trasgredisce. Lo ha fatto per impedire la pubblicazione delle fotografie che ritraevano Sircana intento a discutere con un viado. Anche se poi il risultato è stato inversamente proporzionale all’impegno. Gli stessi giornali vicini al governo l’hanno criticata. Il quotidiano La Stampa, piemontese come lei, l’ha definita «un garante da buttare». Alla fine Sircana, pur di levarsi di dosso una simile norma, spudoratamente ad personam, ha invitato gli organi d’informazione a fregarsene del suo provvedimento e pubblicare quelle foto che lei voleva tenere nascoste (lo abbiamo accontentato subito).

Insomma, professor Pizzetti, vorremmo capire se lei, oltre a scattare sull’attenti quando si tratta di difendere gli amici di Prodi dalle conseguenze delle loro piccole bischerate, è interessato a tutelare anche la privacy di noi comuni mortali, colpevoli solo di aver provato a fare il nostro mestiere. Ce lo fa sapere? Grazie.

© Libero. Pubblicato il 24 marzo 2007.

Gli interessati possono trovare qui la risposta di Pizzetti e la mia controreplica (la freccettina verde in basso sulla pagina che vi si aprirà serve a passare alla pagina successiva. Lo scrivo perché l'interfaccia della rassegna stampa della Camera è tutt'altro che intuitivo).

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