La domandina
Adesso la domanda è: cosa racconterà il governo Prodi quando i talebani, che intanto festeggiano i risultati del ricatto all'Italia, inizieranno a sparare sul serio sui nostri soldati in Afghanistan? Come spiegherà a quelli che finiranno nel mirino dei jihadisti, e alle loro famiglie, che tra quelli che sparano ci sono Ustad Muhammad Yasir, che già promette di «riprendere il Jihad per cacciare gli invasori e combattere gli apostati», e gli altri quattro tagliagole fatti ufficialmente liberare dal governo afghano su richiesta insistente di Romano Prodi e Massimo D'Alema? Come giustificherà che alcune vite sono state ritenute meno preziose di altre? Il povero ministro Arturo Parisi, che già sprofonda nell'imbarazzo, cosa si inventerà quel giorno?
Quanto al ministro degli Esteri italiano, che dice «non credo che le truppe italiane siano in una buona situazione. Stiamo andando ad affrontare momenti difficili», non c'è motivo di dubitare della sua sincerità - anche perché non fa che riconoscere ciò che tutti sanno da settimane. Ma rende ancora più imbarazzante il fatto che D'Alema non abbia il coraggio politico di prenderne atto ufficialmente e presentare in Parlamento una proposta di rifinanziamento della missione militare italiana in Afghanistan che doti i nostri militari (al momento, per precisa scelta politica, gli unici della coalizione senza artiglieria pesante e velivoli da combattimento) delle armi e delle regole d'ingaggio adeguate a questi «momenti difficili». Dire che il peggio è in arrivo e non fare nulla per fermarlo, se non sperare che chi ti deve sparare addosso si commuova dinanzi alla tua richiesta di farlo sedere a una conferenza internazionale di pace, significa usare le vite dei nostri soldati per puntellare il traballante governo Prodi, soggetto al ricatto filo-talebano dei tanti pacifisti e anti-americani dell'Unione.
Post scriptum. A proposito. Qui Gino Strada ci spiega da par suo che il problema dell'Afghanistan non sono i talebani che rapiscono gli occidentali e sgozzano i poveracci, ma il governo di Hamid Karzai. Quello che ha lasciato le donne afghane libere di tornare a scuola e di avere il diritto di voto. Quando si dice il progressismo.
Post scriptum 2. Di tutto questo e di molto altro si parla su L'Occidentale, il nuovissimo quotidiano online della Fondazione Magna Carta, diretto dal bravissimo Giancarlo Loquenzi. Da mettere tra i link permanenti.
Quanto al ministro degli Esteri italiano, che dice «non credo che le truppe italiane siano in una buona situazione. Stiamo andando ad affrontare momenti difficili», non c'è motivo di dubitare della sua sincerità - anche perché non fa che riconoscere ciò che tutti sanno da settimane. Ma rende ancora più imbarazzante il fatto che D'Alema non abbia il coraggio politico di prenderne atto ufficialmente e presentare in Parlamento una proposta di rifinanziamento della missione militare italiana in Afghanistan che doti i nostri militari (al momento, per precisa scelta politica, gli unici della coalizione senza artiglieria pesante e velivoli da combattimento) delle armi e delle regole d'ingaggio adeguate a questi «momenti difficili». Dire che il peggio è in arrivo e non fare nulla per fermarlo, se non sperare che chi ti deve sparare addosso si commuova dinanzi alla tua richiesta di farlo sedere a una conferenza internazionale di pace, significa usare le vite dei nostri soldati per puntellare il traballante governo Prodi, soggetto al ricatto filo-talebano dei tanti pacifisti e anti-americani dell'Unione.
Post scriptum. A proposito. Qui Gino Strada ci spiega da par suo che il problema dell'Afghanistan non sono i talebani che rapiscono gli occidentali e sgozzano i poveracci, ma il governo di Hamid Karzai. Quello che ha lasciato le donne afghane libere di tornare a scuola e di avere il diritto di voto. Quando si dice il progressismo.
Post scriptum 2. Di tutto questo e di molto altro si parla su L'Occidentale, il nuovissimo quotidiano online della Fondazione Magna Carta, diretto dal bravissimo Giancarlo Loquenzi. Da mettere tra i link permanenti.