Quando Repubblica titolava: "Non si tratta con i terroristi"

Oggi, 20 marzo 2007. Il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, ringrazia Romano Prodi e Massimo D'Alema «per aver voluto e saputo premere su Karzai, il presidente dell'Afghanistan, perché nella sua autonomia rispondesse alle richieste che a lui rivolgevano i rapitori taliban».

Ventinove anni fa. L'Italia è spaccata in due fazioni. Repubblica è capofila del partito della fermezza: nessun accordo con i terroristi che tengono prigioniero Aldo Moro. Costi quel che costi. Perché «non c'è terza via: c'è la via della trattativa pura e semplice tra il governo e i terroristi. La pretesa terza via è una menzogna con la quale si cerca di nascondere il negoziato». La linea la illustrava questo editoriale - tranchant sin dal titolo - apparso sul quotidiano di Eugenio Scalfari mercoledì 3 maggio 1978. Editoriale non firmato, e come tale attribuibile al fondatore-direttore di Repubblica.
NON SI TRATTA CON I TERRORISTI

Qualcuno, con una rozzezza morale e politica sulla quale non c'è bisogno di spender parole, cerca di riversare su coloro che difendono una linea di fermezza di fronte ai terroristi, la responsabilità dei loro assassinii. Sarebbe come dire che è colpa degli aggrediti il delitto perpetrato dagli aggressori. Vale la pena di polemizzare con chi stravolge la realtà fino a questo punto?

L'ultima serie di lettere di Aldo Moro, arrivate tutte insieme nel pomeriggio di sabato scorso ad un unico recapito, ha fatto comunque giustizia di quella sbandierata "terza via" che il segretario del Psi Bettino Craxi, va da qualche giorno perseguendo.

Come avevamo capito fin dall'inizio e come Moro stesso conferma, non c'è terza via: c'è la via della trattativa pura e semplice tra il governo e i terroristi. La pretesa terza via è una menzogna con la quale si cerca di nascondere il negoziato. Infatti, le iniziative unilaterali proposte da Craxi non sono altro che la grazia o la libertà provvisoria per alcuni detenuti e una riforma del regime carcerario, tutte cose che le Br hanno chiesto direttamente o attraverso le lettere di Moro o per gli interposti uffici del loro “avvocato”.

Resta il problema angoscioso d'un uomo che grida disperatamente dal pozzo della sua prigione. Quelle grida - comunque finisca questa vicenda - nessuno di noi potrà scordarle mai più.

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