Il solito 8 marzo ipocrita
Solito 8 marzo, ipocrita e retorico. Stavolta ancora più penoso degli altri anni, visto che è stato usato come ennesima scusa per tenere chiuso quel Senato che crea tanti problemi al governo di sinistra. E dire che se si volesse trasformare la cosiddetta festa della donna in una vera battaglia per i diritti civili femminili il modo ci sarebbe: basterebbe andare davanti alle ambasciate dei Paesi in cui le donne sono trattate come bestie (nell’80% dei Paesi islamici funziona così, e purtroppo non solo questi) e chiedere conto della lapidazioni, delle mutilazioni genitali femminili, del fatto che le donne non possono andare a scuola o sedersi al volante di un'automobile o mostrare il volto in pubblico. Si potrebbe anche - per dire - manifestare dinanzi a certe moschee dove gli imam predicano che «le donne senza velo provocano gli stupratori».
Dal rapporto 2006 di Amnesty Internazional, voce "Diritti delle donne".
Invece, anche oggi, nei convegni ufficiali, tutti patrocinati da qualche più o meno alta istituzione, si è continuato allegramente a far finta che il problema delle donne sia qui in Occidente, e non in quegli Stati in cui l'8 marzo le donne non sanno nemmeno che si festeggi qualcosa. Ma i paladini dei diritti civili quello che accade alla donne nei Paesi islamici si rifiutano di vederlo, perché collide con il loro relativismo etico e culturale: le uniche ambasciate davanti alle quali manifestano sono quelle di Stati Uniti e Israele, e l'unica religione che li preoccupa è quella cattolica. Quanto alle femministe italiane, la loro grande battaglia oggi sembrano essere le quote rosa, decisamente più importanti della clitoridectomia, delle lapidazioni e del divieto di farsi un'istruzione. Ennesimo esempio di solidarietà femminista.
Dal rapporto 2006 di Amnesty Internazional, voce "Diritti delle donne".
Arabia Saudita: «Le donne hanno continuato a subire discriminazioni di fronte alla legge e nelle consuetudini e non hanno ricevuto adeguata protezione contro la violenza domestica e familiare».L'elenco sarebbe lunghissimo, e quello che riporta Amnesty International è solo la versione edulcorata della verità. Che nei Paesi a maggioranza islamica le cose funzionino così non deve poi stupire. Corano alla mano, «l’uomo ha autorità sulle donne perché Dio ha fatto l’uno superiore all’altra» (4:34). Lo stesso Corano stabilisce che la testimonianza di una donna vale metà di quella di un uomo, così come mezza è la parte di eredità che le spetta rispetto al figlio maschio. Il libro sacro degli islamici stabilisce anche il diritto alla poligamia maschile e la possibilità per gli uomini di fare sesso con le schiave. E fu il profeta a stabilire il principio per cui non esiste stupro senza la testimonianza diretta di quattro uomini.
Emirati Arabi Uniti: «Le donne hanno continuato a essere oggetto di discriminazione secondo le leggi degli EAU, anche rispetto alla legge sulla nazionalità. Tale legge prevede che le donne, a differenza degli uomini, non possano trasmettere la loro nazionalità degli EAU ai loro figli se i loro coniugi sono stranieri. I loro figli, di conseguenza, subiscono gravi limitazioni nei diritti di residenza, impiego e istruzione. Essi vengono considerati migranti per ragioni di lavoro ed è loro richiesto di pagare tasse più elevate per l’istruzione di livello superiore».
Nigeria: «Donne sono state stuprate e fatte oggetto di altre forme di violenza sessuale sia da parte di agenti governativi sia del loro partner, datore di lavoro ed altri. In alcune comunità, sono ancora in uso la pratica delle mutilazioni genitali femminili e i matrimoni forzati. Il numero di donne uccise, ferite, stuprate e picchiate dal partner continua a essere elevato. Nonostante la mancanza di statistiche ufficiali, nello Stato di Lagos, ad esempio, si ritiene che quasi due terzi delle donne di determinati gruppi siano vittime di violenza domestica. Le leggi e pratiche discriminatorie, la scarsa considerazione presso la polizia, un sistema giudiziario inaccessibile e la mancanza di case protette per le vittime hanno contribuito a far sì che la violenza sulle donne sia generalmente tollerata e sottostimata».
Pakistan: «Sono continuati i “delitti d'onore” e le mutilazioni ai danni di ragazze e donne e, in misura minore, di ragazzi e uomini. Raramente vi sono state sentenze di condanna per i responsabili di “delitti d’onore”. Modifiche legislative introdotte alla fine del 2004 non sono riuscite a limitare la facoltà degli eredi delle vittime di perdonare gli autori dei “delitti d’onore” e di permettere in tal modo ai responsabili di sottrarsi alla condanna».
Invece, anche oggi, nei convegni ufficiali, tutti patrocinati da qualche più o meno alta istituzione, si è continuato allegramente a far finta che il problema delle donne sia qui in Occidente, e non in quegli Stati in cui l'8 marzo le donne non sanno nemmeno che si festeggi qualcosa. Ma i paladini dei diritti civili quello che accade alla donne nei Paesi islamici si rifiutano di vederlo, perché collide con il loro relativismo etico e culturale: le uniche ambasciate davanti alle quali manifestano sono quelle di Stati Uniti e Israele, e l'unica religione che li preoccupa è quella cattolica. Quanto alle femministe italiane, la loro grande battaglia oggi sembrano essere le quote rosa, decisamente più importanti della clitoridectomia, delle lapidazioni e del divieto di farsi un'istruzione. Ennesimo esempio di solidarietà femminista.